SAVA. Storia di veleni elettorali, di un giornale, di galoppini e di chi si presta a uno squallido gioco che turba la competizione elettorale
Una riflessione. Possibilmente profonda …
Era da oltre 10 giorni che qualcuno dall’entourage della coalizione che vede Dario IAIA candidato sindaco lasciava in giro questo messaggio: “Tra poco vedrete su di un giornale notizie clamorose che riguardano l’attentato subìto dal sindaco nell’aprile del 2013”. Affermazione sibillina che non lasciava dubbi ma solo l’ansia di vedere, su carta stampata, ciò che veniva detto.
Ed ecco la classica “bomba”. Domenica 9 aprile pronto il titolone “Il racket delle sepolture dietro l’attentato al sindaco di Sava”. Articolo degno di molte contraddizioni, sulle date e sulle circostanze. Molto probabilmente, non me ne voglia l’articolista, scritto a quattro mani. Diversi passaggi non rispecchiano un modo di scrivere. Ma lasciamoci questi dubbi e andiamo a ben altre cose. Gravi, molto più gravi.
La prima è: come faceva a sapere questo signore che stava per uscire un articolo che parlava sugli sviluppi dell’attentato al sindaco dieci giorni prima della sua pubblicazione e addirittura dicendo che l’uscita dell’articolo era la domenica prima di Pasqua? Chi glielo ha detto? Lasciamo il rebus, non tanto poi, all’intelligenza del lettore. Proseguiamo.
Può un giornale, in genere, far sapere se un articolo così delicato è degno di anticipazione nella Piazza? Non credo. Al di là degli strascichi giudiziari, scontati questi, che molto probabilmente vedranno davanti al giudice diverse persone che da un titolone “Il racket delle sepolture dietro l’attentato al sindaco di Sava” dipinge indegnamente Sava come la Chicago di Al Capone dell’America anni ’30 ma c’è ben altro. Su tutto la correttezza di un giornale e la sua riservatezza.
E qui, francamente, non è stata rispettata e questo dovrebbe far riflettere chi ha permesso la pubblicazione permettendo l’anticipazione dieci giorni prima della sua pubblicazione della notizia. Ma non siamo nati oggi ed abbiamo i capelli bianchi. Questa è stata una squallida giornata fatta vivere agli indagati come già condannati. E su questo, oltre che su altro, dovrebbe far riflettere l’articolista e su tutto il suo direttore responsabile.
Indagato non vuol dire condannato. Indagato vuol dire che ci sono delle indagini sul conto di una persona e, guarda caso, le indagini non sono affatto chiuse. Quindi vuol dire che è tutto da decidere. Come può essere decisa nel proseguo delle indagini anche l’archiviazione, oltre s’intende anche il rinvio a giudizio. Ma non la condanna. Quella la dà il giudice in un procedimento e non coloro che usano l’inchiostro per infangare le persone che ancora sono indagate in cui c’è anche la possibilità che tutto il castelletto delle accuse cada. Se è per questo possiamo dire che anche il primo cittadino savese è indagato oltre alla proposta di rinvio a giudizio. Ma non è stato condannato. Quindi, usiamo le parole giuste.
Quanto al sindaco IAIA se ha coraggio mi chiami. Gli dico il nome del suo sostenitore. O l’unico coraggio che ha avuto in questi giorni è stato di mettere un uccello della pace per la rappacificazione tra me e lui? Il buon Sciascia parlava di uomini, ominicchi e quaquaraquà.
In questa vicenda sono stati esclusi i primi due. Che spettacolo indegno per Sava. La nostra Sava. In un clima elettorale che avrebbe dovuto portare ad una dialettica, seppur serrata, in cui le componenti politiche avrebbero dovuto parlare di programmi per il nostro paese.
E nel rispetto totale degli avversari e non nella loro denigrazione. Non era mai successo tutto questo nel nostro paese.
Mai. Riflettete …
Giovanni Caforio