SAVA. Reddito di cittadinanza. “Signora, pago io la sua spesa con la carta e poi lei mi dà i soldi?”
I “furbetti” ci sono sempre ma, a monte, c’è sempre la ragione della lotta alla povertà
Un incontro in un ipermercato savese. La scena: tanti clienti con i carrelli vicino alle casse. E’ il turno di una signora di circa 70anni e mentre comincia a svuotare il carrello per far adagiare gli acquisiti sul nastro rotante si avvicina un giovane di circa 40anni e gli dice: “Signora? Pago io con la carta, poi lei mi dà i soldi di quello che ha comprato”.
La signora lo guarda. Lo squadra ben bene e non esita a rispondergli: “No, grazie. Pago io con i soldi miei e non con quelli della tua carta”.
Molto probabilmente questa scena si sarà verificata diverse volte d’avanti alle casse degli ipermercati o nei negozi in cui i meno abbienti, o meglio i disagiati sociali e tagliati fuori da ogni contesto economico, possono fare acquisti.
Tutti sappiamo che il reddito di cittadinanza è nato proprio per sconfiggere la povertà, problema molto sentito nella nostra Nazione, e da qui dare almeno la possibilità della sopravvivenza a chi non riesce neanche a sbarcare il lunario. E per ovviare a questa piaga sociale è stata data la carta di credito con diverse centinaia di euro da consumare entro un mese dall’accredito, pena la perdita dell’importo, per gli acquisiti che necessitano.
Di questa somma, potenzialmente, circa il 25% del totale si può prelevare dallo sportello della Posta. Il resto, se non consumato entro un mese dall’accredito, viene annullato. Che poi ci sono i classici “furbetti” è una cosa scontata.
Ci sono stati e ci saranno sempre questi, in quanto alcuni cercano sempre di sfruttare come gli è più comodo un sussidio nato con nobili intenzioni.
Ma credo che questa reazione dettata dalla signora, che ha rifiutato di essere al servizio del “furbetto”, merita un plauso in quanto, con sdegno, ha detto di no.
Può darsi, più che sicuro, che il “furbetto” avrà trovato qualcun’ altro per ricevere la “cortesia”.
Ma intanto lodiamo questo drastico rifiuto.
Giovanni Caforio