QUANDO VEDIAMO UN FILM E CI RISPECCHIAMO ALL’IDEA DI COME ERAVAMO …
Dal film “Tutto l’amore che c’è” di Sergio Rubini, ovvero molte realtà vicinissime alla nostra adolescenza
La trama: un importante industria del nord ottiene i finanziamenti della Cassa del mezzogiorno. Immediatamente mette in moto tutti gli strumenti per edificare l’opificio industriale. Il tutto si svolge in una cittadina del barese. Il responsabile è un ingegnere brianzolo il quale si trasferisce con tutta la famiglia nella provincia del capoluogo pugliese. La famiglia dell’ingegnere è composta, oltre che dalla moglie, anche da tre graziose ragazze. Giovanissime cominciano a familiarizzare con i ragazzi del paese. Erano gli anni ’70, i costumi dei nostri paesi erano arcaici e si scontravano con quelli del nord avanti, molto avanti rispetto a noi.
Il rituale dell’epoca era il solito: nà morra ti masculu e tre femni (tradotto è tanti ragazzi e pochissime ragazze). Le ragazze lombarde escono volentieri la sera, a differenza delle locali che hanno il “coprifuoco”, i ragazzi del paese sono allettati da questi incontri amichevoli e il solo fatto di stare a far tardi la sera e dialogare con loro era già una grandissima ed eccezionale novità. Questo, a volte, ci porta a pensare quando l’estate andavamo a Torre ovo e aspettavamo con ansia di conoscere le nostre coetanee del nord in quando avevano più raggio di movimento rispetto alle “nostrane”.
Le nordiche ci permettevano di stare sotto il loro ombrellone, a differenza di quelle paesane che quando ci avvicinavamo, al loro ombrellone, era pronta la triste nota: “Scjì sciabtnì ca mò venivi mama e ci veni sierma a mazzati scjì spicciati”. Tradotto è: “Andatevene che ora arriva mia madre e se arriva anche mio padre litigate di brutto!”. Questo era lo status dell’epoca. Amaramente ci allontanavamo dalle paesane con l’amaro in bocca.
Ma quando vedevamo una ragazza del nord, sotto l’ombrellone era una delizia: ci facevano accomodare e contenti dialogavamo volentieri con loro. Andiamo al film ora. I ragazzi del paese, circa una decina, intelaiano una bella conoscenza con le ragazze lombarde. Qualcuno di loro era fidanzato in “casa” ma la veduta delle belle, e disponibili, ragazze fece traballare di brutto il fidanzamento.
Si vedono spesso e quasi quotidianamente, con i loro motorini e qualcuno con l’Ape Piaggio 600 del padre, vanno in giro per le campagna e per i luoghi belli del paese. Qualcuno dei ragazzi si innamora di una delle sorelle, qualcun altro molla la fidanzata che aveva per correre tra le braccia accoglienti, e disponibili, dell’altra. Insomma, si cambiano abitudini in virtù dell’arrivo in paese delle tre ragazze. La scena clou del film è questa: i ragazzi vengono invitati dalle lombarde nella loro villa alle 24.
Già mezzanotte e figuriamoci che aria tirava allora nei paesini di provincia per le loro abitudini imposte dai genitiori alle ragazze del posto. Alle 21, d’estate, bisognava stare a casa sempre se si aveva la fortuna che le facevano uscire la sera! Andiamo alla casa delle lombarde. Ore 24 tutti nella sala grande. Erano in tutto una quindicina di ragazzi, tra cui solo tre ragazze. Queste ultime dicono agli ospiti se vogliono organizzare una spaghettata. Risposta scontata. Si mettono all’opera. Apparecchiano il tavolo, fuoco al pentolone e si respira un aria innovativa.
Mentre i ragazzi stanno tutti nell’enorme sala arrivano i genitori delle ragazze. Sono le 0.30. Il padre, il responsabile dell’azienda del nord, saluta i ragazzi e gli augura la buona notte. La madre invece rivolta alle figlie dice testualmente: “Ragazze non fate rumore. E poi una volta che finite gentilmente ricordatevi di spegnere le luci. Buona notte amori miei”.
Subito dopo saluta anche i ragazzi ospiti. Una volta andati via i genitori, due ragazzi del gruppo restano meravigliati di così tanto garbo nei confronti delle figlie. Uno dei due dice all’altro: “Hai visto come si è rivolto il padre e la madre alle figlie?” Risponde l’altro: “Certo. Mai visto un comportamento dei nostri genitori in un modo garbato come questo”. Nota affermativa dell’altro il quale dice testualmente: “Mò dovevi vedere se stava mio padre al posto del padre delle ragazze. Sai cosa avrebbe detto?” Risponde l’amico: “Cosa?” Scattante la risposta finale. “Nculà a chi tè muertu, stuta la luci!”
Giovanni Caforio