SAVA. Finisce l’avventura di don Donato Bono, prete condannato per pedofilia, nel nostro paese
Gli incredibili retroscena che hanno portato a questa assurda designazione
E così, stando alle ultime notizie raccolte dal nostro giornale il prete condannato per pedofilia lascia il nostro paese. Gli avevano già preparato l’alloggio, pare in Via Del prete nella ex residenza del defunto vescovo di Foggia, il savese Pichierri, e sembrava che il suo ruolo di jolli dovesse sopperire ai vuoti organizzativi della Chiesa matrice con annessa la Chiesa del Convento.
Ma su questa scelta, senz’altro decisa dalla Curia di Oria, solleviamo alcune domande che poi non sono certo di poco conto. Come si fa a designare un curato delle anime ai servizi religiosi, condannato in via definitiva a una pena di non meno di sei anni, facendo finta di ignorare il suo famigerato “curriculum”? E come si spiega questa incredibile marcia indietro della curia di Oria quando, pare, a designarlo è stata proprio lei?
Noi crediamo, fortemente, che il buon don Fernando, parroco della Chiesa matrice savese, era completamente allo scuro di tutto questo e pare che lo stesso don Fernando si è attivato immediatamente presso la Curia orietana a battere i classici pugni sul tavolo per far sì che una soluzione a questa assurda decisione venisse presa.
Un prete, un sacerdote, non si sposta da una chiesa ad un’altra senza avere l’ordine dalla Curia territoriale. E non può, assolutamente, prendere decisioni che non gli competono. Per nessun motivo o ragione. E quindi, e di questo siamo convinti, la sua venuta a Sava è stata decisa dalla Curia di Oria.
Ora il clamore che ha suscitato la notizia nel paese, e nel web, è stato talmente grande che stiamo assistendo ad una rapida retromarcia. Di questo siamo contenti per tutti.
Per il nostro paese e per le potenziali funzioni religiose che don Donato Bono avrebbe dovuto svolgere nel nostro paese. Tipo dire messa, come d’altronde alcuni giorni fa lo ha fatto nella chiesa del Convento, o insegnare il catechismo ai giovanissimi savesi con tutti i rischi che i ragazzi avrebbero potuto correre.
Ma d’altronde siamo convinti che “qualcuno” all’interno della Chiesa savese era al corrente delle “referenze” di don Donato Bono e ha fatto finta di niente e quando è scoppiato il caso ha fatto finta di minimizzare.
Diamo merito ai fedeli savesi che hanno sollevato il “caso” che il nostro giornale ha portato alla luce.
Inoltre siamo convinti che la Chiesa non è fatta solo di bigotti e “bizzoche”, ma è fatta anche di fedeli che ragionano con la propria testa e con le loro convinzioni, le quali portano a indignarsi e a sdegnarsi davanti a simili situazioni.
Giovanni Caforio