MANDURIA. Caso “Stano”. Altri 4 minorenni indagati

MANDURIA. Caso “Stano”. Altri 4 minorenni indagati

E così, al momento, sono 18 i ragazzi della baby gang con l’accusa di concorso in tortura con l’aggravante della crudeltà

Con il passare dei giorni cominciano a diventare nitide tutte le tematiche, oltre ai nuovi indagati, che hanno portato, quasi sicuramente e in attesa del referto dell’autopsia, alla morte lo sfortunato  Antonio Stano.

Ma comincia anche a diventare più chiaro il comportamento dei vicini di casa che non sono stati inermi davanti ai soprusi e alle violenze della baby gang. Hanno reagito in diverso modo. Alcuni chiamando le forze dell’ordine, qualcuno, con coraggio, ha inseguito con la propria auto i balordi che si prendevano gioco di un disagiato psichico. Quindi, non si può accusare di inerzia il vicinato. Assolutamente. Ha fatto ciò che ha potuto. O meglio ciò che poteva fare.

E allora di chi la colpa se queste violenze sono durate per così tanti anni ai danni del povero Stano? Emergono particolari agghiaccianti: le denunce fatte da Antonio Stano diversi anni fa agli organi preposti al controllo della comunità messapica. E la domanda che ci poniamo è questa: come mai nessuna indagine, a seguito delle denunce fatte,  ha portato a dei risultati? Come mai? Forse il povero Stano è stato preso sottogamba ogni qualvolta che si recava nelle caserme per denunciare le violenze subite?

La nostra elementare conoscenza sulle denunce che vengono portare nei vari organi di controllo dello Stato ci dice questo: la denuncia, una volta portata in una caserma, viene immediatamente inviata alla Procura di appartenenza territoriale la quale, a sua volta, dà l’avvio delle indagini. E sempre sulla riga delle domande: queste indagini sono state fatte? E se sì, che risultato hanno prodotto? E una volta concluse le indagini il loro risultato è stato notificato alla Procura? E la Procura, alla luce di ciò che gli investigatori riportavano nelle chiusura delle indagini, cosa annotava? Forse la classica “archiviazione”?

Tutti oggi sappiamo che l’elettronica ha fatto passi da gigante e che a sua volta ha snellito anche il lavoro fisico degli investigatori. E allora, cosa ci voleva a piazzare una telecamera di fronte alla casa dello sfortunato Antonio? Sono molti i dubbi che ci vengono. Ma solo uno viene dissipato: la comunità manduriana è estranea totalmente da responsabilità oggettive.

E questo ce lo dicono le indagini che, giorno dopo giorno, stanno dando un volto a tutto il contesto. D’accordo con la marcia della civiltà che ha attraversato alcune Vie della città, segno tangibile della sensibilità cittadina. Meno, molto meno, ma molto meno, su chi aveva il dovere di indagare a modo e non lo ha fatto.

Spero che emergano anche le responsabilità di chi è pagato dallo Stato per vigilare sulla vita dei cittadini il quale, molto probabilmente, ha glissato, magari in modo farsesco, l’importanza delle denunce fatte dal disagiato psichico Antonio Stano.

Giovanni Caforio

viv@voce

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