Da Avetrana a Manduria. Caso Scazzi e caso Stano. Due casi diversi

Da Avetrana a Manduria. Caso Scazzi e caso Stano. Due casi diversi

Due comunità travolte da tragici eventi che non hanno nulla in comune

Raffreddato il clamore, lo stupore, la drammaticità della tragedia del povero Antonio Stano siamo qui a chiederci se c’è un collegamento tra il caso Scazzi e quello dello sfortunato Stano. Di sicuro è stato l’effetto mediatico, a torto o a ragione, a mettere in risalto su scala nazionale questi due drammatici eventi che sono stati “consumati” all’interno di due comunità, le quali, ognuno per la sua parte, sono chiamate a rispondere.

Sul caso Scazzi, francamente, non ci sono molte chiamate di correo, anzi non c’è nessuna che vede con le spalle al muro la comunità avetranese. La vita della giovanissima Sarah è stata stroncata all’interno di un nucleo familiare che nulla aveva a che vedere con i problemi di una comunità che si misura giorno dopo giorno nella valutazione delle sue criticità.

E quindi possiamo dire che Avetrana non ha nessuna colpa su questo. Certo, l’effetto mediatico su questo caso ha messo in moto di tutto: addirittura pulman che partivano dalle regioni limitrofe i quali erano pieni di passeggeri “morbosi” così attratti dalle diverse fasi che si sono succedute dopo la morte della giovanissima Sarah. E non scordiamo che qui parliamo di Avetrana che ha dalla sua una popolazione residente di meno di settemila abitanti e che non ha, particolare importante questo, scuole pubbliche che non vanno oltre le medie inferiori.

Manduria invece, è una realtà diversa. Diciamo comunità più “istruita” in quanto ha avuto dalla sua, da oltre mezzo secolo, le scuole medie superiori con i suoi licei e le scuole tecniche e da qui, credo, che il suo livello di conoscenza  supera le realtà dei paesi limitrofi. E questo, è un dato di fatto per la cittadina messapica. Oltre 32mila abitanti, con un feudo immenso e con oltre 18km di costa dove le marine pullulano nella stagione più calda dell’anno di turisti i quali si rispecchiano nella limpidezza delle sue acque e delle bellezze dei luoghi che la natura ha così generosamente donato. E ora è da una settimana investita violentemente dal caso del povero Antonio Stano, vittima delle angherie e delle violenza ad opera di oltre un dozzina di bulli che guarda caso, visto il loro percorso scolastico, sono “istruiti”.

Sul banco degli accusati mediatici ci sono i genitori con la classica domanda: “Dov’era il padre? Dov’era la madre?” E’ normale che in processo educativo ancora in corso, moltissimi degli accusati sono minorenni, certe domande un pò tutti ce le poniamo. Ed è logico. Certo la bacchetta magica non esiste, e con figli adolescenti bisogna misurarsi quasi ogni giorno. Capire i loro interessi. I loro gusti musicali. Le loro mode. Ma su tutto, insegnargli cos’è il bene e cos’è il male. Ecco, questo credo che grosso modo è mancato a questi genitori.

Questo per quanto concerne l’habitat domestico. Ma andiamo al punto più cruciale: se erano ben sette anni che lo sfortunato Antonio veniva vessato, aggredito, minacciato, bastonato, perché il caso è venuto alla ribalta dopo tanto tempo? Su questo, il problema diventa di natura sociale. Ovvero, un disagiato psichico viene bullizzato ogni qualvolta che questi imbecilli lo ritengono opportuno e questo investe una intera comunità. Dico investe e non colpevolizza. Sono convintissimo che molti manduriani sapevano cosa accadeva di fronte al “Villaggio del fanciullo”, degno oratorio dei salesiani, e più di qualcuno fuori dal branco ha assistito alle scene di violenza e della serie “mi faccio i cazzi miei” ha tirato dritto per la sua strada. E questo è un male per una comunità.

Questa si chiama “omertà”. Amaramente, è così. Addirittura il povero Antonio aveva sostituito il portone della sua abitazione con una porta blindata. Vedete a che punto era arrivato! Non essere più padrone della sua sicurezza. Che la comunità messapica, misurandosi con questa tematica, deve essere convinta che questo dramma fa parte del suo interno.

Non generalizzando ma deve soffermarsi e chiedersi: chi sapeva perché ha taciuto? L’abitazione del povero Antonio non si trovava di certo nelle periferie manduriane anzi, era su di una Via soggetta a un traffico urbano non indifferente in quanto collega due strade importantissime che vanno dalla Via per Maruggio  a quella per San Pietro in Bevagna.

Una ultima nota: a Manduria ci sono ben tre testate giornalistiche on line e quindi il potere di informazione è abbastanza forte. Ora al di là del discutere della loro validità o meno, è mai possibile che nessuno di questi tre direttori ha mai avuto sentore di questo dramma che si consumava all’interno della comunità messapica? Mi permettano lor direttori: noi a Sava, per molto meno, abbiamo fatto tantissimo. Esponendoci certo. E non ci siamo mai idolatrati.

Abbiamo sempre conservato la modestia ma su tutto, e su ogni cosa, siamo stati e saremo sempre presenti a seguire la vita della nostra comunità sopratutto quella dei soggetti più deboli, quelli che non hanno avuto la “fortuna” di essere “normali”.

Nel bene e nel male …

Giovanni Caforio

 

 

viv@voce

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