“UAGNU’, LA CITTA’ NON G L’AMMA SQUASCIA’ UAGNU’, AMMA ESSER CRISTIAN, AMMA FA’ VDE’ …”
Il discorso, in stretto dialetto tarantino, dell’operaio che irrompe sul palco durante il comizio dei delegati sindacali confederali
“Ah uagnù, la colpa è anche la nostra uagnù … colleghi miei, uagnù, l colleghi miei ann sciut a fatià stamatin, ann sciut a vascià a cap ‘nnanz u gabinett… La colpa è anche la nostra. Non siamo noi il sindacato? E cu nuj annà parlà non cu lor… a tavolino vanno sempre loro a parlare, ma com caspit ca non vu scaffat ‘n cap?! La FIOM fa l scioper’ e l manifestazion’ per avere cento… quattr jatt, il giorno dopo, la UIL, la CISL, fann u scioper pu stess mutiv, ma voln vind e nu serv né nu scioper, né l’otr. Mai, in dodici anni, mai ann ditt ‘beh oh, mo arrivam a cinquand tutt’e doj…’ no! niente! Perché? Non lo so, perchè! Non ti danno nemmeno le spiegazion… ma io sto parlando uagnù perché, se faccio parlare loro, è timb pers… ann’arrivà l nov…”. L’operaio viene interrotto da un uomo sul palco, poi riprende “scusami, ogni segretario a qua… io, vi ho tolto il microfono, ca va ste ve ruvinat l’assemblea… ce no…” viene interrotto nuovamente “ve la state rovinando, ogni volta…”. Si accende una specie di dibattito fra l’operaio e i vari uomini sul palco e l’uomo cerca di fargli capire che ha intenzione di continuare il suo discorso. “Io sto parlando per loro, non per voi, io sto parlando per loro… non riuscite a finire una ca**o di assemblea senza essere fischiati, ma v’ rendit cond? Un’assemblea no riuscit a fa’! L’assemblea d’Italia è questa? Ce cazz stonn a fa’ ‘ste bandier a qua? Che cazzo stanno a fare? L’avit a luà! Siete tutti unitari? Siete uniti? Che cazzo mi rappresentano ‘ste cose?” Il pubblico applaude le parole dell’operaio mentre uno degli uomini sul palco tenta di prendergli il microfono dalle mani senza riuscirci. Dunque l’operaio riprende il discorso. “Uagnù, la città non g l’amma squascià uagnù, amma esser cristian, amma fa’ vdè… però, non state dietro al sindacato, non g’amma squascià nind, non dobbiamo creare casino, amma manifestà… però, dico io, voi sindacalisti, invece di venire qua e di raccontare la settimana, dite da venerdì, pur ce s risolvn l cos, per far accelerà, a Riva! A Riva! Lui deve accelerare… vuj ste parlat da magistratur a qua e no raccundt puttanat… la magistratur? Ma v rendit cond, ca tenit cinquand’ann d st’avvenimend n’otr picc? Ca qua v pajn a uecchij, v pajn…” la folla applaude e l’uomo prosegue col suo discorso “ma ce ste applaudit uagnù? A qua avit assè l pall uagnù, avit assè l pall, piccè prim d’anghianà quassus ‘ah, a scè parlà? Brav u stuedc ca a da scè parlà!’ Ij stoc e parl pur p chidd mongoloid ca disc ca ij so u stuedc… purtroppo a qua fascim l fatt, for do stabilimend e sim timbrat com uagnun brutt, però quando facciamo casino sul posto di reparto, pure ca c mang ‘na sedji, è p fa zttà l cristian… non perché vogliamo creare casino. E l sindacat do ston? Abbiamo parlato, arriveranno le sedie, le puttanat… figuriamoci se siete in grado di mandare avanti sto bordello, si nu tenit l cristian, vu no valit ‘na lira, no valit… “. Ancora, la folla, applaude e grida “bravo” all’operaio che però non si lascia interrompere. “Eh bravo… ca quist l’avita capì però! Amm’arrivat a ‘stu pund, c’anna chiudr u stabilimend, mo sit brav vu? Sim picc sim, uagnù. Sce pigghiatl l cristian ca stonn e fatian, scaffatl a cap ‘ndo computer, mannatl ‘mminz a strad, a qua sit p manifestà solamente l’otto dirigenti, ma l mettim u tappet a l’otto dirigenti… n’ann ‘nguaiat chidd a nu… quelli erano quelli che sulle carte dicevano ‘avita fatià uagnù’ e vu l ve sciat liccà u cul pur, gli otto dirigenti, anna scè ‘n galer, piccè l cristian ann muert, anna scè ‘n galer! Fors piccè niscun d vu ha avut problemi ndr a cas! M’agghj fatt l’ultim quindici giurn da mio suocero, indr o litt, ca sa cunsumt… e vu ste discit ‘a magistratur’e quel pezzo di merda sta agli arresti domiciliari, in galera a da sta”.
Parole di un uomo disperato e pieno di rancore, ecco quello che emerge da questo video. Un’assemblea dei sindacati viene interrotta da quest’uomo che sale sul palco per parlare faccia a faccia con colleghi e “rappresentanti”. Spiega di come questa situazione ormai precaria si sia venuta a verificare a causa, anche, del comportamento dimesso e permissivo degli stessi operai. Operai che pur sapendo la vera situazione hanno continuato a lavorare e subire in silenzio facendo parlare per loro i sindacalisti che, a quanto pare, risultano molto più interessati alle loro tasche che agli interessi dei lavoratori stessi. L’operaio umilia letteralmente gli uomini sul palco spiegando di come loro sono qualcuno solo grazie agli stessi lavoratori e nonostante tutto, invece di aiutarli, si cullano nelle loro posizioni e non risolvono mai nulla di concreto. I sindacalisti accusano la magistratura della situazione quando, in realtà, l’unica persona con la quale dovrebbero prendersela è Riva. L’unica persona sulla quale fare pressione è il proprietario dello stabilimento.
La folla di gente è totalmente d’accordo con l’uomo ma lui ha parole dure anche per loro: la gente adesso lo applaude, gli grida “bravo”, ma fino a poco prima sembrava fregarsene della situazione e osavano criticare e insultare chi aveva il coraggio di dire le cose come stavano.
Quindi l’operaio esterna tutta la propria rabbia accusando coloro i quali hanno dato a Riva solamente gli arresti domiciliari, mentre a causa sua e della sua impresa, molte persone sono morte. Egli quindi conclude il discorso esclamando il suo desiderio di vedere l’imprenditore in carcere.
Alessandra Cuocci