SAVA. Diffamazione. Telecamera e megafaro sull’abitazione di Dario IAIA. Assolto in secondo grado il direttore di questo giornale dalle accuse del primo cittadino savese

SAVA. Diffamazione. Telecamera e megafaro sull’abitazione di Dario IAIA. Assolto in secondo grado il direttore di questo giornale dalle accuse del primo cittadino savese

Ha così deciso la Seconda sezione penale della Corte di Appello di Lecce, sezione  distaccata di Taranto, presieduta dal giudice Antonio  Del Coco

Avanti ieri, giovedì 16 dicembre, è stata ribalta la sentenza di condanna in primo grado, emessa il 28 novembre del 2018 dal Tribunale di Taranto, la quale mi aveva condannato alla sanzione di mille euro (condonata in quanto primo reato, ndr), al pagamento di 5000 euro all’avvocato di IAIA e altri 5000euro a Dario Iaia come risarcimento danni. Quindi a oltre due anni dal giudizio di primo grado, con il ricorso in Corte d’Appello, oggi registriamo una bella notizia.

I fatti che hanno interessato questa denuncia dello IAIA, tra l’altro una delle tante fattomi e credo che forse siamo alla decina o giù di lì, riguardava la sua abitazione in costruzione alle spalle della Cantina sociale di Sava. Zona questa che viene chiamata “Cimitero vecchio”.

In quel periodo, e siamo nel 2013, alcuni savesi mi comunicavano lo stato pietoso di come erano costretti a vivere: Vie senza pubblica illuminazione, strade dissestate che ben figuravano come tratturi e particolare non ultimo, dopo il mio sopraluogo, di sera notavo l’abitazione dello IAIA, primo cittadino insignito da quasi un anno, illuminata a giorno con un megafaro presumibilmente di circa 8000 watt sul palo della pubblica illuminazione e una telecamera posizionata in modo che prendesse tutto il raggio dell’abitazione (foto sotto).  

Credo che in genere è scandaloso per un amministratore, in quanto è personaggio pubblico e come tale deve dare conto al pubblico, utilizzare i servizi pubblici a suo piacimento quando i residenti vicino alla sua abitazione convivono con il buio pubblico da diversi anni. Ma non era solo il mio parere, era anche quello dei residenti della zona “Cimitero vecchio”, letteralmente abbandonati dal nostro Comune dopo aver pagato tutti gli oneri di urbanizzazione da diversi anni e senza avere i servizi.

Riportavo la notizia su Viv@voce con il rilievo fotografico dello stato dei luoghi, chiedevo lumi all’Ufficio del Patrimonio per sapere se c’era stata una autorizzazione per tutto questo e invitavo Dario IAIA a rispondere a quello che il mio giornale riportava (https://www.vivavoceweb.com/2014/08/27/sava-il-sindaco-pro-tempore-savese-dario-iaia-che-non-ha-il-coraggio-di-rispondere/). Non ci fu risposta.

E della serie, dal detto savese “Parla tu ca lu cazzu ti senti”, da qui facevo affiggere 30 manifesti nelle Vie urbane del paese a testimoniare di come un amministratore fa potenzialmente un uso smodato del servizio pubblico a suo piacimento. Manifesti questi, e anche questo è scandaloso, che furono fatti affiggere lontane dal centro urbano in modo che non fossero bene in vista.

Anche qui abbiamo avuto un attacchino complice, ma si sa che nel nostro paese le così dette libertà democratiche o quelle di stampa sono solo un optional, usate solo quando sono comode a chi amministra, a turno, la nostra comunità.

Lo IAIA non risponde al nostro giornale ma dà avvio alle carte bollate come esempio di risposta di un amministratore che si defila al confronto con uno strumento di comunicazione che, può piacere o non piacere, è sempre attivo nella propria comunità.

Tante udienze presso il Tribunale di Via Marche, tanto tempo sprecato per far valere ragioni che sono talmente futili ma la diffamazione è un reato che coinvolge spesso e volentieri chi non si allinea ad un modo di pensare e quando si arriva al cospetto del Giudice si capiscono tantissime cose come si capisce anche l’importanza di avere un avvocato, seppur giovane ma motivato, come il mio che all’anagrafe fa Ivan Zaccaria il quale ha saputo difendermi in modo eccelso, usando tutti gli strumenti del nostro Stato di Diritto.

Ma andiamo alla sentenza di assoluzione della Seconda sezione penale della Corte di Appello e vediamo cosa dice nel dispositivo in merito:Le dette notizie, ovvero il reale, raggio d’azione della telecamera, per giunta rimossa immediatamente dopo gli articoli in questione, chi l’avesse collocata e poi rimossa, e chi e quando avesse spostato il faro di modo da illuminare – anche e soprattutto – la casa in costruzione del sindaco IAIA e, poi, successivamente abbia modificato anche tale stato dei luoghi possono che, trattandosi di ipotizzati (e certamente verosimili) abusi acquisibili  e che ben difficilmente qualcuno (confessando l’illecito) li avrebbe ammessi”.

Il dispositivo prosegue con: “La verifica dell’illuminazione della costituzione del sindaco erano, a ben vedere, unitamente alla scarsa illuminazione della restante parte della zona ed alle lamentele (per tali ragioni) dei residenti, gli unici ragionevoli accertamenti consentiti, nella specie che il Caforio eseguì, prima di pubblicare la notizia”. E questo vuol dire credo che sono state riconosciute dai togati le mie ragioni.

Ma la sentenza va oltre e sottolinea che “il sindaco IAIA anziché interloquire con il giornalista per le domande che gli poneva pensò bene di procedere in questa sede penale”.

Infine la sentenza di assoluzione: “La Corte, visti gli articoli 605 e 23 decreto legge 149/2020, in riforma della sentenza n. 2823/2/18 emessa in data 28/11/2018 dal Tribunale di Taranto, assolve CAFORIO GIOVANNI, dal reato ascrittogli, perché il fatto non costituisce reato e revoca le statuizioni civili”.

Oggi è una bella giornata e a chi crede che con le querele mette a tacere la libera informazione nel nostro paese lo scordi del tutto.

Il dialogo, il confronto seppure serrato, sono il sale della nostra democrazia. Se poi a tutto questo si devono mettere in moto le carte bollate come risposta ad ogni smagliatura che un amministratore fa, e che viene messa in risalto da un giornale, lo stesso amministratore è tenuto a dare conto del suo operato ad un intero paese, allora la risposta è una sola: istigazione all’odio.

Ma forse questo nostro concetto di democrazia è diverso da chi crede di sentirsi onnipotente e che è convinto, ma lo crede lui però, di vedere tutti ai suoi piedi.

Giovanni Caforio

 

viv@voce

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