Sabrina Matrangola: “Mia madre era una donna che sapeva scegliere contro il pensiero dominante”
Intervista a Sabrina Matrangola, figlia di Renata Fonte, assessore comunale, assassinata a Nardò (Le) nel 1984
Renata Fonte
Sono passati quasi 30 anni dalla morte di Renata Fonte. Se un ragazzo oggi dovesse chiederle “chi era sua madre?”, lei che risposta darebbe?
Era una donna a tutto tondo, era un artista, era una mamma, una sposa, scriveva poesie, racconti,era anche e soprattutto, fino adesso, conosciuta come donna impegnata in politica, assessore prima alle Finanze, poi alla Pubblica istruzione e alla cultura. Amava il suo territorio, amava la sua terra e amava la sua gente e per preservare l’ambiente dalle speculazioni e dalle lottizzazioni selvagge del cemento che purtroppo ritornano ricorrentemente e ciclicamente a Porto Selvaggio ha dato la sua vita ed ha sacrificato tutto per salvaguardare il suo Salento e Porto Selvaggio.
In che clima politico maturò l’uccisione di Renata Fonte?
Nel 1984, Nardò era accesissima nella lotta politica, c’era un pentapartito, molto litigioso, in cui il peso dei partiti era estremamente differente e con spesso interessi divergenti, per cui governare insieme non era facile. Nostra mamma ci faceva spesso partecipe sia dei suo interventi in Consiglio comunale, sia di quello per cui lottava quotidianamente: il suo territorio e la salvaguardia della legalità. Noi percepivamo, effettivamente, la fatica di questa donna che riusciva ad essere tutte queste cose insieme e che soffriva profondamente ed era profondamente amareggiata da questo clima che ne sconvolgeva la vita quotidiana e le svelava una politica diversa dagli ideali mazziniani in cui lei credeva. Una politica fatta di sotterfugi, di compromessi a cui lei, comunque, non avrebbe mai e poi mai, come è effettivamente accaduto, accettato di piegarsi.
Sabrina Matrangola
Questa è la storia e la storia sappiamo benissimo che non la possiamo cambiare, la possiamo soltanto leggere e, al tempo stesso, insegnarla anche agli studenti. Concorda?
Certo che concordo. Io insegno alle scuole superiori, quindi chi più di me può percepire che nelle giovani generazioni c’è una volontà di riscatto del passato e di coniugare la memoria, che non è solo ricordo, con l’impegno. Anche il voler vivere la propria cittadinanza in maniera attiva, il voler partecipare, essere consapevoli, rivedere il proprio passato ed avere gli strumenti e le risorse per vivere e prospettarsi un futuro migliore significa anche questo,quindi, un messaggio di corresponsabilità, di impegno comune, di memoria coniugata sempre con un valore esemplare e vivo che queste figure così emblematiche, queste icone, devono avere e ci devono spingere e devono spingere le nuove generazioni a dare il meglio di sé, impegnarsi in prima persona, anche nel piccolo quotidiano perché tutti insieme si può e si deve.
Essere figlia di Renata Fonte è un’eredità molto pesante ?
E’ meraviglioso, stupendo, perché la nostra mamma ci ha dato tanto di quell’amore che ancora oggi ci basta, ancora oggi ci sorregge nel piccolo che facciamo ogni giorno, nelle nostre fatiche di essere spose e madri a nostra volta, professioniste nel lavoro e cittadine attive. Quindi, è un amore che ci alimenta quotidianamente, che ci dà la forza anche di ricordarla agli altri e di farla conoscere in tutti i suoi aspetti anche se questo ci costa tanta fatica e dall’altra parte ci rende immensamente orgogliose di essere sue figlie.
Tante manifestazioni, tanti incontri pubblici per manifestare e per far capire agli altri la realtà di quegli anni che non è molto differente da quella di oggi. In tutti questi anni, il commento che maggiormente l’ha colpita di più quale è stato?
E’ la definizione che Luigi Ciotti, il presidente di Libera, ha dato della mia mamma, e cioè che era una donna eretica, era una donna che sapeva scegliere contro il pensiero dominante, pensava controcorrente ma pensava e credeva profondamente a quello che poi ha, effettivamente, vissuto. Quindi, ha reso carne la sua idea mazziniana e ha reso sacrificio il suo impegno nella politica.
Giovanni Caforio