Il colera si diffonde dai Caraibi alle Americhe. Alcuni italiani sono stati infettati a Cuba e poi hanno esportato il virus in Italia
Il Messico ha confermato 171 casi dello stesso ceppo che dal 2010 ha ucciso più di 8.800 persone di Haiti, Repubblica Dominicana e Cuba
Dopo i casi in Messico e il messaggio d’attenzione rivolto ai turisti da parte dello “Sportello dei Diritti” nelle scorse settimane, associazione che per prima in Italia aveva segnalato una serie di focolai negli stati del paese centroamericano, arrivano le conferme che l’epidemia di colera scoppiata tre anni fa ad Haiti e diffusasi anche in Repubblica Dominicana e Cuba ha iniziato a diffondersi in America continentale. Durante l’ultimo mese sono stati,infatti, confermati i 171 casi in Messico di un ceppo per il 95% simile a quello che sta circolando attualmente nei Caraibi e, che a sua volta proviene dal Sud dell’Asia.
Nel mese di agosto anche una mezza dozzina di casi sono stati rilevati in Venezuela e Cile. La Pan American Health Organization teme che la malattia si possa diffondere in tutto il continente e diventare, in ultima analisi, una minaccia globale. Il batterio del colera si può trovare in alimenti e acqua contaminati. Le persone più povere che vivono in pessime condizioni igienico – sanitarie in genere sono ovviamente più a rischio di infezione.
Una volta che i batteri si sono insinuati negli intestini umani si manifesta diarrea, vomito e febbre. La malattia può diventare acuta e portare alla morte se non tempestivamente ed adeguatamente curata. Solo per ricordare quanto già segnalato dall’associazione, rileva Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, tra il 9 settembre e il 18 ottobre scorso, le autorità sanitarie del Messico hanno registrato un totale di 171 casi di colera diffusosi in alcuni stati, in particolare Hidalgo, Veracruz e San Luis Potosi.
Un paziente è morto e per 39 di loro é stata necessaria l’ ospedalizzazione, per quanto confermato dal National Focal Point per il Regolamento sanitario internazionale del Messico. Nello stato di Hidalgo è stato possibile stabilire che l’acqua di un fiume era la principale fonte di contaminazione. Era dall’epidemia scoppiata in Messico nel decennio 1991-2001 che non si erano registrati nuovi focolai di colera. Questa volta, però, il ceppo è diverso: il loro profilo genetico “ha una somiglianza elevata (95%) con il ceppo attualmente in circolazione in tre paesi dei Caraibi (Haiti, Repubblica Dominicana e Cuba)”, ha stabilito l’ultimo aggiornamento epidemiologico pubblicato il 19 ottobre dalla Pan American Health Organization. Jon Andrus, vice
direttore della Pan American Health Organization per gli Stati Uniti Public Radio (NPR, per il suo acronimo in inglese) ha detto che “É un punto di svolta per noi. (La diffusione del colera) è in realtà una minaccia regionale e ora una minaccia globale per la salute “. Ha inoltre, aggiunto che “Abbiamo condotto una campagna in tutti i paesi della regione affinché restino in guardia”. L’epidemia che colpisce da tre anni nelle isole dei Caraibi e da allora ha ucciso 8874 persone ha cominciato a diffondersi in Haiti nel mese di ottobre 2010.
Il primo caso è stato segnalato il 16 nella città di San Marco, che si trova nella provincia di Artibonite, un paio d’ore di macchina da Port-au- Prince, la capitale. In pochi giorni, i batteri si erano sparsi sulle rive del Artibonite, dove attingono l’acqua tutti i villaggi vicini.Gli haitiani hanno rivendicato la responsabilità di un gruppo di soldati delle Nazioni Unite di stanza nella regione , che avrebbero contaminato con le loro feci il fiume. Un totale di 8.413 persone sonomorte ad Haiti dall’inizio della malattia fino al 12 Ottobre 2013, secondo l’ultimo rapporto del Ministero della Salute e della popolazione di Haiti. E in tutti i dipartimenti del paese vengono segnalati nuovi casi ogni settimana. Dal 2010, un numero impressionante di haitiani, nel silenzio pressoché generale della comunità internazionale, ben 685 509 è stato infettato e il 55,6% ha richiesto l’ospedalizzazione.
In Repubblica Dominicana, che condivide con Haiti l’isola di Ispagnola, l’epidemia é iniziata un mese dopo, nel novembre 2010. Da allora, 31.070 pazienti sono stati diagnosticati e 458 sono morti. Il numero di morti è aumentato considerevolmente nel 2013 rispetto ai due anni precedenti: a fine 2012, il tasso di mortalità era del 0,8%, mentre nel mese di ottobre di questo anno è salito al 2,1%, quasi il doppio del numero medio di decessi registrati finora ad Haiti, che è ancora 1.2%. I batteri si sono diffusi anche a Cuba, ma le autorità locali non hanno ufficialmente informato circa il verificarsi di nuovi casi dallo scorso agosto.
Finora, 678 persone erano state diagnosticate nelle province di Camagüey, Granma, Guantanamo, L’Avana e Santiago de Cuba, e tre di loro erano morti. Secondo le informazioni fornite da OPS, almeno cinque stranieri- provenienti da Venezuela, Cile e Italia, sono stati infettati a Cuba e poi hanno esportato il virus nei loro paesi.
Alla luce di questi preoccupanti dati, confermati da autorità sanitarie internazionali oltre che da quelle nazionali, Giovanni D’Agata ribadisce l’invito a turisti e viaggiatori che si recano nei paesi evidenziati, ad osservare tutte le misure di prevenzione e profilassi per evitare il contagio. Basti ricordare che l’acqua costituisce uno dei principali vettori della malattia. È quindi, assolutamente raccomandabile bere solo acqua in bottiglia.