Grottaglie. SANITÀ IN PUGLIA: “OSPEDALI CHIUSI O ALLO STREMO”. QUESTO È IL CANE CHE SI MORDE LA CODA

Grottaglie. SANITÀ IN PUGLIA: “OSPEDALI CHIUSI O ALLO STREMO”. QUESTO   È IL CANE CHE SI MORDE LA CODA

Nota stampa dell’Associazione Utòpia

La deliberazione della Giunta Regionale 23 gennaio 2018 n.53 ha approvato il Riordino Ospedaliero della Regione Puglia ai sensi del D.M. n. 70/2015 e delle leggi di stabilità 2016-2017, modifica e integrazione del R.R. n.7/2017.

Ci risulta veramente incomprensibile come mai la delibera premette che: “ il nuovo patto per la salute, in accordo Stato-Regione, definisca la direzione per il potenziamento dell’intero sistema di governance sanitario sottolineando la necessità di produrre strumenti forti e necessari per assicurare la sostenibilità del Servizio Sanitario Nazionale per garantire l’equità e l’universalità del sistema, nonché i Livelli Essenziali  di Assistenza (LEA) in modo appropriato ed uniforme.

Dovranno essere rivisti inoltre, gli assetti organizzativi dei servizi sanitari  regionali, individuando le dimensioni ottimali delle aziende al fine di migliorarne la qualità  e l’efficienza nella gestione dei servizi stessi, in un’ottica di complessiva razionalizzazione e riduzione dei costi, e in funzione del grado di centralizzazione delle attività di amministrazione generale”.

Nella nota del Comitato Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) del 13/5/2016 il Ministero della Salute riferisce: “di intesa in Conferenza Stato-Regione, nell’ambito del patto della salute si definiscono gli standard a cui le regioni si devono attenere per definire le dotazioni organizzative e strumentali delle reti ospedaliere, correlate ai bisogni della popolazione.

A fronte di quanto sinora esposto ci chiediamo: “Quale criterio è stato adottato dalla Regione Puglia in virtù di un Riordino Sanitario Equo?”.

Ogni giorno in Italia si scoprono 1000 nuovi casi di cancro, sono queste le cifre presentate dall’Associazione Italiana Registri Tumori (AIRTUM).

Riguardo a questo grave problema proviamo  ora a  focalizzare l’obbiettivo in Puglia, ci viene dimostrato che la diffusione dei casi di tumori nella nostra Regione è in aumento, raggiunge cioè quasi 22mila casi in un anno, viene a questo punto naturale pensare che i posti letto negli ospedali dovrebbero raddoppiare e che le dotazioni organizzative e strumentali delle reti ospedaliere, dovrebbero correlarsi ai bisogni della popolazione in virtù anche dei dati regionali che registrano i maggiori picchi in aumento di casi di tumore proprio a Taranto dove si rileva anche un eccesso del 30% di tumori infantili, rispetto alla media nazionale.

I casi in continuo aumento di ammalati registrano un incremento notevole di persone che  accedono agli ospedali e quindi un aumento di richiesta di ricoveri, ci chiediamo: “Vista  l’estrema carenza dell’offerta sanitaria nella provincia di Taranto come può un malato di cancro o di altro, riuscire a curarsi senza pensare di doversi spostare allontanandosi dalla propria città?”   

Il primo approdo, inevitabilmente, riguarda le strutture sanitarie baresi, dove l’efficienza sanitaria è garantita, in secondo acchito la scelta ricade fuori regione.

Quindi se la chiusura dei reparti e degli ospedali è determinata dalla percentuale dei ricoveri annui, continuiamo a chiederci: “Quando mai potremmo avere contezza dei potenziali ammalati che invece sarebbero disposti a usufruire della sanità tarantina, se solo funzionasse?”.

È un cane che si morde la coda, oppure c’è chi spinge i propri interessi alle proprie strutture sanitarie, perché qui vogliamo anche considerare tutto il potenziale economico che ruota intorno alla sanità,  viste le considerevoli spese di cui si fa carico ogni ammalato che decide di curarsi altrove e che va ad arricchire talune province  o regioni.

La conferma di quanto detto sopra è  l’annunciato fallimento del Piano di Riordino Ospedaliero messo in atto dal Presidente della Regione, un piano inefficace e antieconomico non rispettoso delle esigenze dei territori e che ha teso più che a unire, a disgregare il tessuto sociale regionale già fortemente in crisi.

 

 

viv@voce

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