RECENSIONI. Uno sguardo rapido a “L’uomo invisibile” di H. G. Wells
I’m the invisible man, Incredible how you can, See right through me – Cantavano i Queen, anche loro affascinati dalle caratteristiche del personaggio letterario di nome Griffin, creato da H. G. Wells nel 1880, ma che vide le proprie vicende pubblicate solo dopo alcuni anni, nel 1897
Il protagonista del romanzo “L’uomo invisibile” è un brillante fisico di fine ‘800, considerato dai colleghi accademici una sorta di scienziato pazzo per le sue idee anticonformiste e visionarie: egli riteneva infatti di aver sintetizzato la formula chimica per rendere invisibili oggetti, animali e, perché no, esseri umani. Spinto dall’illusione di poter accumulare grandi ricchezze grazie alla sua scoperta, Griffin prova prima la formula sul proprio gatto e poi, comprovata l’efficacia del composto, su se stesso.
Mesi e anni di studio, condensati in un attimo di pura euforia accompagnata da una strana sensazione di onnipotenza, vanificati da un piccolo e apparentemente insignificante dettaglio: non conosceva infatti la formula per rendere il proprio corpo di nuovo visibile.
Quella che inizialmente poteva essere considerata una condizione straordinaria che sottendeva possibilità che andavano aldilà delle normali capacità umane, si rivelerà per il protagonista qualcosa di più di una oscura maledizione che lo porterà sull’orlo del baratro, scatenando in lui un folle desiderio di vendetta obnubilato dal delirio di onnipotenza.
Trasferitosi infatti da Londra nella campagna circostante, per conservare l’anonimato e continuare nella spasmodica ricerca di un antidoto, verrà presto scoperto, nonostante i suoi attenti tentativi di nascondere il suo stravagante “potere”.
La fantascienza – di cui questo romanzo è un fulgido esempio, con un enorme seguito a livello cinematografico, letterario e culturale – ha spesso esplorato il tentativo dell’uomo di elevare la propria natura attraverso una serie di escamotage, in questo caso scientifici.
L’uomo cessa di essere tale, e acquisisce nuovi poteri grazie alla scienza, la quale però, se da un lato conferisce all’uomo poteri straordinari, dall’altro piano piano ma ineluttabilmente lo priva di quella caratteristica che lo rende unico: la propria umanità. La follia di Griffin, alimentata dalla sua stessa rabbia, aumenta proporzionalmente nel rendersi conto che difficilmente potrà recuperare la propria condizione, mentre la popolazione locale, spaventata dalla diversità del meschino protagonista, vede crescere l’odio verso di lui.
La trasposizione cinematografica del 1933, interpretata dall’attore statunitense Claude Rains e diretta da James Whale in modo solido e rispettoso dell’originale letterario, ci restituisce, grazie anche ai chiaro scuri del bianco e nero classico dell’epoca, una versione che, se da un lato rispetta alcuni passaggi comico grotteschi del romanzo originale, dall’altro enfatizza la drammaticità della situazione, anche con l’aiuto di effetti speciali molto all’avanguardia per gli anni Trenta.
Viene organizzata una caccia all’uomo, che culminerà col ferimento ed infine la morte di Griffin. Solo nei suoi ultimi istanti riuscirà a recuperare la sua umanità, arrivando a cercare il conforto dell’amata, ma sarà la morte l’unica che riuscirà a restituire a Griffin la sua condizione umana, compresa la visibilità del suo corpo.
Inutile dire che l’originalità del tema trattato e il successo sia del romanzo prima, che del film poi, diedero seguito ad una serie di sequel. Tra queste “Il ritorno dell’uomo invisibile” del 1940, sconfinando nella comicità con l’esilarante “Gianni e Pinotto contro l’uomo invisibile”.
Altre buone e meno buone pellicole si susseguirono fino ad arrivare agli anni Novanta in cui l’interesse per la figura dell’uomo invisibile esplode anche nel mondo del fumetto: esempio su tutti “The league of extraordinary gentlemen”, gruppo di individui con super poteri, fra cui figura proprio Il nostro Griffin. Per tornare al cinema, fra i tanti è da ricordare “The hollow man” con Kavin Bacon, che già dal titolo sottolinea come il protagonista si svuoti della sua umanità una volta raggiunta la condizione di invisibilità.
Il romanzo, il protagonista, e il primo film in particolare hanno ispirato inoltre una serie di giochi da tavolo per tutte le età e persino delle slot machine, la più famosa delle quali porta proprio il nome di “The Invisible Man” e i simboli dei suoi meccanismi di gioco sono direttamente ispirati al film originale del 1933.