Vendita Ilva. Legambiente: “Taranto nella polvere, i soldi sugli altari. Lo diciamo forte e chiaro: così non va”
Nessuna priorità per salute e ambiente. Privilegiati i creditori, pagano i lavoratori dello stabilimento e i cittadini di Taranto
“Evidentemente non interessa a nessuno la polvere che ricopre i balconi, imbratta i palazzi e annerisce i polmoni dei cittadini di Taranto” è l’amara considerazione di Lunetta Franco, presidente di Legambiente Taranto.
“Non interessa a nessuno il rumore provocato dai fog cannon che – specie d’estate – rende difficile e a volte impossibile il sonno per chi abita a ridosso del siderurgico. Non interessano a nessuno i wind days in cui ai cittadini del quartiere Tamburi di Taranto si consiglia di restare a casa in una sorta di arresti domiciliari causati dal grave delitto di abitare vicino all’Ilva. Solo così si spiega come sia possibile, per la cordata formata da ArcelorMittal e Marcegaglia, supportata da Banca Intesa, indicare che la copertura dei Parchi minerali avverrà entro l’agosto del 2023, secondo quanto riportato nei report Ilva resi noti da molti organi d’informazione”.
Agosto 2023 è una data da cui ci separano oltre sei lunghissimi anni. Anni in cui i polmoni di chi vive a Taranto continueranno ad essere presi di mira dalla polvere dei parchi primari col loro carico di rischi per la salute oltre che di disagio per le condizioni di vita delle persone e di danno economico per chi è costretto, anche a causa loro, a ripitturare la facciata della propria abitazione.
“Una data del tutto priva di giustificazioni tecniche considerato che, come è indicato nello stesso report … secondo il cronoprogramma ILVA l’attività comporta una tempistica pari a 24 mesi … in quanto tutti i permessi sono già stati acquisiti. Una data del tutto fuori dal mondo considerato che il gruppo concorrente Acciaitalia provvederebbe alla copertura dei parchi primari con la realizzazione di 4 moduli indicando che il primo sarà pronto entro il 2018 mentre i restanti tre saranno ultimati entro il 2021” aggiunge Stefano Ciafani, Direttore nazionale di Legambiente “si vuole evidentemente rinviare il più possibile uno degli interventi più onerosi previsti dal Piano Ambientale, allontanarlo nel tempo e confinarlo nel futuro remoto. Peccato che nel frattempo ci vada di mezzo la salute, oltre che la pazienza e il portafoglio, dei cittadini di Taranto.”
Ma le “stranezze” non si fermano qui.
Nei report Ilva abbiamo letto con stupore che si prevede di concludere nel corso del 2021 gli interventi di confinamento con barriere frangivento dei parchi minori delle materie prime – nonostante l’intervento di confinamento possa essere effettuato con tempistiche contenute – e che si intende adempiere ad altre prescrizioni fondamentali (quali la separazione e trattamento delle acque meteoriche in area a caldo e in area parchi maggiori o l’installazione di sistema proven o equivalenti presso la batteria 12) e terminare l’attuazione di tutte le prescrizioni ambientali entro il 23 agosto 2023.
Abbiamo letto con rabbia che gli interventi sulle cokerie – uno degli impianti maggiormente inquinanti – si limiterebbero al minimo indispensabile e che le tecnologie proposte per garantire un corretto margine di rispetto delle emissioni di specie inquinanti e di gas serra fanno riferimento a soluzioni non consolidate (impianti pilota in fase di realizzazione o allo stadio di predisposizione del progetto industriale) con un’attenzione prevalentemente focalizzata sull’abbattimento dell’emissione di CO2, che rappresenta un aspetto importante ma che non ha effetto sulla diminuzione di gran parte dei fattori inquinanti pericolosi e di allarme sanitario.
E tutto questo comunque a fronte di migliaia di occupati in meno.
“Altro che tenere insieme il diritto alla salute e il diritto al lavoro, altro che priorità delle questioni ambientali: qui si considera solo il diritto dei creditori dell’Ilva, in primo luogo quelli privilegiati tra cui le banche, ad avere indietro i loro soldi” concludono Stefano Ciafani e Lunetta Franco “ Lo diciamo forte e chiaro: così non va: Taranto non può restare in balia della polvere dell’Ilva fino al 2023, né é accettabile un piano ambientale che si prolunghi ancora per oltre sei anni”
Insomma: Taranto nella polvere e sugli altari solo il dio denaro
E intanto il Piano Ambientale continua a non essere reso noto.