Per l’indotto Ilva, è mobilitazione. Le aziende di Confindustria Taranto si autoconvocano lunedì in piazza Montecitorio a Roma

Per l’indotto Ilva, è mobilitazione. Le aziende di Confindustria Taranto si autoconvocano lunedì in piazza Montecitorio a Roma

Inoltre da subito vengono sospesi i lavori per Ilva e messo in libertà il personale

I tempi dell’avvio della procedura di amministrazione controllata sono imminenti e il verdetto, per la mole di crediti vantati dalle aziende dell’indotto Ilva di Taranto, potrebbe arrivare quando non c’è più  nulla da fare. E soprattutto potrebbe non essere di segno positivo, ha reso noto un comunicato stampa urgente di Confindustria Taranto.

E’ da questa consapevolezza che parte l’iniziativa, scaturita a seguito di una affollatissima ed animata assemblea. Si tratta di una urgente autoconvocazione a Roma, per lunedì 19 gennaio, delle aziende dell’indotto Ilva di Confindustria Taranto.

Un’iniziativa che fa seguito purtroppo ad altre,  già messe in atto, come la sospensione dei lavori per l’Ilva e – nota ancora più amara – la messa in libertà, conseguente, dei lavoratori dipendenti, di cui sono state tempestivamente investite le segreterie sindacali.

Le decisioni assunte, di particolare gravità, si impongono per l’assenza di garanzie che si prospettano proprio rispetto all’adozione della Legge Marzano, che di fatto prevede che i crediti vantati dalle aziende dell’indotto vengano inseriti nella procedura concorsuale, con la certezza di essere pressoché azzerati.

All’assemblea odierna, presieduta dal Presidente Vincenzo Cesareo e svoltasi in Camera di Commercio per via della grande partecipazione da parte delle numerose aziende, hanno preso parte, fra gli altri, il presidente della Camera di Commercio Luigi Sportelli, il presidente dell’Ordine dei Commercialisti e varie associazioni di categoria.

Si è sottoscritto assieme a tutte le aziende presenti, un  documento sulle iniziative da intraprendere, a cui hanno aderito Confersercenti, Casartigiani, Cna, Confartigianato e Confapi.

L’autoconvocazione a Roma, a Piazza Montecitorio a partire dalle ore 10, prevista per lunedì 19 gennaio, assume una valenza non solo simbolica ma sostanziale, alla luce del fatto che i tempi di avvio dell’amministrazione straordinaria sono imminenti.

Pertanto, la situazione è gravissima, per cui a meno di garanzie dirette da parte del governo (che segue la delicata questione dell’indotto con grande attenzione), la gran parte delle tante aziende, grandi e piccole, impegnate da diverso tempo al servizio della grande fabbrica, rischia di scomparire, sommersa da un’esposizione debitoria senza precedenti.

Non saranno i dipendenti ma gli stessi imprenditori, così come accaduto nella manifestazione tarantina del 1° agosto scorso, dal nome scelto emblematico “Industria, ultima fermata”, a prender parte alla delegazione che si recherà nella capitale per chiedere precise garanzie al governo.

La delegazione, con a capo il presidente di Confindustria Taranto Vincenzo Cesareo, porterà al governo tutte le istanze già ampiamente manifestate in questi ultimi mesi.

Prima di tutto, le garanzie sulla copertura dei crediti maturati. Le sole che possano consentire alle aziende la continuità lavorativa ora bruscamente interrotta, con la messa in libertà dei dipendenti.

Una decisione pesante ed amara per tutte le conseguenze immaginabili, in termini di impatto sociale, economico ed occupazionale, ma purtroppo anche l’unica strada possibile da intraprendere, al momento, se non arriveranno risposte certe e in tempi brevi.

Intanto, il segretario generale della Ugl di Taranto, Giuseppe Fabio Dimonte da Roma per seguire da vicino le precedenti audizioni avutesi, aveva già posto l’accento sugli aspetti sempre più urgenti della complicata vicenda Ilva.

Aveva dichiarato qualche giorno fa, che:”la situazione all’interno dello stabilimento siderurgico è problematica, ma il vero dramma è nell’indotto, le imprese non ricevono da mesi i pagamenti delle forniture già prestate e non pagano stipendi, premi o tredicesime ai lavoratori. Vogliamo capire bene cosa verrà fuori da queste audizioni e quali saranno le attività che il governo vuole mettere in essere”.

Per l’Ugl Taranto parlare di Ilva vuol dire parlare al cuore economico e giuridico del nostro paese. E allargando il discorso, per l’Ugl, Taranto è l’Italia e l’Italia ha assoluta necessità di produrre acciaio perché sarebbe un danno economico assurdo acquistarlo dall’estero! Ragion per cui, la politica deve assolutamente trovare una soluzione al problema della produzione ma dall’altro non può esimersi dal bilanciare due diritti assoluti del cittadino, il diritto alla salute e quello al lavoro.

“Diritti ai quali noi non siamo disposti a rinunciare – sono le parole del segretario. Secondo Dimonte, la politica si deve fare carico di un fattore importante, le bonifiche prima di tutto, perché se Taranto è in questo “mare nero” è anche e soprattutto colpa del mancato controllo. Inoltre la new-company interessata all’Ilva deve essere blindata dall’obbligo di non delocalizzare la produzione in paesi dove le regole ambientali e il costo del lavoro sono più morbide e in questo, la politica europea deve assolutamente intervenire uniformando le regole per la tutela e le garanzie ambientali e lavorative in tutti i paesi membri.

“L’Italia deve dimostrare di sapere gestire problemi complessi e l’Ilva è uno di questi – ha continuato il segretario Ugl – bisogna essere consapevoli, cosa che il governo ha fatto, che senza l’acciaio prodotto a Taranto, la fisiologia economica italiana diventerebbe ancora più esposta alla dipendenza dalle forniture straniere”.

Le Federazioni Metalmeccanici e Viabilità della Ugl sono in stato di agitazione già da mesi, poiché nonostante le rassicurazioni di Renzi al presidente di Confindustria Taranto sul pagamento di dieci milioni di euro prima di Natale, secondo l’Ugl, siamo comunque ben lontani dai quasi 30 milioni che spettano solo alla provincia di Taranto.

Vito Piepoli


viv@voce

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