TARANTO. “Io dovevo vivere”. La città attaversata da un fiume di carne, di sangue e di lacrime

TARANTO. “Io dovevo vivere”. La città attaversata da un fiume di carne, di sangue e di lacrime

Borgo Umbertino ieri, lunedì 25 febbraio

I volti di chi non è più su questa terra, le storie di chi combatte contro il mostro che produce acciaio e morte, la speranza di chi crede in un futuro diverso.

Il fuoco delle candele, la leggerezza dei palloncini rossi, le croci bianche al posto dei sorrisi dei bambini e delle bambine vittime dell’inquinamento.

Tutto questo e tanto altro ha animato la fiaccolata organizzata dai Genitori Tarantini.

«Una manifestazione – per Gianni Raimondi (Comitato Cittadini e Lavoratori Liberi e Pensanti) – partecipata e silenziosa, con diversi personaggi fuori posto.»

«C’era una dimensione surreale: – dichiara Sara Mastrobuono (Non Una Di Meno Taranto) – più di 5 mila persone, un fiume di gente, tutte rigorosamente in silenzio.»

Claudio D’Ingeo precisa: «Difficile rilasciare dichiarazioni su una giornata così. Ho visto tanta rabbia e tanti occhi lucidi ma anche unità come non vedevo da tempo».

Emanuele Pignatelli, attivista di Arcigay Strambopoli – QueerTown Taranto e Hermes Academy, aggiunge: «Sono certo che i nostri figli e le nostre figlie da lassù ci proteggono e continuano a sorriderci, perché sanno che noi stiamo facendo tutto il possibile per non rendere vano il loro sacrificio.

I nostri figli, quelli che sono in cielo, quelli che sono in altre città o in altre nazioni come il mio, quelli che sono qui con noi meritano un posto migliore.

Anche io sono uno 048, anche io potrei volare in cielo come i palloncini rossi, anche io sarei potuto essere una delle croci bianche e sicuramente lo sarò.

Ma finché sarò su questa terra, per quelle che saranno le mie possibilità, combatterò contro la fabbrica, per mio figlio Luigi, mia figlia Rossella, mia nipote Belén Marisol e tutte le figlie e tutti i figli di Taranto.»

 

viv@voce

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