Erasmus+: la testimonianza di Audrey

Erasmus+: la testimonianza di Audrey

L’artista e militante di Arcigay Strambopoli e di Hermes Academy ha partecipato alla formazione internazionale in Slovacchia

L’Hermes Academy e Strambopoli – Presidio Arcigay nella provincia di Taranto proseguono l’attività di formazione internazionale, con il supporto finanziario del programma Erasmus+ e grazie ai contributi liberali di alcuni/e/* soci/ie/* e simpatizzanti, FLC CGIL, Sud Est Donne e CAV Rompiamo il Silenzio di Martina Franca (TA).

A seguire, la testimonianza di Adriano Campanile, in arte Audrey, militante di Arcigay Strambopoli e di Hermes Academy, appena tornato da Nitra, nella Repubblica Slovacca, dove è stato protagonista, insieme con altri/e/* 26 delegati di 10 paesi (Albania, Cipro, Francia, Grecia, Italia, Lettonia, Lituania, Macedonia, Serbia, Repubblica Slovacca), di Colors of Diversity.

«Nella settimana tra il 27 Aprile ed il 3 Maggio ho partecipato al training Colors of Diversity, organizzato da SIEDAS in Slovacchia, che potrebbe essere definito come illuminante sotto alcuni aspetti, sicuramente istruttivo e gratificante.

Durante l’incontro non formale, abbiamo avuto l’occasione di imparare o ricordare alcune sfaccettature riguardo vari aspetti della comunicazione, che potrebbero cadere in disuso nel corso delle proprie quotidianità. E credo sia proprio qui la forza di eventi come questo: la possibilità non soltanto di poter apprendere, ma anche di mettere in pratica il tutto, mettendosi a confronto con gli altri, parlando/comunicando.

L’approccio dev’essere positivo, altrimenti non funziona. Anche il gioco è stato molto importante, senz’altro divertente, ma più che altro utile a capire come il lavoro di squadra può essere vincente in situazioni in cui c’è un obiettivo da raggiungere, anche lì dove la ricompensa non è di forma materiale ma cognitiva. Alla fine di ogni sessione di gioco,  infatti, una considerazione sul proprio compito e quello degli altri è spesso d’obbligo e del tutto naturale.

 

Individui scelti in/tra differenti regioni ed aree culturali (Albania, Cipro, Francia, Grecia, Italia, Lettonia, Lituania, Macedonia, Serbia e Slovacchia), persone di religioni differenti (cattolici, atei, pagani, ortodossi e mussulmani) si sono confrontati in ambiti già esplorati da guerre e conflitti, eppur capaci di cooperare verso un obiettivo comune: la tolleranza.

Se fossimo stati una nazione nascente saremmo stati in grado di ricreare un luogo idilliaco, paradiso della cultura e della tolleranza, capaci di accogliere con un sorriso immigrati, concetti religiosi e politici, avremmo cooperato. Di sicuro mantenere l’ordine di regime sarebbe stato complesso in un contesto reale ed a lungo termine, senza la dovuta preparazione, e saremmo collassati (dopotutto la storia ci insegna anche questo), eppure questa capacità e voglia di migliorare se stessi e gli altri mi ha sorpreso, dandomi fiducia e speranza per un futuro migliore.

Il formatore Luca Frongia ha saputo non mediare ma prevenire la mediazione, tramite domande a trabocchetto e riflessioni accurate, non colpevolizzando ma istigando la mente alla riflessione. C’è un non so che di squisito in questo processo di elaborazione che ha permesso ai più di riflettere prima di agire.

Cosa ho imparato? Strizzando l’occhio a Giorgio Gaber, anticonformista e modernissimo autore e drammaturgo italiano, potrei dire che semplicemente ho imparato che “si può”; ma, al contrario del Signor G, a me cosa di preciso si può fare ancora non è chiaro. Di sicuro ho imparato che è possibile muoversi in questa società alla deriva tramite la tolleranza e la comunicazione; ciò che non si capisce può essere comunque accettato se non viola il diritto umano, ciò che non si vede può essere raggiunto e guardato da vicino, tutto si può fare, l’importante è volerlo fare e saper cooperare.

La forza del genere umano è questa: saper plasmare l’ambiente intorno a sé, per renderlo ideale e mantenerlo tale, tramite il linguaggio con gli altri esseri viventi. Lo abbiamo dimenticato o non vogliamo farlo? La risposta è semplice, ma dopotutto non sono neanche qui per lasciare quesiti; l’intento mio di oggi è di invitare più persone possibili all’approccio non formale, sperimentare nuove realtà di dialogo e soprattutto ascoltare chiunque abbia qualcosa da dire.

Impropriamente si attribuisce a Voltaire l’espressione “I don’t agree with what you have to say, but I’ll defend to the death your right to say it” (in verità scritta dalla scrittrice Evelyn Beatrice Hall) e mai nulla è stato cosi reale. Avere idee e culture differenti è giusto, l’errore è non saperle riconoscere e/o rispettare.»

Il progetto internazionale arriva dopo l’arricchente sorpresa di GoDeep (Grottaglie, ottobre 2016), la straordinaria esperienza di Gay and Happy (Rosario in Argentina e Porto Alegre in Brasile, aprile 2017), il profondo lavoro su se stessi/e/* dentro e fuori dal gruppo di lavoro de The Bearable Lightness of Being a Youth Worker (Apšuciems in Lettonia, gennaio 2018), la Youth Exchange di Eye Opener per i minorenni Aneis Maggio e Flavio Ferrari accompagnati da Paolo Verdolino (De Glinde nei Paesi Bassi, febbraio 2018), la prima avventurosa fase di A Kind of Magic (Olomouc in Repubblica Ceca, febbraio 2018), la North-South Partnership Building Activity Making the Difference (Altafjord in Norvegia, febbraio/marzo 2018), il workshop Face It per Ylenia Taranto (Budapest in Ungheria, marzo 2018), lo studio delle NGO Resources – Human, Personal, Financial (Kandersteg in Svizzera, marzo 2018), la prima intensiva fase di Inclusion in ACTion (full immersion nel Social Theatre ad Hollókö in Ungheria tra marzo e aprile 2018), lo scambio di buone prassi in Georgia con Plus1Aid – Welcome Refugees (Kobuleti, aprile 2018), la formazione a Roma contro la xenofobia Civil Courage against Discrimination – CCaD (per Federico Marzo, responsabile Gruppo Giovani di Arcigay Strambopoli, aprile 2018), il training per facilitatori e facilitatrici Face 2.0 (Beja in Portogallo, aprile 2018).

viv@voce

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