TARANTO. “Una scheggia di Paradiso”, è il titolo dell’incontro che si è avuto nella Chiesa del Sacro Cuore di Taranto, alla presenza del parroco don Luigi Larizza
Presentati da don Francesco Venuto i genitori del giovane Pierangelo Capuzzimati hanno testimoniato la malattia del proprio figlio
Quella di Pierangelo sarebbe stata una storia drammatica come tante altre se non fosse stato un ragazzo animato da una fede immensa, pur cresciuto in un ambiente familiare piuttosto indifferente ai temi religiosi, ed ora non più, grazie a lui.
Pierangelo Capuzzimati era solo un ragazzo quando, il 30 Aprile 2008, la leucemia lo ha portato via. Un ragazzo che ha lasciato un segno profondo nella vita di tutti quelli che hanno avuto la fortuna di incontrarlo e conoscerlo, di amarlo e apprezzarlo per la sua profondità e per la sua grande fede in Dio, a cominciare dai propri genitori, che a mano a mano che passano gli anni si accorgono dei cambiamenti e dei benefici che questa drammatica esperienza sta portando in loro.
Il 26 aprile 2018 la Santa Sede ha concesso il nulla osta per l’avvio della sua causa di beatificazione e canonizzazione, affidata al postulatore don Cristian Catacchio.
L’8 settembre 2018 durante il pellegrinaggio a San Giovanni Rotondo, organizzato dalla diocesi di Taranto per dare avvio all’anno pastorale, l’arcivescovo monsignor Filippo Santoro annunciò di aver ricevuto da Roma il decreto che autorizzava a cominciare il processo di beatificazione per Pierangelo Capuzzimati e per un’altra giovane, Paola Adamo.
Pierangelo Capuzzimati nasce a Taranto il 28 giugno 1990, ma vive nella cittadina di Faggiano con i genitori Angelo e Giuseppina e la sorellina Sara, nata dopo di lui.
Di carattere tranquillo e riflessivo, sorprende insegnanti e familiari per la sua sete di conoscenza e per la straordinaria capacità di apprendere e coltiva l’amore per la lettura. È un bambino come tanti, sereno e tranquillo, ma che si distingue dai suoi coetanei per la profondità dello sguardo e la serietà dei ragionamenti.
Quando nell’estate del 2004 gli viene diagnosticata la malattia la considera come un’occasione per meditare ancora di più e per sentire Gesù come un vero amico. La sua vita e quella della sua famiglia vengono completamente stravolte.
Iscritto al IV ginnasio presso il Liceo Classico “Archita” di Taranto, è costretto dai continui ricoveri ospedalieri e dai lunghi periodi di convalescenza a frequentare saltuariamente la scuola, pur tenendosi sempre in contatto con compagni e professori.
Rivela una straordinaria capacità di rielaborazione personale, oltre ad una incredibile cultura, frutto anche delle letture sempre più impegnative, divenute per lui insostituibili compagne di interminabili giornate.
Continua a studiare per suo conto e a maggio del 2006 sostiene gli esami di idoneità alla prima liceo venendo promosso con la media del nove.
Nell’agosto del 2007 si sottopone a un secondo trapianto. Stesso iter, stesso protocollo e stesso continuo impegno per non perdere l’anno. Lo studio e la lettura riempiono le sue giornate. Purtroppo la malattia ha il sopravvento e il 30 aprile 2008 muore, a giugno avrebbe compiuto diciotto anni.
In questa storia, la malattia e la sofferenza costituiscono il terreno fertile all’interno del quale si sviluppa una fede che porta a far diventare Pierangelo un faro di luce per tutti, un figlio che diventa guida per tutti a partire dai propri genitori, che lo scoprono sempre di più tale, a mano a mano che passano gli anni.
Le sue considerazioni sulla malattia come dono, sul limite della mente umana nel comprendere i progetti divini, sull’importanza dell’appartenere alla Chiesa e della preghiera comune, che pronunciò a suo padre e sua madre negli ultimi giorni della sua vita hanno costituito le fondamenta di un cammino di conversione continuo che sta guidando la vita dei suoi genitori, che ne danno testimonianza.
I genitori nel loro racconto hanno ricordato anche don Pino Calamo, che lo aveva conosciuto quando era parroco a Faggiano, ora parroco della Parrocchia Madonna delle Grazie, a Taranto.
Quando il papà, sul finire dei giorni, disse a suo figlio Pierangelo morente:“Adesso come mi devo comportare, cosa devo fare io ?”, Pierangelo in una maniera pacata, serena, da credente, gli rispose : “Va da don Pino”, va da don Pino: lui ti indicherà” cioè passa attraverso la Chiesa. La Chiesa ti accoglierà, la Chiesa ti dirà.
Perché un’altra espressione che venne trovata in un tema da lui svolto è una citazione di Sant’Agostino : “Extra Aecclesiae nulla salus – Fuori dalla Chiesa non c’è salvezza”.
Pierangelo si sentiva pienamente inserito nella realtà della Chiesa. La amava così com’era, fatta di peccatori e di debolezze. Non si scandalizzava di fonte a nulla e voleva indicare la Chiesa a tutti come unico mezzo di santificazione.
Vito Piepoli