TARANTO. Dal 7 gennaio riparte “Il Giardino del Bio”, il mercatino di prodotti biologici organizzato da Legambiente in Via Mignogna
L’esperimento: 15 giorni di dieta 100% bio abbattono i pesticidi
Bastano due settimane di una dieta a zero pesticidi per abbattere e in alcuni casi azzerare il contenuto di inquinanti nelle urine di una famiglia italiana. Madre, padre, due bambini di 7 e 9 anni: per tutti loro, per quasi tutte le sostanze chimiche analizzate, si passa da livelli di contaminazione alti a quantità molto basse e spesso sotto i limiti di rilevabilità.
La “decontaminazione” ha funzionato per alcuni degli insetticidi più utilizzati dall’agricoltura convenzionale (clorpirifos e piretroidi) e per il glifosato, l’erbicida contro cui si è mobilitata l’opinione pubblica e una parte della ricerca a livello europeo e non solo.
In complesso, su 16 analisi delle urine (quattro per ognuno dei membri della famiglia), ben 13 hanno dato risultati estremamente positivi, con significative differenze tra prima e dopo la dieta, e solo in un due casi non si sono registrati miglioramenti. In altre parole la dieta bio ha avuto effetto su oltre l’80% delle analisi effettuate.
Un’indicazione importante del fatto che la chimica contenuta negli alimenti da agricoltura convenzionale – anche in presenza di cibi che rispettano le soglie stabilite di fitofarmaci, come capita nella maggior parte dei prodotti consumati in Italia – rimane e si accumula nel nostro corpo, con conseguenze che ancora non sono state totalmente studiate e comprese.
È quanto è emerso dalla campagna #ipesticididentrodinoi – promossa da FEDERBIO con ISDE-Medici per l’Ambiente, LEGAMBIENTE, LIPU e WWF Italia – che ha analizzato il contenuto dei pesticidi nelle urine di una famiglia italiana, prima e dopo una dieta 100% bio.
I risultati delle analisi, elaborate a Brema in un laboratorio accreditato (il Medizinisches Labor Bremen – MLHB), hanno dato risultati indiscutibili. L’insetticida clorpirifos, ad esempio, prima della dieta era presente nelle urine del bambino più piccolo con oltre 5 microgrammi per grammo di creatinina, un valore più di tre volte maggiore della media di riferimento che è 1,5 (microgrammi/g).
Dopo quindici giorni di dieta biologica la concentrazione dell’inquinante è scesa a un valore di 1,8 microgrammi. Mentre nelle analisi del padre, Giorgio, la stessa sostanza – che era oltre tre volte la media di riferimento per la popolazione adulta– non è più rilevabile dopo la dieta.
Per il glifosato, dopo la dieta tutti i valori sono sotto la soglia di rilevabilità. In Giorgio raggiungeva concentrazioni pari a più del doppio della media della popolazione di riferimento (+116%): dopo 15 giorni di cibi senza chimica, le tracce di erbicida non ci sono più.
E lo stesso è successo ai bambini. Prima dei 15 giorni, il più piccolo era a quota 0,19 microgrammi di glifosato per litro e la più grande a 0,16 rispetto a una media, per la popolazione di riferimento, di 0,12 microgrammi/litro: ora i residui di erbicida sono assenti.
Più complesse le analisi per rilevare, prima e dopo, la presenza di piretroidi. Per farlo, occorre analizzare le molecole che l’organismo stesso produce degradando le sostanze chimiche. I due metaboliti “sentinella” si chiamano Cl2CA e m-PBA. Per tutte e due le sostanze, le analisi della famiglia mostrano una diminuzione importantissima degli inquinanti: solo per Marta il valore rimane appena sopra la soglia di rilevabilità.
L’iniziativa crediamo debba spingere a una seria riflessione sul fatto che se cerchiamo ‘i pesticidi dentro di noi’ è molto probabile che li troviamo. Ma su questo non ci sono monitoraggi su ampia scala: è incredibile che ancora oggi ci si ponga in maniera molto vaga il tema dell’effetto dei pesticidi all’interno del nostro organismo. Misurare i livelli di inquinamento da fitofarmaci sui prodotti alimentari è il primo passo. Ma serve approfondire la conoscenza degli effetti che diverse e numerose sostanze hanno sulla nostra salute. Serve più ricerca, e soprattutto più ricerca indipendente dagli interessi economici.
Ci sono già state esperienze simili in altri paesi europei: in questo come negli altri casi i risultati delle analisi prima e dopo la dieta provano che il biologico è una risposta più che valida alla chimica nel piatto. Due sole settimane sono bastate a cambiare significativamente la quantità di pesticidi rilevabili.
Il biologico si conferma come la strada maestra per evitare i rischi chimici che sono associati direttamente al consumo alimentare, oltre che per garantire un ambiente sano per tutti. Per questo Legambiente organizza a Taranto, per il quarto anno consecutivo, Il Giardino del Bio, il mercatino di prodotti biologici che si svolgerà generalmente la prima domenica di ogni mese in Via Mignogna dalle ore 9 alle ore 14.
Un’occasione mensile dedicata non solo a “fare la spesa” acquistando prodotti biologici, sani, gustosi, ma utile anche per parlare con chi li produce, conoscere la storia di quelli che ci piace chiamare cibi a “denominazione d’origine raccontata” e delle persone che ne hanno cura.
Si parte domenica 7 GENNAIO. I successivi appuntamenti saranno il 4 febbraio, il 4 marzo e il 25 marzo, per poi continuare dopo le festività pasquali. Con Legambiente ci saranno, a raccontare le ragioni di una scelta non solo di consumo, ma di vita:
Chiara Soluna e Vito Castoro, dell’AgricoLa Leggera di Miglionico
Pasquale Germano, dell’omonima azienda agricola di Rotondella
Maria Stellato, titolare di azienda agro-zootecnica casearia di Chiaromonte
Paolo Casulli, del ‘azienda casearia Nuovo Muretto di Putignano
Antonio Bernardi, dell’azienda agricola Clarabella, di Castellaneta Marina
Nicola Ierinò e Maria Cristina Maragno, dell’Uovo di Dulcinea di San Mauro Forte
Giuseppe Bonora, dell’omonima azienda agricola di Castellaneta
Maria Castoro, della Masseria La Fiorita di Matera
Francesco Colafemmina, dell’apicoltura La Pecheronza di Acquaviva delle Fonti
Patrizia Mauro, dell’azienda agricola L’ape e la coccinella di Fasano
Francesco Camporeale, dell’omonima azienda agricola di Molfetta
Maria D’Urso