MANDURIA. “Ospedale Giannuzzi. Sanità pubblica: ma in che mani stiamo?”
Da Mirko Giangrande, Presidente di Azione Liberale, riceviamo e volentieri pubblichiamo
“Sulla nostra sanità si scrive e si parla molto. Nulla però è più chiaro ed efficace di un’esperienza personale. Giorni fa sono stato testimone di ciò che accade quando hai bisogno, purtroppo, del nostro Sistema Sanitario Nazionale.
A causa di un problema di salute improvviso ed allarmante, mi son recato (prima tappa di un “piccolo calvario”) presso la guardia medica locale, data l’ora tarda e la chiusura del medico curante. Qui, senza neanche visitarmi, mi prescrivono cortisone e mi invitano ad andare al pronto soccorso. Speranzoso di una visita più approfondita, mi reco al nosocomio di Manduria, al Pronto Soccorso.
Mi trovo davanti ad una bolgia dantesca: file interminabili, caldo, animi surriscaldati, svenimenti per ritardi nei soccorsi, poche sedie a disposizione, un medico e due infermiere ad accollarsi le urgenze di un bacino di utenza di migliaia di persone, persone entrate alle sei di pomeriggio ed uscite a mezzanotte. Mi armo di pazienza e aspetto il mio turno. Arriva, dopo ore. Una visita fugace, puntura di cortisone e via.
Se hai ancora bisogno vai da uno specialista. A questo punto un cittadino qualunque, data anche la pressione fiscale al 42,4%, si aspetta che un servizio costituzionalmente garantito e, comunque alquanto scadente, sia almeno gratuito. Invece no! Ho dovuto pure pagare 55 € a titolo di non so cosa, per il solo fatto di aver usufruito del Pronto Soccorso, un servizio pubblico essenziale.
E mi è andata pure bene, dato che il malessere fisico si è poi risolto. Non oso immaginare il calvario di chi, purtroppo, ha problemi più seri ed ha a che fare con la sanità italiana e le sue storture e lentezze. A meno che non vai dai privati e paghi. Tutto questo è inaccettabile.
E finché sentiremo frasi del tipo “questa è l’Italia, che ci vuoi fare?” oppure “così vanno le cose, non lo sapevi?”, non cambierà mai nulla. Però, nelle sale d’attesa degli ospedali, almeno non lamentatevi”.