TARANTO. Cozze, sono a rischio anche alcune aree del Mar Grande
Veleni nelle acque che bagnano Taranto. Non solo in mar Piccolo ma anche in mar Grande
A certificarlo, come la Gazzetta è in grado di rivelare, è l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca dell’ambiente in una missiva inviata un paio di settimane fa al Ministero dell’Ambiente.
Non si tratta di una lettera qualsiasi ma di un parere che era stato chiesto all’Ispra sulla necessità di adottare provvedimenti urgenti relativamente al consumo di prodotti ittici pescati nei mari di Taranto e che, ad una attenta lettura, genera diversi interrogativi sulla qualità dei mitili tarantini, sia per quelli coltivati in mar Piccolo che per quelli allevati in mar Grande, dove peraltro ora dovrebbe spostarsi una buona parte della produzione dopo i problemi sanitari riscontrati sulle cozze del primo seno del mar Piccolo.
Il quadro che emerge dallo studio condotto dall’agenzia del governo per l’ambiente è infatti a dir poco allarmante.
«L’area ad ovest di Punta Rondinella presenta una contaminazione rilevante – si legge nel documento – principalmente legata alle elevate concentrazioni di composti organici quali Ipa (idrocarburi policiclici aromatici) e idrocarburi pesanti, associate a concentrazioni di benzo(a)pirene che hanno portato a classificare come pericolosi i sedimenti corrispondenti. È stata inoltre evidenziata una contaminazione legata a metalli, in particolar modo mercurio, rame e arsenico, ma anche piombo, cadmio e zinco con concentrazioni superiori ai valori di intervento. È inoltre presente una contaminazione dovuta a composti organici quali Pcb, pesticidi, organoclorurati e composto organostannici». I tecnici dell’Ispra hanno fatto rilevamento sui mitili prevelati nell’area, riscontrando fenomeni di bioaccumulo (il processo attraverso cui sostanze tossiche persistenti si accumulano all’interno di un organismo) principalmente a carico dei composti organici, quali Ipa e Pcb, e in misura minore metalli come mercurio, vanadio e piombo.
Nell’area del Mar Grande primo lotto, «la contaminazione – si legge nella lettera – interessa prevalentemente le aree in cui è più intensa l’attività navale, in particolare le zone del canale d’accesso, della diga foranea e dei moli». Sono stati trovati prevalentemente metalli (mercurio e piombo, in misura minore zinco e rame). All’interno della darsena, inoltre, è stata notata una minima contaminazione riguardante la presenza di Pcb e diossina. «Anche in quest’area le indagini condotte sui mitili hanno evidenziato fenomeni di bioaccumulo principalmente a carico dei composti organici, nello specifico Ipa, pesticidi, Pcb e metalli quali mercurio, rame, piombo e in misura minore cromo, arsenico, nichel e zinco». Secondo gli specialisti dell’Ispra, «assume rilevanza il benzo(a)pirene per il quale in alcune stazioni sono stati riscontrati valori superiori al limite di legge». E presenza di rilevanti quantità di benzo(a)pirene, anche se non oltre i limiti di legge, è stata riscontrata anche sui mitili prelevati in stazioni vicine.
Nell’area del Mar grande secondo lotto, tra la secca della Tarantola e il ponte Girevole, e l’area sottocosta della città di Taranto, secondo l’Ispra c’è una contaminazione che interessa l’area adibita a mitilicoltura. «Tale contaminazione coinvolge i sedimenti almeno sino al primo metro di profondità, ed è dovuta a metalli ed elementi in tracce, in particolare mercurio, zinco, e in misura minore rame, piombo ed arsenico. La contaminazione dovuta a composti organici, invece, risulta meno evidente ed è dovuta principalmente a Ipa e idrocarburi totali». Anche sui mitili prelevati in questa area, sono stati riscontrati fenomeni di bioaccumulo a carico di metalli, come mercurio, cadmio e vadadio e in misura minore per rame, piombo, arsenico, zinco, cromo e nichel.
I tecnici dell’Ispra, infine, si sono occupati del mar Piccolo, trovando uno stato di qualità ambientale definito complesso. «Ci sono inquinanti inorganici in concentrazioni anche elevate, in tutta l’area del primo seno e in buona parte del secondo. È il mercurio il metallo più presente come contaminante, con numerosi sforamenti dei limiti di legge. Non è stata rilevata la presenza di organismi patogeni come la salmonella ma le concentrazioni di streptococchi fecali sono indice della presenza di scarichi civili non convogliati». Anche per i mitili del mar Piccolo è stata notata la tendenza al bioaccumulo principalmente legata ai metalli ma una lieve tendenza è stata individuata anche riguardo al Pcb.
Per l’Ispra, insomma, «è evidente che in tutte le aree marine si è riscontrata per un certo numero di contaminanti una tendenza al bioaccumulo per gli organismi bivalvi, che nel caso dei mitili prelevati nell’area del primo lotto del mar Grande presentavano valori superiori al limite». Bisogna, dunque, «adottare misure volte a ridurre la presenza di contaminanti nell’area e quindi il potenziale bioaccumulo, tramite un maggior controllo delle fonti di contaminazione (scarichi, foci, traffico navale, etc), lo spostamento degli impianti di mitilicoltura in aree a minore impatto».
Valutazioni che vengono da un istituto così autorevole da essere imprescindibili per una operazione verità sullo stato di salute dei nostri mari e dei prodotti coltivati e destinati alle nostre tavole.
Mimmo Mazza
FONTE
lagazzettadelmezzogiorno.it