TARANTO. Lorena inaugura la nona edizione di Voce del Verbo Donna
Giovedì 7 marzo parte la nona edizione di Voce del Verbo Donna, progetto su, per e con le sensibilità femminili promosso, a partire dal 2011, dall’Associazione Culturale Hermes Academy Onlus, dal 2017 in collaborazione con Arcigay Strambopoli – QueerTown Taranto e Libertà e Diritti per l’Italia
A partire dalle ore 21.00 il Centro Interculturale Nelson Mandela ospita la proiezione del primo episodio di Lorena, documentario prodotto da Amazon Prime che analizza sotto una luce diversa il caso sensazionalistico di Lorena Bobbitt, che nel 1993 diventò una «star» per aver tagliato il pene del marito (https://hermesacademy.blogspot.com/2019/01/la-serie-lorena-sara-disponibile-su.html).
La partecipazione è libera e gratuita, con obbligo di prenotazione al +39 388 874 6670.
Gradito un contributo libero finalizzato alla raccolta fondi per il Taranto Pride 2019.
«Lorena», il documentario sull’evirazione che è passata alla storia
Articolo di Margherita Corsi pubblicato su Vanity Fair il 15 febbraio 2019
È impossibile dimenticarsi di Lorena Bobbitt, anzi Gallo (oggi usa il suo cognome da nubile). La donna passata alla storia per aver tagliato con un coltello il pene del marito John Wayne. Negli anni Novanta, la sua storia popolò i tabloid e i tg americani per mesi (finché arrivò a O.J. Simpson a soffiarle le prime pagine). Oggi, a 26 anni di distanza, Lorena (dal 15 febbraio su Amazon Prime Video), il documentario prodotto da Jordan Peele, Oscar alla sceneggiatura per Get Out, la analizza sotto una nuova luce.
Perché quella di Lorena, come spiegò al tempo la stessa 23enne originaria dell’Ecuador, era una storia di ripetute violenze domestiche e abusi, che l’avevano portata a compiere l’impensabile gesto (secondo la Gallo, quella notte il marito la stuprò per l’ennesima volta, John Wayne sostiene invece che il rapporto fu consensuale). Ma sono sempre passati in secondo piano.
La faccenda era troppo succosa per i giornali di gossip: una moglie che in piena notte prende un coltello di 18 cm, evira il marito e scappa con il suo pene in mano per poi lanciarlo dal finestrino non si vede tutti i giorni.
C’erano anche una serie di dettagli «comici», come il fatto che l’organo reciso fosse stato recuperato e portato in ospedale nel ghiaccio in una confezione di hot dog Big Bite. Nella prima delle quattro puntate del documentario, i poliziotti e il chirurgo che furono chiamati la notte del 23 giugno 1993 a Manassas, in Virginia, dove viveva la coppia, fanno fatica a trattenersi dal ridere, ricordando la vicenda.
Lorena e John divennero due star, il processo di lei fu uno dei primi eventi giudiziari mediatici, andato in onda su Cnn, con tanto di chioschi e magliette in vendita fuori dal tribunale. Entrambi furono assolti, posarono per Vanity Fair, divennero idoli nazionali. Lorena rifiutò 1 milione di dollari per un servizio su Playboy, mentre John si diede al porno, dimostrando una buona dose di autoironia (il suo film era intitolato John Wayne Bobbitt: Uncut).
Il documentario ricostruisce la vicenda attraverso foto, filmati d’archivio, registrazioni degli interrogatori e interviste a investigatori, amici, medici e altre persone coinvolte al tempo (incluso l’agente che la Gallo assunse per gestire i rapporti con i media). Incontriamo anche i due «protagonisti». Oggi Lorena ha i capelli biondi, difende le vittime di abusi con la sua «Lorena Gallo Foundation», ha un figlia di 13 anni avuta dal secondo marito e vive sempre a Manassas. Ma ha voglia di farsi sentire.
I media trattarono il fatto in modo sensazionalistico, era il periodo in cui nasceva la stampa scandalistica che tutto divora senza approfondimento. Poco importava se, appena due anni prima, c’era stato il caso di Anita Hill, che aveva accusato di molestie sessuali il candidato giudice alla Corte Suprema Clarence Thomas, cominciando a sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema. Insomma, il documentario è l’occasione per (ri)leggere gli eventi con occhi nuovi, alla luce di una consapevolezza diversa che dovremmo avere acquisito, anche dopo il #Metoo.