TARANTO. Emidio Deandri Anmil: “La salubrità del luogo del lavoro è un sacrosanto diritto di ogni lavoratore!”
Al termine di questa storica giornata il Vicepresidente Nazionale Anmil, il tarantino Emidio Deandri, ha espresso profonda soddisfazione per la sentenza di primo grado del processo “Ambiente Svenduto” che conferma quanto da sempre asserito dall’Anmil: la salubrità del luogo del lavoro è un sacrosanto diritto di ogni lavoratore!
Il dispositivo di condanna, tra l’altro, ha condannato i Riva, in solido tra loro e con i responsabili civili, al risarcimento del danno da liquidarsi in separato giudizio ed al pagamento di una provvisionale, immediatamente esecutiva in favore dell’Anmil (Associazione tra Mutilati ed Invalidi del Lavoro) assistita dall’Avvocato Maria Luigia Tritto.
«La pronuncia giudiziale – ha commentato Emidio Deandri – ha così riconosciuto il ruolo fondamentale svolto dall’ANMIL nella divulgazione della cultura in tema di sicurezza sul lavoro e nella promozione di iniziative tese a stimolare gli enti preposti alla tutela dell’integrità fisica dei lavoratori nei luoghi di lavoro attraverso la prevenzione.
In questo momento il nostro pensiero commosso va alle famiglie dei dipendenti Francesco Zaccaria e Claudio Marsella, e di tutti coloro che hanno perso la vita o subito gravi infermità causate dall’inquinamento».
«L’Anmil ringrazia – ha poi detto il Vicepresidente Nazionale Emidio Deandri – l’Avvocato Maria Luigia Tritto, dello Studio Legale Associato Tritto e Tarricone, che in questi anni ha sostenuto nel processo le ragioni dell’Anmil, e plaude all’immane lavoro di indagine svolto dal pool dei Pubblici Ministeri Mariano Buccoliero, Remo Epifani, Giovanna Cannarile e Raffale Graziano».
Come è noto, dopo 12 giorni di camera di consiglio la Corte d’Assise di Taranto Presidente Dott.ssa Stefania D’Errico, a latere dott.ssa Fulvia Misserini, si è concluso oggi il primo grado del processo denominato “Ambiente Svenduto”.
Discostandosi di poco dalle richieste dei Pubblici Ministeri, la Corte d’Assise ha irrogato pene dai 22 anni ai 2 anni di reclusione, condannando, tra i 47 imputati (44 persone e tre società) e, a 22 e 20 anni di reclusione Fabio e Nicola Riva, ex proprietari e amministratori dell’Ilva, tra i 47 imputati (44 persone e tre società). Rispondono di concorso in associazione per delinquere finalizzata al disastro ambientale, all’avvelenamento di sostanze alimentari, alla omissione dolosa di cautele sui luoghi di lavoro.
Disposta anche la confisca dell’area a caldo della Società, nel frattempo passata prima attraverso una gestione commissariale e poi acquisita da Arcelor Mittal.
Gli imputati Riva Nicola, Riva Fabio Arturo, Capogrosso Luigi, Andelmi Marco, Cavallo Angelo, Dimaggio Ivan, De Felice Salvatore, D’Alò Salvatore, Archinà Girolamo, Perli Francesco, Buffo Adolfo, Colucci Antonio, Giovinazzi Cosimo, Di Noi Giuseppe, Legnani Lanfranco, Ceriani Alfredo Rebaioli Giovanni, Pastorino Agostino Raffaelli Giovanni ILVA S.P.A. in persona del Commissario straordinario Dr. Enrico Bondi RIVA F.I.R.E.