Grottaglie. “LA TALASSEMIA E’ SOLO UN DETTAGLIO SULLA GRANDEZZA DI QUESTO UOMO”

Grottaglie. “LA TALASSEMIA E’ SOLO UN DETTAGLIO SULLA GRANDEZZA DI QUESTO UOMO”

Incontro con Ciro De Lorenzo

La stima reciproca, nata sui social, ci ha portato ad incontrare di persona il 45enne che, in un corpo segnato, racchiude un mondo immenso e raro.

Come attualmente avviene sempre più spesso, la conoscenza con Ciro De Lorenzo, grottagliese classe ’73, è dapprima avvenuta tramite il social “Facebook”. Notato e rispettato per i suoi scritti e per il suo garbo, Ciro si rivela,di persona, un uomo estremamente forte, consapevole e di grande cultura.

Psicologo ed ex docente universitario, Ciro ci apre il suo mondo fatto di arte, di viaggi, di esperienze e di ricercati momenti di isolamento. Arriva in orario al nostro appuntamento, coi segni di un calvario che dura da due anni ma che ha radici negli anni ’70, quando a Ciro, bambino di circa due anni, viene diagnosticata la talassemia, una malattia degenerativa delle cartilagini e delle ossa che, ancora oggi, costringe l’uomo a ginnastica, a fisioterapia, a controlli (molti a pagamento) e a mensili trasfusioni di sangue.

Ma questo è solo un piccolo dettaglio, perché tutto ciò non ha mai intaccato più di tanto la sua anima e la sua vita. Diplomato al liceo classico e laureato prima in Scienze dell’educazione (con 110 e lode), poi in Psicologia del lavoro ad Urbino, Ciro ha conseguito diversi Master , ha scritto “La città con il muro sul mare”, autobiografia in chiave fantasy mai pubblicata ma apprezzata da chi ha avuto la possibilità di leggerla, ed è stato per 7 anni Segretario dell’Associazione talassemici di Taranto e, per 4 anni, Presidente della stessa. Inoltre,tra i vari lavori svolti, è stato assistente universitario  e supplente al liceo classico “Raffaello” di Urbino.

Ciro inizia a raccontarci un pò di sé, iniziando da una annata che sicuramente non dimenticherà mai: il 2003, quando, in piena estate, viene improvvisamente colpito da una setticemia che lo manda in coma per un mese.

“Se fosse possibile e senza rischi, l’esperienza del coma dovrebbe essere vissuta da tutti. E’ uno stato di benessere dove, è vero, c’è quella famosa porta bianca, luminosa, e mai raggiungibile dal corridoio che ci separa da essa. Un mondo di fiaba, dove vedevo le persone a me care vestite di cristallo; e poi sì, ne potevo ascoltare le voci. Non quelle esterne al mio corpo, ma quelle impresse nella mia testa”.

L’importanza del cervello per Ciro.

“Bisogna sempre tenerlo occupato, allenato, attivo, seppur con cose che possono sembrare sciocche. Tipo, vedi lì quei pumi di ceramica sui balconi? Ecco, sarebbero carini se fossero traforati e potessero emanare luce sulla strada buia. Io ho vissuto pienamente i miei anni, e cerco di riempiere sempre la mia giornata con la lettura, con la musica, con la visione di film o con ore puramente dedicate allo svago con il computer o la play station o, infine, coi miei viaggi in auto da solo, accompagnato semplicemente dalla mia libertà e dalla, purtroppo, immancabile sigaretta”.

Con Ciro si può parlare di tutto, data la sua immensa cultura (suona anche il pianoforte e la chitarra) e più lo si ascolta, più ci si rende conto di quanto, un uomo come lui, potrebbe insegnare agli altri.

Sprezzante dei piagnistei, della banalità, dell’ipocrisia e dell’ignoranza che nulla a che vedere con l’aver effettuato, o meno, gli studi, Ciro è un uomo “in bianco e nero”, che ama la notte ed il mare. Non ha mezze misure e si definisce complicato ed impegnativo; un credente mai più praticante, un uomo così consapevole che ha preferito non crearsi una famiglia  perché “ai figli si deve poter dare più del massimo possibile, ed io non potrei per tante ragioni”. Vicino per ben due volte al matrimonio, Ciro si è tirato indietro con coscienza e maturità ma, ci riferisce, se avesse avuto in giovane età dei figli, li avrebbe sicuramente chiamati come i suoi genitori: Giovanni ed Enrica.

La figura dei genitori nella vita di Ciro

“Il frutto non cade mai lontano dall’albero” e Giovanni ed Enrica devono solo essere fieri di aver cresciuto un figlio educato, rispettoso, intelligente sopra la norma, ma soprattutto indipendente. Sono stati senz’altro genitori in grado di non farlo sentire mai differente dagli altri. Tutto può, Ciro, e tutto fa. Vive la sua vita al massimo, senza rimpianti, senza pigrizia ma sempre con la sete di sapere, di conoscere … altrimenti sta bene anche da solo, occupato nella sua camera dall’atmosfera soffusa e rilassante, dove ogni giorno dedica 5 minuti a se stesso per fare anche il resoconto della giornata.  E chissà quante volte sarà stato a pensare a quegli odori che porta ancora nel naso e nel cuore: quello della camera della rianimazione e quello della sigaretta dell’amata nonna materna, vissuta in casa sua fino all’età di 94 anni.

“Mi avrebbe fatto piacere conoscere Madre Teresa di Calcutta, esempio di amore puro riversato sugli ultimi, o Gandhi e mi farebbe piacere visitare il Tibet o, proprio per opposto, Miami”.

“Grottaglie è la mia città, pur se, con grande rammarico, non ne conosco tanto il dialetto. Essa dovrebbe essere una città aperta per tutti, senza barriere architettoniche e con eventi che portino davvero aggregazione e cultura. Per esempio: se andassimo al ristorante e passasse tra i tavoli una sorta di menestrello che recita versi de “La Divina Commedia”, non sarebbe bello?”.

Ciro ha tante idee ma spesso preferisce tenersele dentro.

“Il mondo è cambiato. Sono cambiati gli uomini e sono cambiate le donne, i quali pare abbiano perso proprio in “struttura” e non capiscono più l’importanza dei loro rispettivi ruoli; e poi non sopporto la spettacolarizzazione del dolore. Quanta gente comune, non famosa, lotta silente ogni giorno senza avere supporti da nessuno fuorché la propria famiglia?”.

Oggi, abbiamo avuto il piacere di scambiare due chiacchiere con Ciro De Lorenzo, il quale manda un messaggio: “dovremmo imparare tutti a ringraziare”.

Bene, “grazie” a te, Ciro, per averci fatti entrare nel tuo garbato mondo e, in barba a chi bestemmia o si lamenta per nulla, di averci fatti fermare, circa due ore, a riflettere su quanto non ci manchi nulla.

 “E’ tutto nella testa”.

 

Gabriella Miglietta

 

 

viv@voce

Lascia un commento