TARANTO. L’ex presidente della Provincia Martino Tamburrano condannato a nove anni e mezzo per corruzione: era stato arrestato nel 2019
L’accusa è di aver autorizzato l’ampliamento della discarica del tarantino ricevendo in cambio tangenti e favori
Il Tribunale ha condannato altri tre imputati: sette anni all’ex dirigente della Provincia Lorenzo Natile, difeso dagli avvocati Claudio Petrone e Daniele D’Elia, nove anni per l’imprenditore Pasquale Lonoce e infine otto anni per Roberto Natalino Venuti, manager di “Linea ambiente”, società del gruppo A2A che gestiva la discarica.
È stato condannato a nove anni e sei mesi di carcere Martino Tamburrano, l’ex presidente della Provincia di Taranto finito in carcere a marzo 2019 per corruzione, con l’accusa di aver autorizzato l’ampliamento della discarica del tarantino ricevendo in cambio tangenti e favori. I giudici di primo grado hanno inoltre condannato altri tre imputati: sette anni all’ex dirigente della Provincia Lorenzo Natile, difeso dagli avvocati Claudio Petrone e Daniele D’Elia, nove anni per l’imprenditore Pasquale Lonoce e infine otto anni per Roberto Natalino Venuti, manager di “Linea ambiente”, società del gruppo A2A che gestiva la discarica.
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Al centro delle indagini svolte dai militari della Guardia di Finanza, guidati allora dal tenente colonnello Marco Antonucci e coordinati dal procuratore aggiunto Maurizio Carbone e dal sostituto Enrico Bruschi, c’era la determina dirigenziale per l’ampliamento della discarica, concessa dalla Provincia guidata allora da Tamburrano: un provvedimento firmato materialmente da Natile, ma per l’accusa orchestrato proprio dall’ex presidente, che in cambio avrebbe ottenuto denaro e altri beni, come una Mercedes confiscata dai magistrati. Secondo l’accusa, l’allora presidente della Provincia ha intascato, grazie al tramite di Lonoce, ben cinquemila euro al mese da Venuti che ricopriva il ruolo di procuratore speciale di Linea ambiente srl. Secondo il quadro tracciato dai finanzieri, Tamburrano aveva ribaltato il primo diniego della Provincia all’ampliamento della discarica di Grottaglie e aveva concesso, influenzando un dirigente, il via libera a un affare che portava nelle tasche della società un milione di euro al mese.
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Nella sua requisitoria, il pm Bruschi aveva ricordato inoltre come in occasione delle elezioni politiche 2018 Tamburrano ottenne l’appoggio dell’imprenditore per la candidatura al Senato della moglie, Maria Francavilla, nelle liste di Forza Italia. A finanziare quella campagna elettorale, per l’accusa, è stato proprio Lonoce: in aula il magistrato ha ricordato un’intercettazione nella quale l’imprenditore si sfogava con Venuti sostenendo di aver dato 250mila euro a Tamburrano: “Solo di cene se ne sono andate 30mila euro al mese“, raccontava, ignaro di essere ascoltato. Per gli inquirenti è un “evidente riferimento alle spese per la campagna elettorale del coniuge di Tamburrano”. L’ex presidente ha difeso “con forza” la propria innocenza: “Non ho mai richiesto o accettato nulla di indebito, non ho mai promesso di intervenire su procedimenti della Provincia o di altri enti che hanno contribuito al rilascio di quell’autorizzazione per favorire Linea Ambiente o chiunque altro”, ha dichiarato in aula.
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Pronunciando la sentenza, il tribunale – presieduto dal giudice Patrizia Todisco, a latere Federica Furio e Daniele Gallucci – ha disposto infine la trasmissione degli atti alla Procura per valutare l’eventuale ipotesi di falsa testimonianza nei confronti dei membri del Comitato tecnico scientifico che aveva rilasciato il parere favorevole all’ampliamento, a breve distanza di tempo da un parere contrario emesso in precedenza.
FONTE
www.ilfattoquotidiano.it del 16 novembre 2022