SAVA. Contrada Cicella. Come chiudere una buca e dieci no. Per poi buttare il resto dell’asfalto sul ciglio della strada

SAVA. Contrada Cicella. Come chiudere una buca e dieci no. Per poi buttare il resto dell’asfalto sul ciglio della strada

Ma in questo paese ormai è un rituale: i lavori pubblici non vengono controllati

Non ci stancheremo, sicuramente, di martellare una amministrazione votata all’effimero. Alla propaganda. All’esaltazione di pochissime cose fatte e decantate all’inverosimile. Ma questo “gioco” sta finendo.

Ma sono i fatti quelli che parlano. Lo scempio stradale urbano è sotto gli occhi di tutti. E ogni giorno metteremo in risalto il disastro. Ogni santo giorno. E non parliamo delle buche urbane chiuse e divelte alla prima pioggia!

Ma oltre il disastro stradale urbano, per ora, parliamo delle strade rurali e nel caso in specie delle ultime riparazioni. Via per Francavilla, contrada Cicella: stiamo sulla strada inter provinciale che porta da Sava a Francavilla Fontana (Br) ed esattamente dove c’è una lapide che porta il ricordo di don Salvatore Caforio, curato delle anime savesi morto mezzo secolo fa, e qui c’è un imponente cipresso alto oltre dieci metri.

Riparazione di alcune buche, ma proprio di alcune, discutibilissimo il modo dell’esecuzione. Sul ciglio stradale diversi cumuli di asfalto nuovo messo a dimora.

Asfalto lasciato lì. Molto probabilmente era ancora buono per il suo uso e magari qualche operatore scriteriato ha pensato di ridurre la “fatica” a vantaggio del tempo.

E allora se questi lavori stradali, dicasi pubblici, non vengono controllati da chi amministra un paese, chi li deve controllare?

Un giornale? Un ambientalista?

O un sindaco, o un assessore, o un dirigente comunale, che sono pagati per questo?  

Giovanni Caforio

viv@voce

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