SALVATORE CARLUCCI, “IL PAPA DI GROTTAGLIE” TRA CIBO, TATUAGGI E FAMIGLIA

SALVATORE CARLUCCI, “IL PAPA DI GROTTAGLIE” TRA CIBO, TATUAGGI E FAMIGLIA

Conosciamo meglio il famoso Chef grottagliese, attualmente residente a Pulsano, perché è un esempio di quanto l’apertura mentale e l’incrocio di esseri umani provenienti da varie parti del Mondo, possano arricchire anche la propria anima

Abbiamo incontrato il 41enne Salvatore Carlucci, noto per la sua grande professionalità e per la sua bravura nella cucina, una passione nata in giovane età, dopo aver abbandonato la carriera militare nell’ Esercito Italiano.

E’ il maggiore di tre figli – l’unico maschio – ed ha sempre avuto con i suoi genitori, Lella e Ciro, un rapporto bello e confidenziale.

Salvatore studia all’alberghiero ed inizia così il suo viaggio di vita.

Un lavoro che lo porta a conoscere gente, anche di diverse Nazioni, ma che ovviamente gli toglie molto tempo. 

Gli chiediamo qual è il suo piatto preferito e lui risponde, con estrema naturalezza, che non ce n’è uno in particolare, dato che si adatta alla situazione che vive in un determinato momento.

“Posso mangiare con gusto anche cose comuni e semplici accompagnate da una birra, come posso assaporare – o provare – altro. Di certo, riguardo al cibo, credo che la gente sia un po’ distratta, nel senso che dovrebbe far più attenzione alla qualità di ciò che mangia; la stagionalità è la base del mangiar bene, mentre ora, purtroppo, abbiamo tutto 365 giorni all’anno, creando, peraltro, danni e squilibri alla natura – ad esempio con gli allevamenti intensivi. Bisognerebbe educare alla sana alimentazione”.

Per Salvatore sono due gli ingredienti che non dovrebbero mai mancare nelle case: Il pane e l’olio.

Egli ha anche creato molti piatti apprezzati, uno tra tutti l’ Ostrica “Cocco&Passione” – che oggi viene servita in una versione nuova, diversa dall’originale – e tutto è sempre nato per caso o per piccoli errori in cucina.

Ci racconta molti aneddoti del suo mestiere, specie dell’affinità che si crea con i propri colleghi che condividono con lui anche momenti spesso non facili e di forte stress.

Se non avesse fatto lo Chef, adesso probabilmente indosserebbe la divisa, ma è contento che sia andata così, seppur nella sua umiltà non si senta mai arrivato.

Ora spera solo che, dopo il periodo nero, causa Covid19, possa tornare a viaggiare per lavoro, e che tutto il settore ritrovi l’agognato assestamento.

La vita, che, per Salvatore è “il consumare, nel miglior modo possibile, ogni attimo”, scorre anche per migliorarsi sempre di più, per portare un buon esempio al prossimo. “Non serve predicare se poi non si fa quello che, di buono, si pensa”.

Eppure, chi decide cosa sia giusto e cosa sia sbagliato?

Anche qui, il nostro interlocutore ha le idee chiare: per lui, il vero peccato nel Mondo è il ledere gli altri.

“Non sopporto neppure la superficialità. La gente vive di apparenza, quando ognuno di noi è unico e speciale nelle sue caratteristiche. Noi siamo i segni del tempo che ci portiamo addosso e la differenza la fa la testa”.

“Sono un uomo esigente sul lavoro, paziente e competitivo. Mi piace guardare quelli più bravi per imparare, e, se c’è una persona che stimo molto, quella è il cuoco Davide Degiovanni, uomo speciale e coi piedi per terra”.

Inoltre, nella nostra conversazione, Salvatore ci svela che, se fosse ricco, farebbe molto per il sociale; di questo siamo certi, anche perché, quando gli abbiamo chiesto se c’è un regalo che gli piacerebbe ricevere, è stato evidente il suo imbarazzo nelle seguenti parole: “Non ne ho idea, perché mi piace più dare che avere”.

“Il valore fondamentale è la famiglia, e spero di poter ben affermare che i miei genitori sono fieri di me”.

Salvatore ha un corpo tatuato che attira la nostra attenzione, per cui gli chiediamo se ognuno di quei decori ha un significato preciso.

“Molti sono i timbri postali dei luoghi in cui sono stato. Sul braccio destro ho un drago, figura mitologica che rappresenta la transizione; ho un drago – carpa, un Cane di fo, una bambola giapponese Daruma, ma il pezzo forte è qui sulla gamba: la Catrina messicana, che raffigura la morte vestita a festa”.

E proprio riguardo alla Morte fa la seguente riflessione:

“Beh, ovviamente l’ideale sarebbe lasciare questa terra senza sofferenza, e poi credo che ci sia qualcosa nell’Aldilà, ci deve essere un Dio. Per quanto riguarda la religione, ho un’idea diversa, forse dovuta al mio confrontarmi con gente atea o di altre religioni. Certo è che, per me, il cattolicesimo ha le sue pecche, tanto da sembrarmi incoerente”.

Uomo indubbiamente profondo e riflessivo, Salvatore.

Ma è anche un affabile amicone: nella sua città, che reputa cresciuta specialmente negli ultimi anni, saluta – ricambiato – tantissimi amici, così da ottenere il titolo di “Papa di Grottaglie”.

Apprezza le donne con le quali si può parlare di tutto e gli piacciono molto gli animali, la cultura messicana, New York e Milano.

Ama l’azzurro, il colore del mare che lo circonda in ogni stagione.

A proposito, se doveste ascoltare “Stagioni nel sole” di Vecchioni, sappiate che è la sua canzone preferita.

Magari quelle splendide parole, unite ad un chiaro di luna, potranno completare l’idea che vi siete fatti, leggendo queste righe, del nostro Chef.

 

Gabriella Miglietta

viv@voce

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