SAVA. Proposta di rinvio a giudizio per l’ex sindaco Maggi e per l’ex responsabile del settore ecologia del Comune di Sava
Aldo Maggi e Giovanni De Santis sono imputati per l’articolo 328 c.p. e per l’articolo 423 bis 2° c.p
Alla chiusura dell’inchiesta del pm Remo Epifani sull’incendio a opera di ignoti in contrada Petrose avvenuto nell’estate del 2011 nel feudo di Sava, su Esposto del giornalista e ambientalista Mimmo Carrieri, è stata fissata l’udienza preliminare il 17 aprile prossimo (art. 491 c.p.p.) davanti al gip Giuseppe Tommasino. E così l’ex sindaco Aldo Maggi e l’ex responsabile dei servizi Ecologia del Comune di Sava, Giovanni De Santis, dovranno comparire per i reati sopra citati nella seconda metà del prossimo mese.
Entrambi sono imputati per l’art. 328 c.p. e per l’articolo 423 bis 2° c.p. perché, cita testualmente il documento della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Taranto, “nello svolgimento delle funzioni di sindaco del Comune di Sava il Maggi e di responsabile dell’area ecologica, Giovanni De Santis, pur in presenza di plurime segnalazioni (tra cui anche quella del Corpo forestale dello Stato) con le quali si portava l’amministrazione comunale a conoscenza dello stato di degrado ambientale riguardante la contrada Petrose – Scerza interessata all’abbandono incontrollato di rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi indebitamente rifiutavano l’adozione dei provvedimenti di cui all’art. 192 del comma 3° del decreto legislativo 152/2006 che, per ragioni di igiene e sanità, andavano compiuti senza ritardo”.
Vediamo cosa dicono gli articoli di cui i due sono imputanti:
Articolo 423 bis 2° c.p.: “Se l’incendio è cagionato per colpa la pena della reclusione va da uno a cinque anni”;
articolo 328 c.p. omissione di atti in ufficio: “Il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio che indebitamente rifiuta un atto del suo ufficio per ragioni di giustizia e di sicurezza pubblica, di ordine pubblico o di sicurezza o di sanità, deve essere compiuto senza ritardo, è punito con la reclusione da due mesi fino ad un anno”.
Giovanni Caforio