SAVA. A proposito di Raffaele Pesare. In questi giorni si è aperto il processo per la strage
Davanti a così efferati delitti, tre morti, non c’è giustificazione che tenga
Ma tanto meno anche ad un solo delitto. E così la scorsa settimana si è aperto il processo che vede alla sbarra l’ex carabiniere Raffaele Pesare. Al di là delle tesi dei difensori, giuste o sbagliate che possono essere, questa strage è nata in un contesto strettamente familiare e molto probabilmente legata a interessi economici.
Ma quello che ci chiediamo è questo: cosa può aver spinto, con tanta ferocia e crudeltà, Raffaele a compiere un simile gesto? In paese, grosso modo, ci conosciamo tutti. Spesso anche dalla nascita. E magari, con i capelli bianchi che ci ritroviamo oggi e con una buona memoria anche fotografica, ricordiamo le facce che grosso modo hanno accompagnato la nostra esistenza. Raffaele, da piccolo, aveva una faccia da bamboccione ma nulla lasciava presagire che, con lo sviluppo fisico, arrivasse quasi a un metro e novanta centimetri. Curioso e con il viso a palla faceva tenerezza.
Noi che avevamo qualche anno più di lui lo guardavamo con simpatia ed era un ragazzo tranquillissimo. E ogni volta che lo vedevamo, aveva una zia che abitava vicino alla mia casa natìa in cui lui si recava spesso e volentieri, ci strappava un sorriso di tenerezza. Gli anni passano per tutti e rivediamo Raffaele con l’uniforme dei Carabinieri. Un fisico imponente. Statuario. Che non avrebbe senz’altro sfigurato nel corpo dei Corazzieri. Il saluto dove ci vedevamo riportava quasi a quel sorriso di tenerezza di quando era piccolo. Qualche caffè scambiato in uno dei Bar del centro.
E poi la tragedia. La strage. Il padre, la sorella, il cognato: tutti e tre morti per colpa di quella sua pistola d’ordinanza. Per non parlare poi del colpo che lui stesso si è sparato sotto il mento per suicidarsi. Operazione quest’ultima non riuscita. E oggi siamo qui a chiederci cosa può aver portato il buon Raffaele a compiere una strage. A distruggere tutto, compreso anche la sua famiglia privandola del maggior introito economico dettato dal suo lavoro. L’esasperazione, è l’unica risposta. Quella che gli ha annebbiato la vista e che non gli ha fatto conoscere nessuna ragione.
Quante volte ognuno di noi è stato preso da una rabbia incredibile che, lì per lì, poteva sfociare nell’immediato ad una reazione violenta. Quasi omicida. E poi, magari, passati quei classici 5 minuti ci siamo ravveduti e non più tentati da commettere azioni che avrebbero pregiudicato la nostra esistenza e quella dei nostri cari. Ma questo, per nulla proprio, vuole essere una giustificazione all’azione omicida di Raffaele. Assolutamente.
Ma quello che molti di noi si chiedono è questo: come può un bravo ragazzo, e in questo caso in specie, trasformarsi in omicida plurimo?
Credo che si possono comprendere le motivazioni, magari anche capire lo stato d’animo in cui molte volte tantissimi di noi si possono trovare.
Ma la giustificazione no …
Giovanni Caforio