TARANTO. “Area di crisi complessa”. Il vertice della CGIL

TARANTO. “Area di crisi complessa”. Il vertice della  CGIL

L’incontro di ieri, martedì 14 maggio, con il segretario regionale della CGIL, Pino Gesmundo e il segretario nazionale, Emilio Miceli, serve a fare il punto della situazione dopo quasi sette anni dall’esplosione del “caso Taranto” e il riconoscimento dell’area di crisi complessa del sito produttivo tarantino

Commenta così, il segretario della CGIL di Taranto, Paolo Peluso, la riunione che oggi a Taranto ha portato all’attenzione degli RSA, RLS e RSU del sindacato ionico, gli esiti dell’audizione che la CGIL, insieme alla CISL e alla UIL, ha tenuto il 7 maggio scorso nella X Commissione del Senato.

In quella sede abbiamo presentato un documento puntuale in cui mettevamo nero su bianco i ritardi, le inefficienze di un sistema che dal 2012 ad oggi ha prodotto il classico topolino – spiega Peluso – e che oggi si traducono nel macro-dato di aumento esponenziale non solo della disoccupazione (+16,7%) ma anche delle ore di Cassa Integrazione Straordinaria.

Il segretario della CGIL di Taranto fa riferimento alla CIG registrata nel primo trimestre del 2019: + 751,8% (268.898 le ore di CIG del 2018, 5.541.892 nel primo trimestre 2019 – ndr).

Quel dato – commenta Peluso – dice che la crisi di carattere industriale di Taranto è ben lontana da essere risolta, malgrado la partita chiusa con Arcelor Mittal.

Ma il documento di CGIL, CISL e UIL presentato al Senato fa il punto anche su due altre anomalie che l’area di crisi complessa di Taranto non sarebbe stata in grado di affrontare,.

Vi è un ritardo nell’affidamento dei finanziamenti alle imprese vincitrici del bando di gara di Invitalia per la riqualificazione industriale del sito di Taranto – dice Peluso – un intervento che produrrebbe 250 nuove assunzioni. Forse una goccia nel mare ma un segnale che Taranto da tempo attende per l’avvio della tanto agognata diversificazione produttiva.

Altro nodo affrontato nel documento presentato al Senato è quello relativo alle bonifiche: 550 chilometri quadrati tra i Comuni di Taranto, Massafra, Crispiano e Montemesola, per cui mancano ancora programmi operativi e prospettive di recupero.

E’ difficile in questi casi parlare di risanamento ambientale ma anche di turismo – sottolinea il segretario della CGIL di Taranto – malgrado su quest’ultimo aspetto la provincia ionica abbia ancora un enorme potenziale da sfruttare di cui fanno parte il rilancio del Porto (si è in attesa della firma della concessione a Yilport per l’utilizzo del molo polisettoriale) e dell’Arsenale militare (con il piano Brin ancora da realizzare). Infine, dopo il concorso internazionale di idee sulla riqualificazione della Città Vecchia, non si vede ancora una concreta pianificazione degli interventi urbanistici che darebbe certamente un volto nuovo al cuore di Taranto.

A Taranto abbiamo un modello che, per la pluralità di interventi e strumenti messi in campo, in qualche modo configura una legge speciale – ha detto il segretario nazionale Emilio Miceli – Qui abbiamo infatti procedure e regimi autorizzativi semplificati, soldi, incentivi, tempi di attuazione. Tuttavia e nonostante tutto questo, si vedono ad occhio nudo le difficoltà che ci sono soprattutto negli interventi di sistema. Un conto é immaginare la soluzione alle crisi presenti nell’area complessa, altro è occuparsi di connessione urbanistica, sviluppo territoriale e infrastrutture necessarie.

Per le aree di crisi – ha detto inoltre Miceli – il nodo sta certo nella capacità della pubblica amministrazione di mettere risorse, ma bisogna anche avere una visione nonché la forza e la velocità per affrontare le situazioni esistenti. Non dimentichiamo che si tratta di territori a forte deindustrializzazione e dove i parametri sociali esprimono impoverimento.

 

viv@voce

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