Crisi settore lattiero caseario, da allevatori e caseifici pugliesi una piattaforma salva filiera

Crisi settore lattiero caseario, da allevatori e caseifici pugliesi una piattaforma salva filiera

È pace fatta tra produttori di latte e trasformatori. Trattativa in videoconferenza sul prezzo. Stilato un documento congiunto a sostegno dell’intera filiera inviato alla Regione Puglia

Torna il sereno tra i caseifici del Barese Artigiana, Deliziosa, Gioiella e Palazzo e gli allevatori, dopo le polemiche dei giorni scorsi.

La vertenza è stata archiviata una volta raggiunto l’accordo sul prezzo all’origine del latte bovino. I trasformatori hanno accettato di incontrare in videoconferenza CIA Puglia, UCI – Puglia, Fedagripesca Puglia, Legacoop Puglia e AGCI-Associazione Generale Cooperative Italiane Puglia. Insieme hanno preso atto del momento di crisi dell’intero comparto lattiero caseario a causa dell’emergenza Covid19 e hanno convenuto sull’esigenza di scongiurare ulteriori inutili tensioni, in un clima già appesantito da tutte le limitazioni e prescrizioni disposte dagli innumerevoli provvedimenti nazionali e regionali.

I caseifici hanno chiarito che il pagamento per il mese di marzo di 0,36 euro al litro, oltre ai premi qualità, debba intendersi a titolo di acconto ai produttori di latte bovino e, nel contempo, le parti hanno inviato alla Regione Puglia un documento congiunto chiedendo interventi certi a sostegno dell’intera filiera.

È stato costituito un tavolo di concertazione al fine di condividere una piattaforma della filiera da sottoporre, non solo alle istituzioni regionali, ma anche nazionali ed europee per fronteggiare la situazione contingente ed utile al mantenimento della spina dorsale dell’economia rurale delle zone interne della regione, a partire dal Gargano fino alla Murgia Barese e Tarantina, anche onde evitare di mettere a rischio gli sforzi fin qui fatti per il riconoscimento del marchio a Denominazione Protetta della mozzarella pugliese. 

Alle istituzioni regionali e nazionali, allevatori e caseifici chiedono sostegni finanziari e fiscali che siano garantiti ai soggetti della filiera che rispetteranno l’accordo che si andrà a sottoscrivere con le istituzioni e che acquistano, in percentuale rilevante rispetto al totale, latte fresco dalle aziende del territorio pugliese.

Nella piattaforma, tra le altre cose, le parti chiedono: una rapida ed incisiva azione per la distribuzione di “prodotto solidale” a marchio Italia, che favorirebbe l’assorbimento da parte delle grandi catene distributive, salvaguardando, nel contempo, il consumatore finale ed evitando scelte d’acquisto orientate su prodotti a basso costo e privi di garanzie produttive; sostegno all’utilizzo di cagliata locale, anche in deroga alle norme sull’autoconsumo del diretto produttore, da parte di strutture di trasformazione che normalmente fanno uso di prodotto estero; un contributo alla macellazione delle vacche da latte, strumento in regime “de minimis”, che permetterebbe di evitare i fenomeni speculativi che oggi si stanno ripetendo, da parte di commercianti senza scrupoli, a danno degli allevatori.

Al Governo, in particolare, si sollecita di dare immediata attuazione del provvedimento inserito nel cosiddetto “Emergenze in agricoltura” che prevede l’istituzione presso il Ministero dell’Agricoltura del registro delle importazioni di latte vaccino, ovino, caprino e dei derivati da Paesi dell’Unione Europea ed extra UE, e l’istituzione di un registro dei dati dei quantitativi di prodotto importato, lavorato ed eventualmente stoccato, per fare in modo di avere i dati nazionali reali, certi e consultabili sulle importazioni.

La Puglia ha una produzione media annua di circa 3,3 milioni di quintali di latte, con oltre 2mila aziende con vacche e bufale, circa 3mila con ovini e caprini da latte e circa 200 caseifici con un fatturato medio complessivo che si aggira intorno ai 220 milioni di euro. Nel solo mese di marzo, a seguito del lockdown, circa 82.500 quintali di latte sono stati trasformati dai caseifici in prodotti a media-lunga stagionatura (es. caciocavallo, scamorze, provoloni, cagliate, ecc.), al fine di alleggerire il mercato del latte fresco e consentire il mantenimento dei livelli produttivi, quantitativo al quale si aggiungono ben altri 27.500 quintali che non sono stati ritirati.

Nel breve periodo, inoltre, si è registrata un’improvvisa impennata dei costi dei prodotti destinati all’alimentazione del bestiame e, in molti casi, una riduzione delle tempistiche normalmente accordate per i pagamenti, quasi che l’industria mangimistica ritenga di non potersi più fidare delle capacità di solvenza della zootecnia da latte.

L’incertezza dell’incasso degli importi attesi, l’aumento improvviso ed improvvido dei costi alimentari (che rappresentano oltre il 50% del costo di produzione del litro di latte), l’incognita del mancato ritiro in un prossimo futuro, sono tutte condizioni che stanno spingendo le aziende da latte ad optare per situazioni spesso drastiche.

È aumentata la vendita di vacche da macello, tanto da portare i macellatori a deprezzare fortemente l’articolo e si operano scelte gestionali che potrebbero deteriorare fortemente lo stato di salute di intere mandrie e danneggiare un lavoro di selezione e di specializzazione che ha richiesto anni d’impegno ed investimenti di capitali pubblici e privati.

“Auspichiamo che la piattaforma stilata dal mondo agricolo e dalle aziende di trasformazione trovi la più ampia condivisone possibile – ha affermato Vito Laterza dell’UCI Puglia a nome di tutti i rappresentanti agricoli che hanno partecipato alla concertazione – per gli interessi di un comparto che se non tutelato rischia di naufragare”.

Giampiero Laera

 

viv@voce

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