MANDURIA. La storia infinita. Vicende antiche e recenti del quadro di San Pietro in Bevagna

MANDURIA. La storia infinita. Vicende antiche e recenti del quadro di San Pietro in Bevagna

Il quadro ha una storia del tutto particolare

Il 14 Marzo u.s. è stato portato solennemente in processione  a Manduria  il quadro di San Pietro Apostolo, collocato tutto l’anno nell’omonimo  Santuario di Bevagna. Esso rimarrà nella chiesa Matrice per otto giorni, insieme ai simulacri dell’Immacolata e di San Gregorio, e al termine dell’ottavario sara’ processionalmente riportato nella sua dimora.

Il quadro ha una storia del tutto particolare, che in questa sede ripercorreremo brevemente, sulla base delle testimonianze a nostra disposizione.                                                            

Come e’ noto, quello che si puo’ ammirare in questi giorni in Chiesa Madre non è il primitivo dipinto del santo , ma un’ennesima, recente copia.In relazione alle vicende, antiche e recenti, riguardanti la venerata e taumaturgica immagine, proponiamo la seguente cronologia.                                 

In epoca altomedievale (secc.V-X), nel primitivo sacello di Bevagna, officiato dai monaci italo-greci (i cosiddetti  “basiliani) era certamente presente un’icona su tavola, in stile bizantino, definitivamente perduta.Di essa non è in alcun modo possibile ricostruire l’aspetto originario: si può solo ipotizzare, per analogia con i tanti manufatti coevi presenti in chiese dell’ecumene cristiano sia occidentale che orientale, che presentasse San Pietro in posizione frontale, con atteggiamento ieratico, alla maniera di tante altre icone.                                                                                                          

Nel Bassomedioevo, dopo l’affidamento del  santuario al clero benedettino ad opera dell’autorità politica normanna, in un periodo  imprecisato (ma verosimilmente nel sec. XVI)l’originaria “tavola picta” bizantina venne sostituita con un’altra tavola, di stile e iconografia completamente differenti. L’imagine rappresentata nel dipinto, come direbbe Cennini, “muto’ di greco in latino”, assumendo un impianto stilistico e compositivo moderni, che l’avrebbero contrassegnata fino ai giorni nostri.

Su questi aspetti si è soffermata la studiosa B.Tragni [Cfr.G.Lunardi-B.Tragni, San Pietro in Bevagna nella storia e nella tradizione (Manduria 1993), pp.74-75].                                                                                

Il nuovo schema figurativo, fissato non anteriormente al sec. XVI (nelle province meridionali, infatti, gli schemi bizantini prevalsero in pittura fino al sec.XV) propone un’immagine del Santo piuttosto insolita, molto lontana dalla nota  tipologia.San Pietro, qui rappresentato  a mezzo busto e con gli attributi iconografici specifici, non porta il consueto abbigliamento (tunica azzurra e mantello giallo), ma indossa vesti dalle tonalita’ più scure .                                                                              

Nella sua “Manduria Sacra” il Tarentini riporta che nel 1854 fu effettuato una sorta di “restauro” al dipinto petrino, ad opera del “pittore Semerano, al quale fu dato agio di richiamare alcune linee già sbiadite” [Cfr.L.Tarentini, Manduria Sacra (Manduria 1899), p.42].Chi era questo pittore? Si trattava con ogni probabilità di Antonio Vito Semeraro, pittore di Locorotondo, che in quello stesso anno 1854 firmava la tela con “San Rocco e gli appestati”, tuttora collocata nella chiesa di San Rocco a Locorotondo.        

Gli abitanti di Locorotondo avevano infatti uno storico legame con il Santuario di Bevagna: vi si recavano in pellegrinaggio, insieme ad altri cittadini del barese, il giorno della festa del Santo (29 Giugno) e per le “Perdonanze” (1, 2 e 3 Aprile), come testimoniato ampiamente da ex voto, documenti e ricordi personali.

Non è da escludere che il “restauro” del quadro di San Pietro, che segui’ di due anni il ritocco della tempera con i SS.Pietro, Andrea e Marco ad opera del pittore calabrese F.A.Lupi, sia stato finanziato proprio da uno dei tanti pellegrini di Locorotondo, che probabilmente contattò personalmente il pittore suo compaesano.Ieri come oggi, infatti, tutto ciò che è legato al Santuario, oltre che il clero, vede sempre in primo piano i devoti.                                                                                 

Come e’ noto, il quadro del sec.XVI fu rubato nella notte tra il 13 e il 14 Settembre del 1914, ma fu ridipinto “ a memoria” dalla pittrice manduriana Olimpia Camerario, e reso disponibile gia’ dal 24 Dicembre dello stesso anno.Il Quadro della Camerario fu sostituito con in altro dipinto, realizzato nel 1972 dal pittore maltese Oscar Testa su commissione dell’allora Vescovo di Oria Mons. Semeraro, mentre quello attuale, se non andiamo errati, dovrebbe essere opera del pittore ungherese F. Miklos, che vi ha apposto la sua firma in basso a destra, appena leggibile poichè coperta dalla cornice lignea. Insieme alla firma, si indica anche che il quadro è copia da Olimpia Camerario.                                                               

Il dipinto attuale è dunque totalmente moderno, anche come valori luministici: il soggetto, chiaroscurato, è infatti colpito da una luce “mistica” che ne illumina il volto. L’immagine è inserita in una ricca cornice che rappresenta anch’essa un piccolo capolavoro di artigianato, corredato, in alto, dai segni della potestà pontificale di Pietro e, in basso, da tre ex voto argentei, che testimoniano l’attaccamento al Santo da parte della comunità.

[In c.d.s.]

viv@voce

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