Taranto scelta per la XVIII Riunione Scientifica Annuale dell’AIRTUM
Registri tumori: tutto ruota intorno alla questione ambientale
Quest’anno tocca a Taranto ospitare i lavori della XVIII riunione scientifica annuale dell’AIRTUM (Associazione Italiana Registri Tumori). La scelta della città di Taranto è la testimonianza di un riconoscimento dei risultati raggiunti dall’intera Rete del Registro Tumori Puglia che in pochi anni ha visto la presenza del registro tumori in tutte le ASL locali, portando così quelli di Taranto e Lecce all’accreditamento. Tanti i relatori che vi hanno preso parte da ogni parte d’Italia, esponendo i propri interventi, frutto di attente analisi e studio approfondito. Il congresso iniziato il 9 aprile, ha la durata di tre giorni ed è ospitato nell’aula magna della ex caserma Rossarol in via Duomo, oggi sede del Polo Universitario Ionico.
I lavori si sono aperti mercoledì con una lettura del presidente AIOM Cascinu, il quale ha parlato dei “numeri del cancro” in Italia. Numeri del cancro che qui a Taranto lasciano pensare. E lasciano pensare a quanti sono andati già via, quanti ancora lottano, e altri ancora, che nella rassegnazione totale, non si pongono più alcun dubbio di fronte al bivio salute-lavoro; bivio che non esiste più, poiché i tarantini non possono più scegliere. I numeri a Taranto vanno trattati con cautela, perché dietro quei numeri c’è la lotta di tantissime persone. La prima giornata dunque, è stata incentrata sull’importanza che assume il registro tumori, nelle aree con emergenza ambientale.
A spiegare questa importanza, è stato Pietro Comba, dell’Istituto Superiore di Sanità di Roma. Quando si parla di disastro ambientale, soprattutto in una città come Taranto, che importanza assume un registro tumori? Sicuramente, a dire di Comba, la finalità principale è quella di misurare il carico di patologia tumorale di queste aree, rifacendosi allo storico esempio di Chernobyl, e sottolineando che i registri hanno contribuito a chiarire nel tempo, a seconda della durata e della latenza della malattia, in che misura determinate emergenze ambientali hanno causato casi di tumore.
Quella di Taranto è una situazione reale di emergenza ambientale e sanitaria, e questo lo sappiamo già da diversi anni, perché gli studi scientifici su ambiente e salute, a Taranto hanno una lunga storia, e questa è una città nella quale alcune patologie, sia tumorali (come tumore ai polmoni o della pleura) che non tumorali (patologie delle vie aeree), hanno un’incidenza e in alcuni casi una mortalità più elevata rispetto alla popolazione della Puglia nel suo complesso: “questo è spiegato dalla quantità e qualità delle immissioni del polo industriale. Il quadro è abbastanza ben definito dal punto di vista scientifico” spiega Comba, ricordando la legge numero 6 del 6 febbraio 2014, con la quale il Parlamento ha approvato un intervento straordinario proprio per la popolazione tarantina, il quale prevede una facilitazione dei percorsi diagnostici e terapeutici delle malattie che possono essere causate dalla contaminazione ambientale, e l’Istituto Superiore di Sanità con la Regione Puglia, in particolare con il dipartimento di prevenzione della ASL di Taranto, così come spiega Comba, hanno insieme un mese di tempo, per mettere a punto il piano di questo intervento.
Tanti i relatori, e tra questi, anche i due periti epidemiologi, scelti dal GIP Patrizia Todisco, per i rilevi afferenti il caso Ilva. La seconda giornata invece, ha avuto quale tema centrale il binomio ambiente e tumori, con un interessante focus sull’importanza della comunicazione in sanità pubblica relativamente alla percezione del rischio. Anche qui tantissime le testimonianze, e tantissimi gli interventi, da parte di relatori provenienti da Roma, Emilia Romagna, Sicilia e Lombardia. Luoghi geograficamente lontani ma vicini nell’oggetto delle loro relazioni, ovvero quella di un nemico in comune: l’inquinamento industriale, fattore che ha catalogato gli stessi nei cosiddetti SIN (Siti di interesse nazionale).
I siti di interesse nazionale, comprendono vaste aree contaminate, caratterizzate dal deterioramento qualitativo dei terreni, del sottosuolo e delle falde a causa della presenza in grosse quantità, di agenti contaminanti come metalli pesanti e diossine. Questi siti, sono così classificati dallo Stato Italiano, con il decreto Ronchi prima, e successivamente ripresi nel 2006 da un altro decreto legislativo. Sono aree che necessitano di bonifica, per evitare impatti negativi dal punto di vista sanitario. Inutile dirlo, ma l’area industriale tarantina costituisce sito d’interesse nazionale, insieme ad altre 3 città pugliesi tra cui Lecce.
Tra le varie relazioni presentate, sono emersi dati molto importanti circa la relazione tra fattore ambientale e patologia tumorale. Ad esempio, nella relazione di Francesco Tisano, da Siracusa, emerge che per alcune delle sedi tumorali in eccesso, sia negli uomini che nelle donne, si osserva una associazione con contaminanti presenti nell’area di appartenenza del paziente, quindi un possibile, se non certo, rapporto causa-effetto tra contaminazione e rischio di patologia tumorale. Le realtà dunque, confrontatesi in questo congresso a Taranto, sono dal punto di vista epidemiologico, legate all’inquinamento industriale. Ma la questione non si limita a questo.
L’emergenza ambientale in un’area del SIN, è molto delicata e complessa da trattare, e qui entra in gioco l’importanza di una corretta comunicazione. E’ importante non sottovalutare gli aspetti comunicativi nelle zone più esposte ad inquinamento industriale, onde evitare allarmismi, e per fare ciò è opportuno e fondamentale comunicare al pubblico tutti i dati disponibili in termini di salute oncologica e non, dati relativi all’inquinamento, incidenza e mortalità. Quindi, la necessità di una comunicazione sociale, basata su statistiche accertate, al fine di ottimizzare il rapporto con i cittadini. A parlare di questo nel corso del congresso, è Maria Luisa Clementi, da Milano.
La Clementi sostiene che offrire una conoscenza scientifica non basta, perché il rischio percepito dalla popolazione non è uguale al rischio misurato dagli scienziati, quindi potrebbe insorgere nel cittadino un senso di ingiustizia patita, rispetto alla propria percezione. “Bisogna operare quasi una negoziazione con il pubblico”. Anche Anselmo Madeddu, da Siracusa, sottolinea quanto sia difficile la gestione di un allarme sanitario da parte della sanità pubblica, poiché spesso si ha a che fare con leggende metropolitane e con facili sensazionalismi, quindi sottolineando ancora una volta, l’importanza del registro tumori, il quale può in tal senso svolgere un ruolo importante nelle aree del SIN in termini di informazione.
“Non bisogna dimenticare che il compito di chi fa ricerca in sanità pubblica è quello di informare e, soprattutto, di farlo con rigore scientifico, senza superficialità e senza enfatizzazioni” sostiene Madeddu, e per quanto riguarda l’inquinamento industriale, non si schiera né contro l’industria, né contro gli ambientalisti, precisando che ciò che bisogna pretendere è soltanto una produzione industriale che sia compatibile con le esigenze della salute e della sicurezza dei cittadini. In perfetta sintonia con quanto affermato da Madeddu, è Michele Conversano, dirigente del dipartimento sanità pubblica dell’ASL di Taranto. Ne parla in una città dove fare comunicazione in termini di sanità pubblica non è stato facile negli anni che vanno dal 1995, anni in cui non si poteva parlare di inquinamento industriale, poiché la città era assopita dal falso idioma che l’acciaio sarebbe stato il futuro.
“Poi la città finalmente si è svegliata” commenta Conversano. Ma bisogna sottolineare che la città si è svegliata in un periodo di crisi economica, dove mancava quella sicurezza tale da “costringere” per modo di dire, l’azienda ad assumere un ruolo ecocompatibile. Bisogna ammettere anche che la città si è si svegliata, ma questo si traduce in un unico cambiamento: ovvero quello che Taranto ha fatto propria la consapevolezza che i fumi dell’Ilva costituiscono un rischio per la salute e sono causa di tumore, realtà questa, che esiste da oltre 20 anni.
Ma oggi si lotta a Taranto, perché non si può più tacere. Salute e lavoro non sono più strade parallele, e spesso si incontrano purtroppo, nel mostro chiamato cancro. Di forte impatto emozionale è stato l’intervento conclusivo di Anselmo Madeddu, il quale ha spiegato che il futuro della sua Sicilia, così come quello della nostra Taranto, si traduce nel turismo e nella saggezza della storia che ci è stata donata dai nostri antichi padri, e poi l’invito, ovvero quello di meritarsela questa saggezza.
Forse l’unico intervento di speranza, a fronte dei dati e delle tematiche trattate a livello scientifico.
Un invito che sarebbe opportuno rivolgere a chi la voglia di riscatto dei tarantini l’ha spesso calpestata e derisa. Adottiamo Taranto? No, meritatevi Taranto.
Elena Ricci