“Piazza pulita” di La7 smaschera le condizioni di lavoro degradanti di un call center di Taranto

“Piazza pulita” di La7 smaschera le condizioni di lavoro degradanti di un call center di Taranto

La mancata osservanza di diritti e norme che dovrebbero regolare il mondo del lavoro si è accentuata con l’aggravarsi della situazione di crisi e stagnazione economica

Purtroppo, situazioni di irregolarità sono all’ordine del giorno e ciò dovrebbe indurre una profonda riflessione in ambito istituzionale. Intanto l’opinione pubblica si concentra sui casi che fanno maggiore scalpore, ma il fenomeno è più sottile e trasversale di quanto i singoli episodi non lascino trasparire. Uno degli ultimi, in ordine di tempo, riguarda un call center di Taranto, o meglio di Grottaglie, protagonista di un servizio (realizzato da Micaela Farrocco) andato in onda su “Piazza pulita” di La7.

I giornalisti dell’emittente televisiva hanno mostrato uno spaccato degradante: il cosiddetto call center sarebbe stato ricavato in un’abitazione, in cui lavorerebbero, in spazi più che angusti, una cinquantina di persone. La paga? 5 euro e 30 centesimi all’ora più un presunto bonus. Venivano vendute cialde di caffè, con risultati per altro piuttosto scarsi, tanto che i lavoratori venivano minacciati di licenziamento.

Sensibili alla qualità degli articoli e dei processi produttivi che li portano sul mercato, i consumatori si rivolgono ormai al Web per l’acquisto di capsule dolce gusto, cialde e molto altro. Una preferenza d’acquisto che rende quasi inevitabile il ricorso a politiche commerciali molto aggressive da parte dei call center.

E il fenomeno non può essere circoscritto a qualche specifico settore. Al telemarketing viene fatto ricorso da parte di svariate tipologie di operatori di mercato, dalle assicurazioni alle società di trading online. Spesso sono coinvolti i grandi player nazionali, pensiamo al settore dell’energia, delle telecomunicazioni e della telefonia. Grandi nomi che diventano, in modo più o meno diretto, co-responsabili di un inasprirsi delle difficoltà delle condizioni di lavoro.

Un aspetto sottolineato da Daniele Carchidi, segretario generale della Slc Cgil Calabria: “Ma quante volte in questi call center si lavora per importanti compagnie telefoniche del calibro di Tim, Wind, Vodafone, Fastweb o compagnie energetiche come Enel, Edison, Eni, o multinazionali come Amazon, Apple, o emittenti televisive come Sky, Mediaset, ed ancora banche, assicurazioni, aziende di trasporti ed enti pubblici?”.

“Un’associazione a delinquere” così ha definito il call center di Grottaglie l’ex ministro Carlo Calenda, intervenuto nel corso della trasmissione di La7. Il politico ne ha ovviamente evocata la chiusura e l’intervento di istituzioni e Forze dell’ordine. Si sono aggiunti al coro delle condanne molti rappresentanti sindacali come Riccardo Saccone (segretario nazionale SLC CGIL Area TLC ed Emittenza) e Andrea Lumino (segretario generale della SLC Cgil di Taranto).

Maggiori controlli e sanzioni più severe possono rappresentare una minaccia in grado di arginare l’illegalità che purtroppo abita vari contesti lavorativi. Certo è che senza una riflessione sull’idea stessa di lavoro, il rischio è che si rivelino poco più che dei palliativi. Perché finché l’occupazione è legata a doppio filo alla crescita economica e manca lo sviluppo atteso, la drammatica necessità di lavorare indurrà, presto o tardi, all’accettazione di condizioni degradanti. Difficile, al momento, pensare a una soluzione di lungo periodo.

Giovanna Trentadue

viv@voce

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