MANDURIA. I funerali dell’uomo vittima della baby-gang. Il procuratore: “Se chi sapeva ci avesse avvisato, sarebbe vivo”
Si sono svolti i funerali di Antonio Cosimo Stano, il 66enne morto negli scorsi giorni dopo essere stato ritrovato in casa nel paese del Tarantino, legato a una sedia. Lo sfogo del prefetto: “Tutti zitti, in un silenzio assordante. Le colpe le ha una comunità distratta, chiusa. Se i bulli se la fossero presa con un cane, ci sarebbe una rivolta popolare”
C’erano soltanto cinquanta persone, oggi, al funerale di Antonio Cosimo Stano, l’uomo di 66 anni che morto alcuni giorni fa dopo essere stato ritrovato a casa sua a Manduria, in provincia di Taranto, legato a una sedia. Per la sua morte sono indagati 12 minorenni e 2 maggiorenni di 19 e 22 anni.
Il procuratore di Taranto, Carlo Maria Capristo, ha dichiarato: “Chiederemo pene esemplari. Siamo di fronte a una violenza senza limiti”. In uno dei video delle aggressioni che i ragazzini si scambiavano tra loro via Whatsapp si vedono sette di loro infierire con un bastone contro il pensionato.
“Le chiamano bonariamente bravate – continua il procuratore – ma sono bravate criminali“. E conclude: “L’intervento è stato tempestivo ma sarebbe stato ancora più tempestivo se chi sapeva avesse avvisato prima le forze dell’ordine. Saremmo intervenuti in tempo e oggi Stano sarebbe ancora vivo”. Al funerale, Leonardo Milano, anziano che voleva dare l’ultimo saluto ad Antonio, dice che a Manduria “ci conosciamo tutti, siamo faccia a faccia ma non ci salutiamo. Siamo un mondo di morti“.
Gli agenti del commissariato locale erano intervenuti il 6 aprile scorso su segnalazione di alcuni vicini ma, come riferisce la dottoressa Irene Pandiani, che si è occupata dell’anziano, “le condizioni di Antonio Cosimo Stano erano drammatiche già prima del ricovero.
Per giorni non si è alimentato, era disidratato, aveva una insufficienza renale, respiratoria”. Dopo il ricovero, Stano ha subito quattro interventi. Le procure indagano ora per i reati di omicidio preterintenzionale, stalking, lesioni personali, rapina, violazione di domicilio e danneggiamento.
Le aggressioni duravano da almeno sette anni, secondo i vicini: uno dei video sequestrati dalla procura risale al 2013. Eppure, stando a quanto emerso finora, nessun segnale è arrivato alle autorità su Stano, conosciuto in paese come “il pazzo del Villaggio del fanciullo”, in riferimento al nome dell’oratorio di fronte casa sua.
“Mai ci è arrivata, né formalmente né informalmente, fosse almeno in maniera anonima, alcuna segnalazione su Antonio Cosimo Stano”, riferisce Raffaele Salamino, responsabile dei servizi sociali del Comune di Manduria.
“Sarebbe bastata una chiamata – aggiunge – e un assistente avrebbe preso in carico la cosa, coinvolgendo il servizio di igiene mentale”.
Un anno e mezzo fa gli operatori del 118 intervennero su segnalazione della polizia davanti alla casa di Stano. L’uomo era a terra, con delle ferite alla testa. Forse, anche in quel caso, era stato preso di mira dai ragazzini. Il 66enne venne medicato sul posto perché, vinto dal paura, rifiutò il trasporto in ospedale.
“Tutti zitti, in un silenzio assordante“, così si è sfogato il prefetto Vittorio Saladino, uno dei tre commissari di Manduria, il cui Comune è stato sciolto per infiltrazioni mafiose.
“Se i bulli invece che con quel pover’uomo se la fossero presa con un cane, ci sarebbe stata la rivolta popolare. Stano è stato chiuso e isolato in una casa, in una strada, in una comunità: un essere umano che abitava davanti a una parrocchia lasciato solo. Il prete ha detto di essere intervenuto più volte, ma perché non ha segnalato subito ai servizi sociali?”. Parole che suonano come un monito di fronte all’omertà del paese. “Le colpe le ha una comunità distratta, chiusa – aggiunge il prefetto – coi giovani bombardati dai media e da episodi negativi”.
La maestra della scuola elementare dove alcuni dei ragazzi hanno studiato, Pamela Massari, accusa le famiglie: “Questi ragazzini vivono in un contesto di impunità fin da piccoli grazie a genitori pronti a difenderli sempre e comunque, pur davanti a evidenze vergognose. Mamme e papà che si sentono in diritto di inveirti contro perché hai osato rimproverare l’alunno”.
La madre di uno dei ragazzini il cui nome compare nell’inchiesta, intervistata dall’Adnkronos, ha detto: “Mi sento responsabile io dell’assenza di umanità dimostrata da mio figlio anche solo per aver condiviso un video girato da altri. In casa viviamo male, non dormiamo. “Perché?” mi chiedo, dove ho sbagliato? Non abbiamo mai fatto passare liscia a nostro figlio una marachella, una mancanza di rispetto, una parolaccia in casa. È stato sempre un ragazzino timido, all’apparenza ancora più piccolo della sua età. Perché mio figlio si è divertito anche solo a vedere quelle scene raccapriccianti?”
FONTE
ilfattoquotidiano.it
del 29 aprile 2019