SAVA. Lillino Ariano. Il politico più pratico con i numeri e molto bravo a ribaltare
Scompare un savese che per oltre 10anni è stato al centro della vita politico-amministrativa del nostro paese, determinando un decennio della nostra storia
Pasquale Donato Antonio Ariano, questo era il suo nome all’anagrafe, ha avuto dalla sua diverse cariche amministrative. In diverse occasioni è stato insignito assessore alla Caccia, alla Pesca e all’Agricoltura nell’Amministrazione provinciale.
Il padre Antonio, agli inizii degli anni ’60, è stato molte volte Consigliere comunale nella lista dei Monarchici e di politica si parlava sempre in famiglia, ma Pasquale Donato Antonio Ariano, per tutti “Lillino”, cominciò a fare i primi passi nel Partito Repubblicano savese. Gli amici iniziali furono Olindo Camassa e Ninì De Cataldo, ma il sodalizio con i due durò poco. Si staccò e fondò assieme allo scomparso Tommaso Barletta, più conosciuto con il diminutivo di Masino, il partito socialdemocratico (PSDI).
“FOTO 1980. LILLINO ARIANO ASSESSORE PROVINCIALE (è il terzo da sinistra). Il primo da sinistra è Vittorio Muia, il secondo da sinistra è Tommaso Massarelli, il secondo da destra è Giuseppe Bellocchi, il terzo da destra è Tommaso Barletta con al fianco Antonio Bruno. Al centro, il prefetto di Taranto”
Nella seconda metà degli anni ’70 varcò le soglie del Palazzo di governo jonico come assessore nell’amministrazione provinciale e prima di lui toccò a Olindo Camassa. Erano questi gli anni di accese rivalità personali, mascherate dalla politica. Personalismi accesissimi. Quasi spinti all’odio. Le sedi dei partiti dell’epoca sembravano delle vere e proprie sette, sempre piene di savesi che ogni giorno stazionavano in questi luoghi di ritrovo “politico”. Tempi in cui gli occhi erano sempre puntati sulle frequentazioni in Piazza San Giovanni e a volte poteva anche accadere che parlare con un politico avverso lasciava intendere, a molti maligni, chi sa cosa si stesse tramando. Una diffidenza spaventosa che minava, addirittura, i rapporti personali.
Cosimo Mancino, PCI
Sul campo c’era la DC di Salvatore Buccoliero che tutti volevano ridimensionare ma che nessuno c’era mai riuscito. Il PCI di allora era forte, anzi fortissimo, annoverava ben 11 Consiglieri comunali su trenta, ed era guidato dal tenace Cosimo Mancini, vera testa d’ariete dei comunisti savesi. La DC, partito di maggioranza relativa, con i suoi 13 Consiglieri apriva le danze. E poi c’erano i “partitini” che nel gioco politico facevano pesare fortemente, nella logica dei numeri, le formazioni delle maggioranze. Allora il sistema proporzionale dettava legge. Ci vogliono i numeri per costituire un governo e, spesso e volentieri, il partito di maggioranza relativa era costretto a ridurre i suoi appetiti pur di fare una amministrazione, con il classico ricatto dei partiti minori della serie “senza di me, tu non vai da nessuna parte”.
1980. Foto nel nostro Comune con impiegati e assessori
E questi personalismi, dettati esclusivamente da una pseudo politica, erano vigenti. In tutto. Non parliamo dei comizi in Piazza. Sava si scaldava e si spellava le mani quando un oratore saliva sul palco. Olindo Camassa. Batteva tutti. Capacità dialettica alle stelle. Non aveva rivali su questo. E allora oltre a Lillino Ariano sul campo c’erano, intesi come “cavalli di razza”, oltre lo stesso Camassa, Bruno D’Oria (PSI), Ninì De Cataldo (PRI) e il sempre guardingo Salvatore Buccoliero vigilissimo a non farsi “fottere” dall’alleato di turno.
Ettore Lomartire, PSI
Relegato in un angolino c’era Gaetano De Santis, nonno di Dario IAIA, il quale gestiva il MSI come se fosse cosa propria ma non contava nulla nello scenario politico savese: valeva come il due di denari a briscola ma servì, dopo le dimissioni di Camassa, a dare l’astensione, vitale, alla prima giunta di sinistra guidata dallo scomparso Ettore Lomartire. La Sava politica era questa.
Bruno D’Oria, PSI
E nessuno gridava allo scandalo, politico nel vedere l’allora MSI strizzare l’occhio alla sinistra al governo del paese. Ma andiamo alla storia di quei primissimi anni ’80, i quali lasciarono irrisolti sul selciato problemi enormi che hanno pregiudicato la vita del nostro paese e condizionato la sua crescita. Alle elezioni comunali del 1979 ci fu una svolta clamorosa: Olindo Camassa, vero tribuno dei savesi, ottenne uno straordinario successo con il suo “Cavallo Rampante”: ben 5 Consiglieri comunali furono designati nelle urne e da questo risultato divenne l’ago della bilancia. Senza di lui non si poteva costruire una maggioranza governativa.
Olindo Camassa
Il PCI, che con la sua astensione permise alla DC di amministrare Sava, scese da 11 a 9 Consiglieri e si portò all’opposizione. Nelle trattative emerse, come era naturale, la logica dei numeri. Ma Camassa impose il suo nome come primo cittadino. Accontentato di questo, Camassa cominciò ad amministrare il paese avendo come alleati il PSDI di Lillino Ariano e la DC di Salvatore Buccoliero. Numeri della maggioranza in una botte di ferro. Si parte.
Pochi mesi di insediamento, e mancata partenza come non si sperava, e già Camassa diventa il bersaglio numero uno dell’opposizione comunista, mentre Ariano cerca di spiegare che i numeri sono i numeri e oltre i numeri ci sono solo le elezioni anticipate. La DC di Salvatore Buccoliero non si poneva molti dubbi, il suo elettorato in caso di ricorso alle urne sarebbe rimasto invariabile e attestato sempre oltre i 4mila voti. Per l’amministrazione Camassa fu coniato il termine “ABC”, dove ad “A” corrispondeva ad Ariano, “B” a Buccoliero e “C” a Camassa. Il PCI dell’epoca, dai banchi dell’opposizione, faceva ferro e fuoco mentre il PSI di Bruno D’Oria e il PRI di Ninì De Cataldo, felloni entrambi, aspettavano la caduta dell’amministrazione con calma, con molta calma.
Ninì De Cataldo, PRI
Lillino Ariano danzava su questo. Inoltre gestiva anche i rapporti con la segreteria provinciale del PSDI ed era diventato la punta di diamante in terra jonica dell’allora segretario nazionale Pietro Longo. In due occasioni, successivamente, alle elezioni politiche si candidò alla Camera dei Deputati: ottenne un discreto successo il quale, però, non gli permise di varcare la soglia di Montecitorio. Ariano era sempre affiancato da Tommaso Barletta, suo fedele compagno di partito, determinò fortemente per davvero la vita del nostro paese. Una volta che Camassa si dimette e si ritira completamente, non ultime le sue ragioni di salute, comincia ad aprirsi uno scenario nuovo.
Lillino Ariano “aggrega” nel suo partito i transfughi della lista del “Cavallo rampante” e da 4 Consiglieri che aveva presenta in Consiglio comunale ben 9 rappresentanti istituzionali e così il PSDI si presenta nella massima assise. Comincia a diventare un vero punto di riferimento del proletariato urbano e sub-urbano e tutto questo gli crea qualche problema. Una bomba sotto la sua abitazione manda in deflagrazione i vetri delle finestre. Andiamo al rimescolamento delle carte, o meglio dei nuovi numeri. Prende corpo una nuova maggioranza. E che nasce a Sava? La prima giunta di sinistra: ma non ha i numeri sufficienti per amministrare! Addirittura! E Lillino Ariano è artefice anche di questo. E su questa “operazione”, viene fatta fuori la DC di Salvatore Buccoliero, ma la giunta di sinistra savese dura ben poco: sei mesi! E guardo caso, ma proprio caso, in Consiglio comunale si regge con l’astensione continua del MSI! Incredibile.
Tommaso Barletta, PSDI
Nei mesi a seguire l’amministrazione di Ettore Lomartire, PCI-PSI-PRI-PSDI, viene “sacrificata” sull’altare in virtù degli accordi fatti tra le segreterie provinciali del PSDI e della DC. Da qui rinasce il patto tra Lillino Ariano e Salvatore Buccoliero che vede Brunello Ariano, fratello di Lillino, sindaco e Mario Pichierri vicesindaco. Alla tornata elettorale successiva l’elettorato savese boccia questa nuova amministrazione. E’ l’inizio del declino politico di Lillino Ariano. Si spappola il suo PSDI. Tutti scappano verso nuovi partiti. E anche Tommaso Barletta, visto ormai il de profundis del PSDI, approda verso il PSI di Bruno D’Oria. Questa è la storia politica di Lillino Ariano.
Subito dopo, lascia Sava. Roma diventa la sua nuova residenza e inizia a gestire un ristorante. Gli fu coniato dagli amici il termine di “Barone”: alcuni dicevano in virtù del suo portamento aristocratico, sua madre era una Medici. Altri, con disprezzo, dicevano che il termine era dovuto al fatto che lui “barava” in politica. Ma Lillino Ariano, spesso e volentieri, rappresentava una speranza per molti savesi.
Tantissimi bussavano alla sua porta per qualsiasi richiesta. E lui era sempre ospitale. Disponibile ad ascoltare e a rendersi operativo. Molti devono dire grazie a lui se oggi occupano un posto nell’ente provinciale o al nostro Comune. Certo, questo è stato clientelismo, ma allora lo facevano tutti. Compresi i partiti che dichiaravano ufficialmente di essere contro. Alcuni anni fa lo incontrai al Circolo cittadino, in Via Roma, in una delle sue poche venute nel nostro paese: gli chiesi se aveva voglia di parlare di quella Sava che è stata e che lo ha visto protagonista in assoluto. Declinò l’offerta ma mi ringraziò per l’attenzione.
Ah dimenticavo. Nelle sporadiche volte che veniva a Sava e nell’occasione ci salutavamo in fretta e furia, lui mi chiamava “compagno”. Ed io di rimando: “Lo sai che non sono comunista …”
E lui: “Certo che non lo sei. Ma sei comunista dentro!”
Noi lo ricordiamo volentieri e con simpatia …
Giovanni Caforio