SAVA. Cimitero. “Non sono più padrona di portare un fiore o una pianta sulla tomba di mio marito”

SAVA. Cimitero. “Non sono più padrona di portare un fiore o una pianta sulla tomba di mio marito”

L’esasperazione di una vedova savese al nostro giornale

“Grazie ai ladri che portano via i pensieri floreali, non porto più nulla per il ricordo del mio caro marito”. Esordisce così una vedova savese, esasperata e  vittima di diversi furti perpetrati all’interno del nostro cimitero.

“E non è solo una volta che questo mi è successo”, continua nella sua denuncia.

“In tutti questi mesi se dovessi fare l’elenco delle occasioni in cui sono spariti i fiori dalla lapide, sicuramente arriverei ad una ventina di volte”, conferma amaramente. Ma c’è di più.

“Prima del passato Natale comprai una orchidea e, come oggi messa, il giorno dopo era sparita”.

Continua il monologo della vedova savese: “Ho alcune amiche nei paesi vicini, tipo Torricella o Maruggio, e quando gli racconto queste mie triste vicissitudini restano di sasso in quanto nei loro paesi questo non succede affatto”.

Questo è per quanto concerne la cronaca che, spesso e mal volentieri, azioni di questo genere si verificano all’interno dell’immensa area pubblica cimiteriale. E in altre occasioni abbiamo sollecitato l’amministrazione comunale, come giornale, per l’ausilio di telecamere in modo da rassicurare i parenti dei defunti che i pensieri ai loro cari non vengano “rubati”.

Con la video sorveglianza, oltre a riprendere furti di altro genere nel cimitero, si può tranquillamente vedere chi è autore di simili gesti che non hanno nulla di spiegabile e tanto meno di comprensibile. Sono furti e basta.

Ma parlare, o meglio indicare, come fare a risolvere questo rincrescioso problema vuol dire parlare con i sordi con questa amministrazione di strafottenti, spocchiosi e boriosi.

Buoni solo a esaltarsi oltre il dovuto per le misere cose che vengono fatte nel paese.

Quando, quel poco che fanno, è di normale amministrazione e su tutto sono pagati dal savese per risolvere i problemi della propria comunità.

Giovanni Caforio

viv@voce

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