Le parole del presidente uscente di Arcigay: «Contro questo odio dobbiamo trovare la forza di opporci in tutti i modi»

Le parole del presidente uscente di Arcigay: «Contro questo odio dobbiamo trovare la forza di opporci in tutti i modi»

Si è tenuto a Torino, dal 16 al 18 novembre, il XVI Congresso Nazionale di Arcigay

 

Confermato Gabriele Piazzone nel ruolo di Segretario (non più Nazionale bensì Generale), mentre il pugliese Luciano Lopopolo è stato eletto Presidente Nazionale.

Sulla propria pagina facebook, Flavio Romano, presidente nazionale uscente, scrive: «E sì, dopo sei anni ho finito il secondo mandato da Presidente Nazionale di Arcigay

il mio posto adesso in questa bellissima associazione è nel Consiglio Nazionale, dove continuerò a lottare assieme alle attiviste e agli attivisti per la libertà, l’uguaglianza, la dignità delle persone LGBTI+ e della società intera.

Non mi dilungo in ringraziamenti perché sicuramente dimenticherei qualcuno, e le persone che ho incontrato e con cui ho lavorato sono davvero tantissime.

E poi sono un po’ refrattario alle smancerie.

Per chi volesse leggerlo, qui sotto il mio ultimo intervento, fatto a Torino al XVI Congresso Nazionale.»

Benvenute e benvenuti al 16° Congresso Nazionale di Arcigay

Questo congresso si sta per svolgere in un momento decisamente complicato per il nostro paese, ed è per me un congresso particolarmente emozionante, perché chiude il secondo mandato della mia presidenza di questa bellissima associazione. Ho iniziato nel novembre 2012, e da allora molte cose sono cambiate.

Sono stati sei anni caratterizzati da momenti di intensa attività, da periodi di grande gioia ma anche di grande sconforto, abbiamo vissuto situazioni in cui alcune nostre rivendicazioni storiche sembravano a portata di mano per poi tristemente svanire, ma ci sono stati anche momenti di grande euforia per qualche risultato finalmente raggiunto.

Non è un bilancio quello che sto per fare, ma un tentativo di ripercorrere alcuni dei passaggi salienti che assieme a questa associazione ho vissuto in prima persona, e può essere magari un’occasione per capire gli errori commessi e le azioni che hanno portato ad esiti positivi.

Come molti immagino ricorderanno, la passata legislatura ha visto all’opera un parlamento che aveva tra i suoi componenti il numero più alto di donne di tutta la sua storia, un parlamento con tantissimi giovani e con una forza politica, il Movimento 5 Stelle, che debuttava alla Camera e al Senato con numeri importanti. Con quel parlamento inedito abbiamo avuto a che fare molto da vicino fin da subito, per una delle nostre rivendicazioni storiche, quella legge contro l’omofobia e la transfobia che da tantissimi anni è oggetto delle nostre richieste alla politica nazionale.

Come vi ricorderete, quella legge era partita nel migliore dei modi, con la spinta importante del Partito Democratico, che allora era in maggioranza e al governo, e con l’appoggio entusiasta del Movimento 5 Stelle, allora all’opposizione. Quella legge, che doveva in qualche modo dare più sicurezza alle persone gay, lesbiche e trans, pensata per porre argine alle violenze e alle discriminazioni, quella legge che a livello simbolico avrebbe dovuto dare il segnale chiaro che lo Stato si metteva dalla parte di chi è storicamente più debole e discriminato, ebbene quella legge nei vari passaggi è stata via via indebolita da chi allora stava in maggioranza fino a diventare un testo non solo inutile ma addirittura nocivo. Noi ci siamo messi contro, e credo che bocciare quella legge sia stata la scelta giusta per quanto dolorosa, che ci insegna questo: è vero che la politica è l’arte del compromesso e della mediazione, ma è altrettanto e ancora più vero che di troppi compromessi e mediazioni si rischia di morire, soprattutto se questi compromessi vengono fatti sulla carne viva delle persone.

Segnati da questa sconfitta, sempre a livello parlamentare e legislativo c’è stata una seconda e importante battaglia, che aveva come oggetto un’altra delle nostre rivendicazioni fondamentali, l’accesso al matrimonio civile per le coppie di due uomini o due donne che volevano vedere riconosciuto il proprio progetto di vita familiare dallo stato e dalla società in generale. Anche lì è stato un percorso molto complicato, segnato da lunghi momenti di stagnazione, da piccoli passi in avanti che venivano vanificati all’improvviso, da discussioni infinite e spesso molto accese. Da quasi subito abbiamo capito che purtroppo il matrimonio come lo volevamo noi non avrebbe avuto i numeri necessari in Parlamento, e quindi ci siamo dovuti confrontare con l’unica proposta possibile che era rimasta sul piatto, le unioni civili. Su questa proposta i numeri sembravano esserci, e c’erano grazie alla strana alleanza che solo su questa legge si era formata, che vedeva la parte progressista del parlamento, con fastidiose eccezioni all’interno del PD, e il Movimento 5 Stelle, che pur dall’opposizione ha contribuito in maniera forte e leale a tutti i difficili passaggi che l’iter di questa legge ha avuto, per poi fare una improvvisa e sconcertante retromarcia nel momento cruciale del voto al Senato, retromarcia che per me resta ancora incredibile e in larga parte indecifrabile, che ha avuto come conseguenza la cancellazione dell’unico articolo che poteva dare un po’ di sicurezza ai figli presenti nelle famiglie omogenitoriali.

Quella legge, che, è bene ricordarlo, non è mai stata una nostra richiesta, Arcigay e il movimento LGBTI italiano hanno deciso di non ostacolarla ma di attuare un’azione di sorveglianza continua e di martellamento costante per impedire che quello che era già un compromesso in partenza non venisse ulteriormente impoverito e svuotato. E i tentativi di massacrare quella legge sono stati tanti, quasi tutti sventati tranne appunto quello che riguarda i bambini, e questo rimane un buco nel cuore di tutti noi. Credo però che abbiamo fatto la scelta giusta, quella legge è passata anche grazie al lavoro incessante di tutti noi sia a Roma che in tutti i territori del paese in cui siamo presenti, e questo dobbiamo rivendicarlo con forza e con orgoglio.

Da allora migliaia e migliaia di coppie composte da due donne o da due uomini si sono unite nei municipi delle grandi e piccole città e di tantissimi piccoli paesi, e hanno prodotto la sicurezza dei diritti e la felicità di tutte quelle coppie, molte delle quali stavano insieme da decenni, e che finalmente non erano più invisibili per lo stato italiano. La legge sulle unioni civili ha inoltre prodotto e continua a produrre un cambiamento culturale fortissimo in tutto il paese, un potente balzo in avanti verso una società più civile e rispettosa delle differenze e delle libertà. E per questo sento di dover ringraziare la senatrice Monica Cirinnà per la passione e la testardaggine con cui ha condotto la legge in porto, e Sergio Lo Giudice, il nostro ex-presidente ed ex-senatore, perché senza il suo lavoro questa legge non sarebbe stata possibile.

Deve essere però chiaro che noi non ci fermiamo, che di questa legge siamo contenti ma non ci accontentiamo. Perché non è una legge che produce la vera uguaglianza, e perché non ci arrendiamo al fatto che i nostri figli abbiano meno sicurezze e meno diritti degli altri. Per fortuna che sul tema figli ci vengono incontro le tante sentenze dei giudici che capiscono quale sia il miglior interesse dei bambini, e i tanti sindaci che, con molto coraggio e cogliendo fino in fondo il loro ruolo, trascrivono con sempre più frequenza entrambe le mamme ed entrambi i papà nei documenti di nascita, sottraendo così i bambini dal limbo di incertezza e fragilità giuridica provocata dalla mancanza di leggi. Una di queste è la sindaca di questa città, Chiara Appendino, e attraverso lei vorrei ringraziare tutti i sindaci che trascrivono, e dire loro che Arcigay vi è vicina, e vi supporta con entusiasmo.

In questi sei anni ho avuto la soddisfazione di veder crescere in maniera esponenziale quella che è la nostra manifestazione per eccellenza, i Pride che ogni estate organizziamo per promuovere la visibilità e rivendicare i diritti per le persone LGBTI, e che si sono moltiplicati non solo per numero di città coinvolte, 24 quest’anno legate in quella felice intuizione che è l’Ondapride, ma per un’affluenza sempre più travolgente composta da migliaia di persone che vedono in queste manifestazioni non solo un momento di lotta contro le discriminazioni, le violenze e le disuguaglianze nei confronti di gay, lesbiche e trans, ma come manifestazioni che rappresentano un vero e proprio argine di laicità e di civiltà che si contrappone con forza a chi ancora semina odio e vorrebbe riportare indietro di decenni questo nostro paese.

E sono particolarmente orgoglioso che quest’anno in particolare i nostri Pride siano stati caratterizzati da un forte sentimento antirazzista, di vicinanza e di appoggio ai rifugiati e a tutte le persone migranti che dopo viaggi estenuanti e pericolosi, e spesso intrisi di violenza, arrivano nel nostro paese e si vedono accolti con altro odio e altra violenza. Sono molto contento che i Pride e che Arcigay rifiuti con forza e fermezza gli slogan vuoti ma pericolosi di chi ripete in continuazione “è finita la pacchia, prima gli italiani” o che conia altri slogan contro le ONG che salvano le vite nel Mediterraneo, definendole in maniera sciocca e sprezzante, e altrettanto pericolosa, come “taxi del mare”. Ebbene, Arcigay si oppone con forza a tutto questo, e spero che riuscirà a farlo con ancora più energia in futuro. Perché è giusto che il nostro orizzonte sia molto più ampio delle sole, pur importantissime, questioni LGBT. La nostra lotta si deve unire e intersecare e fondere con chi lotta contro il razzismo e la xenofobia, con il movimento delle donne come abbiamo fatto la scorsa settimana contro il ddl Pillon, con chi lotta contro tutte le forme di povertà e di precariato, e con chiunque abbia a cuore una società migliore.

In questi anni ci sono stati anche momenti di sconforto. Ad esempio l’anno scorso, quando l’attività dell’UNAR, l’Ufficio Nazionale contro le Discriminazioni Razziali, è stato travolta dal fango di un servizio televisivo indecente, che pur di solleticare la morbosità degli spettatori non ha esitato a colpire e di fatto a fermare per molti mesi il lavoro di questa istituzione. Anche se Arcigay non ne era direttamente coinvolta, questo fango ha sporcato tutti noi. Ma in particolar modo ha colpito in maniera brutale l’allora direttore di UNAR, Francesco Spano, con un outing di una prepotenza e di una violenza inaudita. Dalle ferite di quella vicenda Francesco Spano si sta riprendendo anche grazie alle Corti e ai tribunali che gli stanno rendendo un po’ di giustizia.

In questi anni la rabbia, lo sconforto e la tristezza si sono ripetuti purtroppo con frequenza, ogni volta che un ragazzo ha deciso di togliersi la vita, ogni volta che una trans è stata ammazzata, ogni volta, e facciamo fatica e tenerne il conto, che una persona gay, lesbica o trans ha subito atti di violenza, di bullismo, di discriminazione, di esclusione e marginalizzazione.

È ancora molto forte e molto diffuso l’odio contro cui ci troviamo ogni giorno a combattere, gli episodi di intimidazione e di violenza si susseguono senza sosta, e vorrei ricordarne due fra i più recenti, il vero e proprio attentato alla vita di Angelo e Andrea a cui mando un grande abbraccio, due ragazzi della provincia di Verona che hanno rischiato di essere bruciati vivi nella loro casa da chi ha cosparso l’abitazione di benzina e sporcato i muri con scritte fasciste, e l’intimidazione, anche questa di chiara marca fascista che ha subito il Circolo di Cultura Omosessuale Mario Mieli di Roma solo una settimana fa. Un grande abbraccio va anche al presidente Sebastiano Francesco Secci e alle attiviste e attivisti del Mieli.

Contro questo odio che sembra aumentare invece di diminuire dobbiamo trovare la forza di opporci in tutti i modi, mettendoci tutte le nostre forze e chiedendo aiuto a chi ci è vicino. Contro questo odio montante sappiamo che nel Governo possiamo contare sul sottosegretario Vincenzo Spadafora, che appena nominato non ha esitato come primo atto a venire al Pride di Pompei, dove ha sfilato dietro lo striscione assieme a noi.

Finisco con il ringraziare tutti i componenti delle due segreterie con cui ho lavorato in questi anni, ma soprattutto con il ringraziare tutti i comitati di Arcigay sparsi nella penisola. In questi due mandati di presidenza ho avuto il grandissimo piacere di visitarli direi quasi tutti, e di apprezzare il grande lavoro che fanno nelle grandi città e nei territori spesso difficili della sconfinata provincia italiana. Le attiviste e gli attivisti di Arcigay ogni giorno rubano tempo al loro tempo libero e alla loro vita privata, mettendo energia, passione, intelligenza e tanto cuore nel lavoro che serve a migliorare la vita delle persone LGBTI e a migliorare la società intera. Sono loro il vero e più grande valore di Arcigay, e per questo li ringrazio.

Concludo con una frase che rubo a Franco Grillini, nostro fondatore e presidente onorario, che spesso ha ripetuto di “non vedere l’ora che Arcigay si sciolga perché non ha più niente da fare”. Anch’io in questo senso non vedo l’ora, perché vorrà dire che finalmente la società in cui viviamo sarà una società giusta e civile.

Ma mettiamoci il cuore in pace, la strada è molto lunga ancora e il lavoro da fare ancora tantissimo.

Grazie, e buon congresso.

viv@voce

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