Occulta il cadavere grazie a Siri. Prima ha ucciso il suo coinquilino. Poi ha chiesto aiuto a Siri dove nascondere il cadavere

Occulta il cadavere grazie a Siri. Prima ha ucciso il suo coinquilino. Poi ha chiesto aiuto a Siri dove nascondere il cadavere

E Siri lo aiuta nell’impresa ma poi lo incastra. Smartphone e app preziosa fonte d’informazioni per gli investigatori

Dopo un’accesa discussione con il suo coinquilino, il 20enne Pedro Bravo ha letteralmente perso le staffe. Così, in un impeto di rabbia, lo ha ucciso. Ha poi chiesto a Siri, l’assistente vocale installato su iPhone, dove nascondere il cadavere. L’aiuto di Siri è stato così determinante, che i poliziotti di Gainsville, Florida, hanno impiegato diverse settimane a ritrovare il corpo del 18enne Christian Aguilar. Il tutto perché quest’ultimo aveva “rubato” la ragazza a Pedro.

E proprio Siri rischia di incastrarlo. Dopo aver prima avvelenato, e poi strangolato il suo compagno di stanza al college, Pedro ha appunto chiesto all’assistente vocale dell’iPhone dove potesse occultare il corpo. Alla domanda “I need to hide my roommate”, Siri ha risposto: “What kind of place are you looking for?” (Che tipo di posto stai cercando?). Ha poi fornito varie alternative, tutte ottime per nascondere un corpo: “Swamps. Reservoirs. Metal foundries. Dumps.” (Paludi. Cisterne. Fonderie. Fossati.). 

Ma proprio quella conversazione con Siri, potrebbe ora incastrare il giovane in tribunale. Il print screen della schermata con la richiesta di trovare un luogo in cui occultare il compagno di stanza è infatti stato presentato dall’accusa. Il corpo era stato nascosto in un bosco, a 100 chilometri dal luogo del delitto. Oltre alla conversazione con Siri, che più volte la difesa ha cercato di smontare come prova, c’è un altro elemento che potrebbe inguaiare Pedro.

Stando alle perizie effettuate, sembra che l’App della torcia sull’iPhone sia stata usata 9 volte, proprio quella sera, per un totale di 48 minuti. L’iPhone e più in generale gli smartphone e le loro applicazioni si confermano una preziosa fonte di informazioni per gli investigatori, ad evidenziarlo è Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti” che rileva però come gli stessi apparecchi possano diventare strumenti che aiutano i criminali nelle loro attività.

viv@voce

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