TARANTO. Serata alla Biblioteca Popolare
VIII Settimana Internazionale di Solidarietà con il Paese Basco
Giovedì sera si è svolta, nella Biblioteca Popolare della Casa Occupata di via Garibaldi, in Città Vecchia, la presentazione del documentario ResistOndarroa del regista galiziano Davide Cabaleiro, in occasione dell’ VIII Settimana Internazionale di Solidarietà con il Paese Basco.
Quando parliamo di Paese Basco o Euskal Herria, ci riferiamo a tutta la regione abitata dal popolo basco che attraversa i Pirenei, divisa tra due stati, la Francia e la Spagna, e non dobbiamo confonderla con i Paesi Baschi che ne rappresentano solo una parte riconosciuta formalmente. Si considera Paese Basco non solo il territorio, ma anche la popolazione in relazione alla cultura alla storia e alla lingua.
Gli ideatori ed organizzatori della Biblioteca Popolare hanno voluto rendere omaggio e sensibilizzare i partecipanti ai problemi di questo popolo, definendo in dettaglio la situazione del Paese Basco negli ultimi anni; testimoniando, con racconti e documenti prodotti da contatti reali con le organizzazioni e quei movimenti che cercano di tutelare l’autonomia, l’identità, la verità storica dei fatti e, descrivendo anche la dura repressione da parte dello Stato spagnolo. Uno stato accentratore che certamente è restio ad accettare una reale parità tra identità spagnola e identità basca, nonostante un accordo di cessazione della conflittualità stabilito nel 2011 tra la Spagna e l’Eta. I militanti dell’Eta sono giunti a questo passo storico accettando la concertazione, una sorta di dialogo e di lotta puramente politica, un cessate il fuoco definitivo. Come sappiamo e come ricordiamo, le lotte e la storia di questo paese sono legate a Euskadi Ta Askatasuna appunto l’Eta, l’organizzazione armata che dalla fine degli anni 50 combattè per un paese basco indipendente e socialista.
Ma il governo spagnolo continua incessantemente una politica dura e repressiva e l’utilizzo delle carceri, come sistema reazionario ed intimidatorio, non lascia sperare una rapidità di soluzione. Spesso, mentre la sinistra radicale basca sta per effettuare riappacificazioni ed aperture verso sistemi più distensivi, inqualificabili retate interrompono la speranza e forse anche la compattezza, verso posizioni meno violente, da parte dei movimenti di lotta.
In altri termini, con il pretesto di sospetto terrorismo, sistematicamente si schiacciano i diritti più elementari di questo popolo.
Molti di noi, durante la serata organizzata dalla Biblioteca Popolare, pur conoscendo sommariamente la vicenda negli anni, hanno avuto l’opportunità di allargare i parametri d’analisi di tutta la vicenda; a questo tendeva infatti la presentazione del documentario ResistOndarroa di Davide Cabaleiro, sulle giornate di resistenza di Ondarroa, un piccolo comune basco e con un dibattito sull’esperienza dell’Herri Harresia- il Muro Popolare, una tipologia di lotta popolare che si è sviluppata in diverse città e con caratteristiche diverse in Euskal Herria , utilizzato per difendere i ragazzi accusati e ricercati per la loro attività politica. Il tema della settimana di solidarietà 2014 per il Paese Basco ha come protagonisti i rappresentanti del Muro Popular di Ondarroa e del collettivo dei prigionieri politici baschi.
Ondarroa è il paese diventato celebre in tutto il mondo per la resistenza in difesa di Urtza Alkorta, giovane militante che ha coinvolto molta parte della popolazione e per una spietata e caparbia repressione poliziesca. Il 15 maggio 2013 giunsero centinaia di poliziotti ad assalire il piccolo comune, ma a riceverli vi furono centinaia di persone tra giovani e vecchi combattenti. Il braccio di ferro durò tre ore. Verso le 7 del mattino arrivarono una trentina di camionette della polizia autonoma basca, jeep e pattuglie. Nonostante l’atteggiamento passivo e pacifico degli attivisti, molti furono strattonati, trascinati, manganellati e presi a pugni e a calci.
Ora ed ancora, i punti centrali sono rappresentati sempre e comunque dalla violenza e dai prigionieri politici, non terroristi, ma militanti, tenuti in carceri distanti da casa almeno 500 Km.
Non si riuscirà mai, così, a consentire una libertà concreta; quella libertà definita tale, solo se si ha il diritto di manifestare il proprio pensiero, solo se è possibile condividere quelle utopie che diventano poi realtà.
D’altra parte l’egemonia è una parola cara e troppo importante per quegli Stati che sono diventati grandi con il colonialismo, con l’aggressione e la speculazione su popolazioni inermi poi definite “Terzo Mondo”. Oltre il danno anche la beffa.
MARIA LASAPONARA