Premio Alberto Cesa: i tarantini Yaràkä finalisti dell’ultima selezione

Premio Alberto Cesa: i tarantini Yaràkä finalisti dell’ultima selezione

All’ultima semifinale del Premio Alberto Cesa, tenutasi a Coreno Ausonio, superano la selezione i tarantini Yaràkä che di diritto saliranno sul palco del Folkest 2023 il 3 luglio prossimo assieme agli altri cinque gruppi finalisti

Con l’appuntamento a Coreno Ausonio si sono concluse le selezioni territoriali della diciannovesima edizione del Premio Alberto Cesa: sei audizioni in altrettanti centri di ascolto in tutta Italia per andare a scoprire le migliori proposte pervenute a questo Premio intitolato al grande musicista piemontese e pensato per valorizzare tutta quella musica che sappia dare voce a una o più radici culturali di qualsiasi parte del mondo.

Sei i gruppi, quindi, selezionati in questo viaggio fra le oltre 200 proposte arrivate da tutta Italia, tutti e sei saliranno sul palco del Folkest 2023 all’interno di questo grande viaggio nella musica folk, e non solo, di tutto il mondo che quest’anno spegne le sue 45 candeline: i Femina Ridens dalla Toscana, i Luarte Project dalla Liguria, i Dimotika da Emilia e Trentino, i Grama Tera dal Piemonte, gli Yerba Buena Trio dal Friuli Venezia Giulia e, appunto, gli Yaràkä dalla Puglia. Ciascun partecipante porterà il proprio brano e interpreterà con la propria musicalità e sensibilità artistica un pezzo della tradizione friulana.

Yaràkä

Nati nel 2015, gli Yarákä sono un progetto attento a esaltare la componente multietnica, in particolare quella comune matrice ritmica proveniente dall’Africa, che funge da catalizzatore e permette di spingersi oltre, sperimentando contaminazioni audaci con le sonorità Mediterranee, del Sud Italia e della cultura Brasiliana.

Il gruppo nasce dall’idea del chitarrista Gianni Sciambarruto che, affascinato dalla varietà culturale brasiliana, decide di riunire una formazione acustica composta da musicisti provenienti da percorsi differenti e proprio per questo capaci di contribuire a costruire un impasto sonoro particolare: la voce della band è di Virginia Pavone, al flauto, percussioni e voce e alle percussioni etniche Simone Carrino.

Proprio la cultura brasiliana è alla base del loro disco d’esordio Invocaçao, che si propone come l’inizio di un vero e proprio percorso che parte dalla propria terra per scavare nei primordi e cercare un punto di giunzione tra le culture e le etnie primordiali.

Il rapporto fra uomo e natura può essere ricercato nel rapporto fra uomo e Dio. Ciò che accomuna la maggior parte delle culture popolari nel mondo – sostengono i componenti del gruppo – è il congiungimento dell’uomo verso il divino, il contatto con la natura di cui la musica diventa il mezzo.

 

viv@voce

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