Dal nostro profondo sud all’Oceania. Ecco le ragioni che hanno spinto Giulia Chianura e Fabio Lomartire, due giovani savesi
Intervista fiume, congiunta, ai due “esploratori” che hanno sfidato anche se stessi. Venerdì 13 Maggio 2022 alle ore 19.00 presso il laboratorio Urbano “Ex Macello”, in Via Macello 1, in un incontro pubblico parleranno della loro esperienza
Cosa porta due giovani accademici savesi a varcare l’Europa e a recarsi in Australia?
L’esperienza. È una parola semplice su cui tanti fanno affidamento in qualsiasi momento della vita: richiedere “esperienza”, fare “esperienza”, avere “esperienza”. Noi ci siamo conosciuti in un momento delle nostre vite in cui cercavamo qualcosa di nuovo, qualcosa che potesse “ricaricarci le batterie” e che ci potesse regalare un’esperienza di cui avremmo potuto parlare in futuro. Entrambi abbiamo studiato fuori sede e poi siamo rientrati a Sava, ma dopo qualche anno avevamo l’esigenza di aggiungere al nostro curriculum un’esperienza all’estero, in un Paese anglofono. Giulia aveva già fatto due esperienze in Spagna, ma la conoscenza dell’inglese risultava spesso una necessità per vivere e lavorare. Perché fino all’Australia? Perché volevamo sfidarci, per il clima vario e mite dell’Australia e per la sua chiarezza riguardo alle opzioni di visto.
Due mondi diversi, due culture differenti: cosa vi ha affascinato in questa lunga permanenza nell’Oceania?
Sono centinaia gli aspetti differenti tra Italia e Australia. Questi vanno dalla semplice guida a sinistra, alle abitudini alimentari e lavorative. Sicuramente tra gli aspetti più incredibili che abbiamo incontratoci sono la particolare apertura verso la diversità e la rilassatezza nel vivere la vita con meno stress. Il trattamento sui luoghi di lavoro è di certo tra le differenze più evidenti: giusti pagamenti, sempre puntuali, con scatti di aumenti nemmeno richiesti e passaggi di responsabilità molto veloci. Essere italiani in Australia ha giocato a nostro favore poiché loro sono molto affascinati dalla nostra storia, cultura e capacità di saper sempre trovare soluzioni innovative a problemi di qualsiasi tipo. Per non parlare dell’amore incondizionato verso la nostra cucina, soprattutto pasta e pizza. Un aspetto molto interessante dell’Australia è la sua multiculturalità e l’attenzione che viene data in tutti i luoghi, al rispetto delle origini di tutti, al credo religioso, alla dieta alimentare, al sesso e all’orientamento sessuale. È incredibile il rispetto per l’ambiente, specialmente in città, e agli animali.
Andiamo al vostro arrivo: c’era qualcuno che vi aspettava?
Al nostro arrivo nella stazione centrale di Sydney, ad aspettarci c’era un amico di vecchia data di Fabio: Lorenzo. Amico e compagno di Scout e di banco. Lorenzo lo ha aspettato invano per 9 anni a Torino, per poi ritrovarlo dall’altra parte del mondo. Il suo aiuto e quello della sua compagna Berenice, è stato per noi fondamentale. Ci hanno aiutati nel periodo pre-partenza per organizzarci al meglio e al nostro arrivo oltre ad ospitarci, ci hanno accompagnato nella città e aiutati con le prime azioni necessarie: scheda SIM, conto in Banca, Medicare ecc. Loro sono stati il nostro porto sicuro durante tutta la nostra permanenza in Australia e ne siamo grati.
L’impatto iniziale, la lingua da imparare: tutto questo non vi ha per nulla scoraggiato nei due anni e mezzo lontano dall’Italia?
Certo che è stato scoraggiante! Lasciare la nostra zona di comfort, le nostre case, i famigliari, le associazioni, gli amici e i nostri lavori qui è stata la prima sfida. Prima di partire per un viaggio come questo c’è una lunga fase di preparazione psicologica e poi logistica. Comunicare alle persone a noi vicine la nostra decisione è stata forse la parte più faticosa: è difficile comprendere le motivazioni che muovono due persone con “tante certezze” ad andare oltreoceano “al buio”. Al nostro arrivo ci siamo resi conto che il nostro livello d’inglese era in realtà molto più basso di quello che credevamo (sigh!). Ma ci siamo fatti forza a vicenda e dopo il primo mese in una scuola di inglese abbiamo trovato casa, lavoro e abbiamo provato a fare del nostro meglio per non demordere. Purtroppo la pandemia ha colpito anche noi e il processo di imparare la lingua è rallentato perché eravamo soli a casa, senza la possibilità di incontrare altre persone con cui praticare la lingua. Quando ci siamo spostati dalla città alle aree rurali per svolgere un periodo di volontariato abbiamo avuto la possibilità di vivere con circa 50 persone provenienti da tutto il mondo (Stati Uniti, Francia, Regno Unito, Giappone e ovviamente Australiani). Questa è stata una dura prova di sopravvivenza con la lingua. Abbiamo studiato tanto e leggere, guardare documentari e film in lingue e chiacchierare durante le pause o nei giorni liberi ha fatto il resto. Osare e sbagliare erano le parole chiave per imparare.
Ci sono stati momenti in cui vi siete detti “stavamo meglio a casa nostra” oppure “torniamo a casa”?
Ogni pasto! (Ridono). In realtà no, in Australia si mangia benissimo ed è molto facile trovare ristoranti con cucine da tutto il mondo. Ma il pasto in famiglia, specialmente nei giorni di festa o nei giorni di compleanno, sono stati molto difficili. Altri momenti difficili sono stati il nostro arrivo a Sydney a causa dei grandi incendi che circondavano la città, i quali erano davvero spaventosi, e il primo periodo del COVID, quando il mondo intero è piombato nell’incertezza. Nel primo caso abbiamo tenuto duro e fortunatamente gli incendi sono cessati, nel secondo il vero aiuto è arrivato dai nostri datori di lavoro: si sono sempre assicurati che stessimo bene, che avessimo abbastanza economia per pagare l’affitto(perché lavoravamo poche ore a settimana) e che riuscissimo a fare la spesa, perché i supermercati erano presi d’assalto ed era difficile reperire beni di prima necessità.
Come vi siete sentiti “trattati” dagli australiani, come molti di noi quando vedono gli extracomunitari e che li guardiamo con riluttanza?
Il razzismo esiste dappertutto, purtroppo. Noi siamo stati trattati quasi sempre bene, ma il razzismo verso gli asiatici o verso gli aborigeni è molto alto. La barriera della lingua, l’ignoranza delle abitudini degli altri popoli e l’incapacità di comprendere che la cultura è una cosa sacra e da difendere, porta il razzista a considerarsi sempre migliore degli altri. Durante i viaggi all’estero, specialmente in Australia, si conquista lo status di “backpackers” (letteralmente: escursionista, saccopelista; persona che viaggia con lo zaino in spalla) ed è spesso usato con disprezzo per riferirsi a ragazze e ragazzi che viaggiando vogliono divertirsi e lo fanno senza rispettare gli abitanti locali, la natura e gli spazi pubblici. Noi siamo stati vittime di persone che, catalogandoci come “backpackers”, hanno provato ad insinuare che “eravamo come tutti gli altri”, ma con educazione e comprensione abbiamo sempre affrontato gli insulti e,una volta spiegato che esistono persone educate e persone non educate, abbiamo fatto vedere loro da che parte eravamo. In generale, dalla nostra esperienza, potremmo dire che l’Australia ha decisamente più ampie vedute rispetto all’immigrazione (basandosi su di essa), ma le generalizzazioni non vanno mai prese troppo alla lettera.
Senz’altro in questa “vacanza” avete conosciuto un modo diverso, culture differenti da quella occidentale. Erano molti i “forestieri”, come voi, che avevano scelto l’Australia da esplorare?
L’Australia è un Paese molto giovane (rispetto ai Paesi Europei) e noi due pensiamo che tutti i suoi abitanti, eccetto per le popolazioni Aborigene, sono da considerarsi “forestieri”. Non possiamo, perché non abbiamo le competenze per farlo, spiegare bene il processo di segregazione sviluppato dagli Europei verso gli aborigeni ai tempi delle prime colonie (1770).Oggi c’è il tentativo da parte dei vari Governi di “chiedere scusa” a questo popolo, ma la strada è tanto lunga.
Riguardo al discorso “backpackers” invece si, ci sono migliaia di ragazze e ragazzi che ogni anno decidono di lasciare il proprio paese per andare a lavorare, studiare o viaggiare in Australia. Nel 2019 in 7,5 milioni hanno deciso di spostarsi in Australia. Circa il 30% della popolazione in Australia è nata oltreoceano. Difficile trovare persone appartenenti ad una famiglia con più di due generazioni di nati in Australia.
Tantissimi asiatici, ma anche tanti dal Regno Unito o dal Nord Europa.
Dopo il primo impatto, credo che trovare lavoro era il vostro motto principale per poter vivere. E’ stato facile trovare il lavoro?
Finita la scuola d’inglese, avevamo la necessità di trovare casa e lavoro e all’inizio è stato davvero difficile. Gli incendi nelle aree tra Sydney e Melbourne avevano già abbattuto il turismo e il nostro livello di inglese non era migliorato granché e questo era un grande ostacolo per chi voleva assumerci: l’impossibilità di poter comunicare quel che si intende può essere davvero frustrante.
Tuttavia, dopo qualche settimana di ricerca, Fabio ha trovato lavoro come lavapiatti in un Caffè-Ristorante e dopo poco tempo anche io ho iniziato la mia prima esperienza nella ristorazione. Da lì è stato sempre più facile trovare lavoro e l’esperienza ci ha aiutati anche ad essere meno esigenti con la casa e più esperti sul posto di lavoro, tanto da poterci spostare senza troppa difficoltà da una città all’altra trovando lavoro e casa in pochi giorni.
Ci sono state difficoltà logistiche che, apparentemente, sembravano insormontabili?
Sicuramente chiudere la le valige è stato il primo difficile passo logistico. Il secondo lo è stato trasportarle tra stazioni e aeroporti!
Scherzi a parte, l’immaginario collettivo dell’Australia è che sia una semplice “isola”, ma la questione è molto più complessa. Questa semplice isola è il 6° Paese più esteso del mondo, con un’estensione dei 7.7 milioni di km quadrati (l’Europa è solo 3.5 milioni di km quadrati).
Questo significa che viaggiare in Australia richiede tanto tempo perché bisogna coprire distanze molto lunghe (Sydney – Melbourne 879 km; Cairns – Darwin 2,641km; Perth – Adelaide 2695km) e serve essere molto organizzati e studiare a fondo i tratti da percorrere e le stagioni giuste per farlo. Il nord dell’Australia è nei tropici ed è caldo per la maggior parte dell’anno e durante l’estate (dicembre-febbraio) è colpito da forti piogge e uragani ed è molto pericoloso se si vuole viaggiare. La parte a nord ovest è prettamente desertica e si possono raggiungere anche a 50 °C e se si vuole percorrerlo bisogna avere una buona preparazione.
Oltre a considerare questo bisogna prestare molta attenzione agli animali: i canguri attraversano la strada all’improvviso, nell’oceano ci sono gli squali e nel nord i coccodrilli, nelle foreste serpenti e ragni. Noi abbiamo avuto qualche incontro di questo tipo (andato sempre a buon fine), ma bisogna stare molto attenti a come si affronta ogni giornata, specialmente non bisogna mai avventurarsi da soli e magari avvisare sempre amici e conoscenti rispetto ai propri itinerari e i luoghi che si intende visitare. Di storie ne abbiamo sentite tante, sfortunatamente.
Vi siete trovati in piena pandemia e addirittura con gli incendi che hanno distrutto milioni di ettari di terreno. L’emergenza australiana è stata all’altezza nell’affrontare queste due tristi realtà?
Con gli incendi no, non sono stati all’altezza. Hanno sottovalutato l’impatto di quell’avvenimento e a perdere la vita sono state più di 400 persone e migliaia di persone ricoverate in ospedale. Oltre a questo l’inquinamento provocato dagli incendi recherà problemi di salute a tutti quelli che, come noi, si sono trovati a vivere in quella zona. Sono bruciati 11 milioni di ettari, pari a un terzo dell’Italia, tra boschi, foreste e parchi, per non parlare del danno provocato alla fauna. Le immagini a cui abbiamo assistito direttamente e indirettamente ci hanno fatto temere il peggio. In tutto ciò il Primo Ministro era alle Hawaii, in vacanza.
Passata l’emergenza incendi ci siamo ritrovati ad affrontare l’emergenza COVID-19. I negozi e le attività hanno iniziato a chiudere molto prima della decisione del governo di chiudere tutto, stabilendo il lockdown. Il messaggio “confortante”per noi da parte del Primo Ministro Australiano è stato questo: “Se non potete pagare l’affitto, tornate nel vostro Paese”. Un bello schiaffo a tutti gli immigrati che contribuivano attraverso il loro lavoro e le loro tasse al benessere del Paese, ma che in questa situazione avevano perso il lavoro. I nostri datori di lavoro, tutti australiani, hanno, invece, licenziato gli Australiani (che avrebbero goduto degli ammortizzatori economici resi disponibili dal governo) e tenuto tutti gli immigrati, come noi, a lavorare.
La chiusura dei confini con il resto del mondo, invece, ha aiutato a tenere il virus “fuori dalla porta” e a tenere il numero dei casi molto basso, quasi vicino allo zero. Ogni volta che un caso spuntava fuori, l’ombra del lockdown si faceva sentire e ci metteva in uno stato d’ ansia, per poi allontanarsi una volta rintracciati tutti i casi. Ogni Stato (l’Australia è uno Stato Federale formato da 6 Stati e 2 Territori) ha poi affrontato l’emergenza seguendo le proprie regole, aprendo e chiudendo le aree cittadine, le attività, i confini con gli altri stati e in base al numero dei casi. Alla fine, noi abbiamo subito 3 lockdown: il primo lungo a Sydney e altri due, di pochi giorni e di una settimana, in Gold Coast.
In definitiva, hanno saputo gestire meglio la pandemia, ma i fattori da considerare sono tanti e molti di questi hanno giocato a loro favore.
Spesso dopo ogni esperienza che si affrontaci porta dentro un nuovo modo di vedere come le cose della vita (le riflessioni, le ambizioni, le aspirazioni) assumono un atteggiamento diverso dal nostro stile di vita. La vostra esperienza cosa vi ha dato di più?
Probabilmente tra le cose che più abbiamo realizzato da esperienze come questa, è quanto siamo piccoli sulla faccia della terra, quanto ituoi bisogni e le tue esigenze siano simili a quelle di ragazze e ragazzi che vengono da altre parti del mondo con cui scopri di avere in comune molto più di quanto tu possa immaginare. Quello che ci ha colpiti è la semplicità con cui è possibile fare amicizia quando si viaggia in questo modo e come amicizie così giovani possano avere radici profonde.
Ci ha dato dimostrazione che non è mai troppo tardi. Se qui in Italia un trentenne è considerato ormai grande per certe cose, è pur sempre meglio farle da “grandi” che rimanere con il rimorso di non farle affatto. L’età, per certi versi, fa la differenza, ma fidatevi abbiamo incontrato tanti per così dire vecchi, con uno spirito e uno stile di vita giovanile. È da molte coppie come loro che abbiamo preso esempio tutte le volte che ci prefissavamo un obiettivo. Ci ha resi più forti come singoli e come coppia.
Aspiriamo ad essere cittadini del mondo e fare quello che ci piace, quello per cui abbiamo studiato e che studieremo ancora.
Dopo tutto questo tempo vissuto fuori dall’Italia, vi siete prefissa una nuova meta oppure questa esperienza australiana è bastata a dare conferma alle vostre esplorazioni?
Abbiamo qualche meta in mente, ma non siamo ancora pronti a svelarla. Stay tuned!
Intanto, se siete interessati a scoprire altri dettagli e racconti fuori dal confine vi aspettiamo venerdì 13 Maggio 2022 alle ore 19.00 presso il laboratorio Urbano “Ex Macello”, in Via Macello, 1 Sava (TA).
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