Pierfranco Bruni a È TEMPO DI CULTURA racconta “Quando mio padre leggeva Carolina Invernizio”
Mercoledì 25 Maggio, alle ore 17:00, nel gruppo letterario di Facebook “Ophelia’s friends”, andrà in onda una nuova di puntata di È TEMPO DI CULTURA, trasmissione social di approfondimento culturale condotta dalla giornalista e scrittrice Stefania Romito
Lo scrittore, poeta e saggista Pierfranco Bruni (già candidato al Nobel per la letteratura) ripercorrerà le tappe fondamentali del suo libro “Quando mio padre leggeva Carolina Invernizio” (Tabula Fati Editore) attraverso un emozionante excursus tra memorie e sentimento.
I temi aulici che emergono tra queste pagine delineano il ritratto amabile di un padre per il quale la coerenza e la nobiltà hanno rappresentato dei veri e propri capisaldi esistenziali. Un animo che custodiva in sé la fierezza delle origini arbëreshë e che amava affiancare all’innocenza narrativa dei romanzi di Carolina Invernizio le complessità filosofiche e inquiete di Goethe e Nietzsche.
Un padre nel cui cuore convivevano profondi ideali e passioni e la prodigiosa consapevolezza che l’esistenza va vissuta come un’opera d’arte, cercando di essere “creativi fino all’ultimo istante di vita”. Un testamento spirituale inciso nel tronco di un albero a sancire l’appartenenza della creatività umana al mondo della natura. Un panteismo magico che disvela il suo incanto nell’amore per la letteratura e in una fede politica vissuta non come ideologia ma come autentica spiritualità.
Una intrinseca dedizione raccontata dal figlio-autore con la delicatezza dell’emozione che commuove per la sua integrità e onestà e che non può non provare orrore di fronte alla barbarie umana.
E il racconto procede così tra un narrare e un raccontare nei dialoghi di incontri e abbandoni preceduti sempre dai ritorni. Tra il rammarico e il rimorso di un figlio per non aver saputo bruciare quel lasso di tempo che lo ha allontanato dal padre quando ha spiccato il suo ultimo volo d’aquila per intraprendere l’eterno viaggio. Una mancanza che ha il peso dell’assenza.
Una assenza che ha la nostalgia di un rimpianto rivissuto ogni ventunesimo giorno del mese e che rinviene la sua dolce quiete soltanto nelle rassicuranti atmosfere di un tramonto dai toni rossi.