INCHIESTA. PARLIAMO DELLE RIFORME CHE NESSUNO VUOLE

INCHIESTA. PARLIAMO DELLE RIFORME CHE NESSUNO VUOLE

Liberalizzazioni farlocche e tutela di caste e lobbies. Elettori, attenti al trucco. Alzate la testa

Tra liste bloccate per amici e parenti e boutade elettorali, ogni nuova tornata elettorale, come sempre, non promette niente di nuovo: ergo, niente di buono. I vecchi tromboni, nelle idee più che nell’età, minacciano il nostro futuro – dice il dr Antonio Giangrande, scrittore dissidente e presidente dell’Associazione Contro Tutte le Mafie ( www.controtuttelemafie.it ) – Nomi e numeri: al 15 agosto 2012 il parlamentare con maggiore permanenza (40 anni) alla Camera è Giorgio La Malfa, ex ministro negli anni 80, tra i leader del Partito Repubblicano, di cui suo padre Ugo è stato uno storico dirigente: il suo debutto da onorevole risale al 1972. Al secondo posto Mario Tassone, (Udc) deputato da 34 anni e 14 giorni. Quindi Francesco Colucci (PdL) 33 anni e 34 giorni. Al quarto posto, appaiati, due “big” della scena politica nazionale: i presidenti della Camera Gianfranco Fini (Fli) e il leader Udc Pier Ferdinando Casini, entrambi con 29 anni e 32 giorni. ln Senato è il presidente della Commissione Antimafia Beppe Pisanu ad essere saldamente al primo posto: 38 anni e 128 giorni per lui. Il secondo, Altero Matteoli del Pdl, è staccato di ben 9 anni, come il collega di partito Filippo Berselli. La presidente dei senatori del Pd Anna Finocchiaro è all’ottavo posto con 25 anni e 42 giorni, più di Emma Bonino (21 anni e 90 giorni), ma soprattutto più di Franco Marini: 20 anni e 111 giorni. Maurizio Gasparri e i leghisti Roberto Calderoli e Roberto Castelli sono parlamentari da 20 anni. E Pedica? Lui, che ha fatto le pulci ai suoi colleghi, stilando la classifica dei vecchi, non lo scrive ma, eletto la prima volta alla Camera il 6 giugno 2006 (ora è al Senato), finora ha trascorso da onorevole 6 anni e 71 giorni.

Paolo Del Debbio che su Rete 4 ha condotto la prima puntata di Quinta Colonna in risposta ai cittadini in esterna a Roma che dicevano che i politici erano tutti uguali e che dovevano andare a casa ha risposto: “ma li vota la gente, li votate voi”. Bene. Questi giornalisti pagati dalla politica e dall’economia se nei loro salotti, anziché ospitare le solite litanie di vecchi tromboni con idee vetuste sulla società, invitassero qualcuno con idee innovative, forse sì che si farebbero le riforme.

RIFORME VERE, NON ARTEFATTE E MILLANTATORIE

Per esempio vi ricordate delle liberalizzazioni di Bersani? Dopo due decenni alla voce carburanti i rincari più pesanti: +170%. Ma anche l’assicurazione non scherza: i costi sono triplicati e ora contano per il 17% del totale, mentre le tasse ammontano al 6%.

Per esempio sui concorsi pubblici a 13 anni dall’ultima selezione per esami e titoli – che si è svolta in ambito regionale soltanto per alcune classi di concorso – e dopo 22 anni da quella precedente, ancora valida per le materie d’insegnamento con le graduatorie più affollate, è facile immaginare che le persone interessate al concorso di insegnante sono davvero parecchie. La dichiarazione più autorevole è quella dello stesso Ministro dell’Istruzione Francesco Profumo che parla di concorso destinato a coloro che sono già abilitati. In questo caso potrebbero partecipare tutti gli inclusi nelle graduatorie ad esaurimento dei precari e tutti coloro che, pur non essendo inclusi in queste liste, si sono abilitati attraverso i precedenti concorsi a cattedre. Insomma, chi lo dice ai candidati che questo non è un concorso, ma una sanatoria al precariato.

Ora parliamo delle riforme forensi ed in particolar modo di accesso alla professione. Tralasciando le innumerevoli interrogazioni parlamentari che denunciano le anomalie e l’irregolarità di un concorso che tutti sanno essere truccato ed impunito, passiamo all’analisi politica dell’approccio al problema. Con l’avvento di Berlusconi con le sue abbindolanti promesse di libertà si ebbe l’illusione che l’Italia delle professioni stesse per cambiare.

L’on. Luca Volontè, (UDC) alla Camera, il 5 luglio 2001, presenta un progetto di legge, il n. 1202, in cui si dichiara formalmente che in Italia gli esami per diventare avvocato sono truccati. Secondo la sua relazione diventano avvocati non i capaci e i meritevoli, ma i raccomandati e i fortunati. Propose il doppio binario di abilitazione: esame ed al suo superamento l’abilitazione ovvero patrocinio legale di 6 anni ed al termine l’abilitazione. Nel 2003 (Legge 180, conv. Dl 112) si è partorito dalla mente geniale dei leghisti l’obbrobrio della pseudo riforma razzista dei compiti itineranti. Il 12 luglio 2011 sulla strada dell’approvazione della finanziaria il governo ha vissuto una giornata incandescente. Questa volta non si è trattato di proteste dell’opposizione o di leggi ad personam del premier. Il caso è esploso all’interno del Popolo della libertà. Perché diversi esponenti del partito hanno alzato le barricate contro una norma sulla liberalizzazione degli ordini professionali. Dopo una raccolta di firme di parlamentari del Pdl, è arrivata la retromarcia dell’esecutivo, con il ministro per i Rapporti con le Regioni Raffaele Fitto che ha spiegato: “E’ stata raggiunta l’intesa tra maggioranza e governo sull’emendamento relativo alla liberalizzazione delle professioni”. L’annuncio dopo un incontro tra il presidente del Senato Renato Schifani, il ministro dell’Economia Giulio Tremonti e altri membri del governo. Nella nuova versione della norma dovrebbe esserci una distinzione tra gli ordini professionali che sostengono l’esame di Stato e quelli che non lo sostengono. Il governo ha concesso le modifiche all’emendamento dopo che 22 senatori del Pdl avevano inviato una lettera ai presidenti del Senato, del gruppo Pdl e della Commissione Bilancio di Palazzo Madama per esprimere la loro netta opposizione alla liberalizzazione degli ordini professionali.

E dopo che all’interno del partito era iniziata una raccolta di firme. Tra gli ordini colpiti ci sarebbe stato quello degli avvocati: secondo il disegno del governo per esercitare la professione di avvocato in futuro sarebbe stato sufficiente avere conseguito la laurea e avere svolto il praticantato. “Fino a quando non verrà tolta la norma che abolisce gli ordini professionali, noi il testo – assicurava un avvocato del Pdl – non la voteremo mai dovesse anche cadere Tremonti”. Gli avvocati del Pdl sono 44, 13 i medici, un solo notaio. A difesa della posizione degli avvocati del Pdl, si era schierato forse il più noto tra loro: Ignazio La Russa. “Da avvocato ritengo che sia una norma che merita un approfondimento ulteriore. Non mi sembra materia da inserire in un decreto. Ritengo che la protesta degli avvocati – conclude La Russa – non sia affatto irragionevole”. Un’altra presa di posiziona, che rende l’idea del caos nel partito, è stata quella del capogruppo al Senato Maurizio Gasparri, secondo il quale il tema dell’abolizione degli ordini professionali “non sussiste. La formulazione del tema è già superata. Molti reagiscono a un testo che non c’è. Comunque ne stiamo parlando”.

Da qui si è capito che il centro-destra vuol tutelare gli ordini, quindi le lobbies. Da loro non arriveranno mai riforme. Della serie: i raccomandati alla riscossa.

Conosciute le pubbliche virtù del centro destra, si sperava nel centro sinistra, che a parole sono contro i poteri forti. L’On. Mario Lettieri (Margherita) presenta alla Camera una proposta di legge, n. 4048/03, contro gli abusi a danno dei Praticanti Avvocato, prevedendo la remunerazione per gli stessi e l’abolizione dell’esame. I Democratici di Sinistra, invece, chiedono un accesso alla professioni forense più rigoroso – si parla addirittura di concorso, non di esame di abilitazione – si schierano contro l’abolizione delle tariffe minime e massime che favorirebbero i Giovani Avvocati ed i praticanti abilitati e ripropongono quell’aberrazione rappresentata delle scuole di formazione forensi e post-universitarie a pagamento ed obbligatorie per potere sostenere l’esame forense.

Relazione introduttiva di Massimo Brutti (Responsabile DS Giustizia). Dal Convegno “Giustizia: voltare pagina; Il contributo dei Ds a un nuovo programma di governo” (30 giugno 2005) [………….] L’accesso alla professione va reso maggiormente selettivo e il concorso (nazionale o decentrato in più sedi, ma non certo presso ogni distretto) deve rappresentare il compimento di un complesso percorso di professionalizzazione, a cui dovrebbero contribuire Università, scuole comuni di formazione e scuole forensi.[………….]

Non basta: dello stesso parere il Senatore Guido Calvi DS che nello stesso convegno si è scagliato anche contro il numero eccessivo e patologico di avvocati e contro l’esame troppo facile.

La Proposta dei DS sulla Giustizia. 2 Novembre 2005. Commissione progetto DS. Area Istituzioni e Pubblica amministrazione. Le politiche istituzionali……………D’altro canto, gli abnormi numeri dell’avvocatura italiana (quasi 160.000 avvocati) ci dicono che il problema non è affatto, come per altre professioni, quello di una maggiore apertura alla concorrenza, ma di come garantire l’indipendenza, la professionalità e la responsabilità di professionisti così decisivi per la tutela di diritti primari dei cittadini…………..La professionalità deve essere assicurata sia attraverso una maggiore selezione all’accesso, sia attraverso verifiche periodiche. In proposito, possibili strade appaiono: a) una selezione di merito nell’accesso a scuole post-universitarie obbligatorie e al tirocinio, ……………Proponiamo una liberalizzazione delle tariffe relative alle consulenze ed alle attività extra-giudiziarie…………… (quindi non abolizione di quelle giudiziali che più interessano ai praticanti abilitati ed ai Giovani Avvocati).

Relazione di Massimo Brutti alla conferenza nazionale dei DS. 13 Gennaio 2006. Giustizia uguale per tutti e tutela dei diritti…………….. Numeri: quasi 160.000 avvocati. Il problema non è affatto, come per altre professioni, quello di una maggiore apertura alla concorrenza,…………….La professionalità deve essere assicurata sia attraverso una maggiore selezione all’accesso, sia attraverso verifiche periodiche. In proposito, le vie da seguire sono: a) una selezione di merito nell’accesso a scuole post-universitarie obbligatorie e al tirocinio pratico,……………..

Proponiamo una liberalizzazione delle tariffe limitatamente alle consulenze ed alle attività extra-giudiziarie……..

Donatella Ferranti, capogruppo dei democratici in Commissione Giustizia, in riferimento al ritardo nel 2011, lamentato dall’avvocatura, nell’esame del disegno di legge di riforma dell’ordine forense, sottolineava come “l’avvocatura necessiti di un ordinamento nuovo, volto alla verifica degli accessi, a garanzia della qualità e della professionalità”.

La senatrice Donatella Poretti, PD (in realtà Radicale) ha presentato in parlamento il ddl S.2994. Annunciato nella seduta pom. n. 632 del 26 ottobre 2011. L’«uovo di Colombo» – capace di aumentare, e di non poco, le entrate dello Stato – è quello di eliminare il limite di sei anni: si verrebbe così a creare una figura intermedia di professionista, il patrocinatore legale, che aprirebbe le porte al mondo del lavoro a circa 30.000 giovani, senza contrastare l’articolo 33 della Costituzione. Il patrocinatore legale potrebbe quindi decidere se rimanere tale (con limiti di materia e territorio) ovvero tentare, senza assilli, la strada che lo abiliti al pieno esercizio della professione. Se solo i 30.000 patrocinatori legali che si verrebbero così a creare versassero allo Stato la media di euro 1.000 annue, l’Italia incasserebbe 30.000.000 di euro in più, a partire da subito.

Altra positiva innovazione che si propone, è che, sempre in campo forense, finito il tirocinio, risultino abilitati ipso iure i diplomati post-laurea alla scuola di specializzazione per le professioni legali istituita secondo quanto previsto dall’articolo 17, commi 113 e 114, della legge 15 maggio 1997, n. 127, e dall’articolo 16 del decreto legislativo 17 novembre 1997, n. 398, emanato in base alla delega conferita dal citato articolo 17, comma 113: l’ingresso in detta scuola è a numero programmato, è biennale e sono previsti tirocini. Si consideri infatti che il diploma (attualmente) esonera da un anno di pratica forense.

Alla luce di questa proposta si deve sapere che i progetti e le proposte di legge ogni fine legislatura decadono, quindi sono poco credibili quelle presentate artificiosamente nell’imminenza delle nuove elezioni.

Da qui si è capito che anche il centro-sinistra vuol tutelare gli ordini, quindi le lobbies. Da loro non arriveranno mai riforme. Della serie: i raccomandati alla riscossa.

Per dare spazio alla meritocrazia basta eliminare gli Ordini di costituzione fascista. (Ordinamento Forense, regio decreto-legge 27 novembre 1933, n. 1578, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 gennaio 1934, n. 36). Oppure basterebbe togliere gli esami, che si truccano, o fare almeno gli esami per test attitudinali. Tutto il resto è truffa. Così come è stata l’ultima pseudo riforma. Non ci sarà alcuna cancellazione degli ordini professionali: il Consiglio dei ministri si è limitato a riorganizzarli. La questione era aperta da più di un anno, con la Casta fortemente contraria alle liberalizzazioni. Ma dopo i provvedimenti del governo, che non portano a grandi stravolgimenti, alcune categorie professionali lamentano una scarsa attenzione da parte dell’Esecutivo. Obbligo per i professionisti di stipulare polizze assicurative a tutela del cliente, formazione continua, durata massima del tirocinio a 18 mesi, separazione all’interno degli Ordini fra le funzioni disciplinari e quelli amministrative, sì alla pubblicità informativa: sono i contenuti principali della riforma delle professioni che dopo un lungo percorso è stata approvata lo scorso 3 agosto 2012.

Il Dpr “Regolamento recante riforma degli ordinamenti professionali, a norma dell’articolo 3, comma 5, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148” è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 14 agosto ed è in vigore dal giorno successivo. Per alcune norme (es.: obbligo assicurativo e formazione continua) ci sono ancora 12 mesi di tempo. Vediamo in sintesi i principali punti della riforma delle professioni.

Ambito di applicazione. Il regolamento riguarda solo le professioni regolamentate il cui esercizio è consentito a seguito dell’iscrizione a ordini e collegi. Significa che il decreto non riguarda gli iscritti ad albi o elenchi tenuti da amministrazioni pubbliche (precedenti stesure del provvedimento inglobavano invece anche queste professioni).

Tirocinio. L’obbligatorietà del tirocinio, o praticantato, continua a essere stabilita dall’Ordine (ci sono professioni che non prevedono un periodo di praticantato obbligatorio, e questo continuerà ad essere possibile). Per le professioni che prevedono il praticantato, la durata massima è fissata in 18 mesi (quindi gli Ordini che prevedono praticanti più lunghi dovranno uniformarsi). E’ previsto che il tirocinio possa essere svolto, per un periodo massimo di sei mesi, presso enti o professionisti abilitati di altri paesi. Prevista anche la possibilità di effettuare i primi sei mesi di praticantato nel corso dell’ultimo anno di università, oppure dopo la laurea presso una pubblica amministrazione. In entrambi i casi, è necessaria un’apposita convenzione fra Ordine e ministero. Questo non riguarda le professioni sanitarie.

Pubblicità. La pubblicità informativa relativa a esercizio dell’attività, titoli, studio professionale e tariffe è ammessa «con ogni mezzo». Deve essere «veritiera e corretta», non deve violare il segreto professionale, non può essere «equivoca, ingannevole o denigratoria». Le violazioni rappresentano illecito disciplinare.

Assicurazione. E’ una delle novità introdotte dal decreto: il professionista ha l’obbligo di stipulare un’assicurazione per i danni derivanti al cliente dall’esercizio dell’attività professionali, anche relativi a custodia di documenti e valori. L’assicurazione può essere stipulata attraverso convenzioni collettive degli Ordini o degli Enti Previdenziali di categoria. Questa disposizione diventa obbligatoria entro 12 mesi dall’entrata in vigore del decreto, quindi dal 15 agosto 2013. L’obbligo di assicurazione non riguarda i giornalisti. La violazione rappresenta illecito disciplinare.

Formazione continua. Anche questa è una novità introdotta dalla riforma, e per dare il tempo di adeguarsi è previsto che entri in vigore entro 12 mesi: il professionista ha l’obbligo della formazione continua, attraverso corsi di formazione che possono essere organizzati da Ordini e Collegi, associazioni di iscritti all’Albo o altri soggetti autorizzati dagli Ordini. Sono gli Ordini che, entro un anno dal decreto (quindi entro il 15 agosto 2013) dovranno emanare i regolamenti per prevedere modalità è condizioni dell’aggiornamento professionale obbligatorio, requisiti minimi dei corsi, valore dei crediti professionali. Prevista la possibilità di convenzioni con le università.

Procedimenti disciplinari. Viene stabilita l’incompatibilità fra le cariche relative all’esercizio dei poteri disciplinari e quelle amministrative: prevista l’istituzione dei consigli di disciplina territoriali, composti da persone diverse dai consiglieri dell’Ordine.

Ma nel Governo dei tecnici che ha partorito una riforma, che non riforma un bel niente, non vi era quel presidente dell’Antitrust, Antonio Catricalà, che diceva: «Sarebbe ora che gli Ordini professionali riconoscessero l’aleatorietà di quegli esami. Si tratta di prove che spesso non premiano il merito. Meglio prevedere percorsi più selettivi all’università e poi un quinto anno che serva da tirocinio o praticantato. E poi subito l’ingresso nel mondo del lavoro».

Alle prossime elezioni, prima di andare a votare si sappia prima e bene chi vuole veramente riformare questo paese allo sfascio.

Dr Antonio Giangrande

Presidente dell’Associazione Contro Tutte le Mafie e di Tele Web Italia

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099.9708396 – 328.9163996

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