Caporalato nella provincia di Taranto: tolleranza all’illegalità, nessuna denuncia e nessuna ispezione
Vengono sfruttate e sottopagate: sono pugliesi le nuove schiave del caporalato. Forse pochi controlli, certamente poche denunce. Nelle ultime ore effettuati controlli da parte dei Carabinieri della provincia di Taranto
Sono donne italiane, per lo più del brindisino e del tarantino, le nuove schiave sfruttate nei campi da aprile a settembre. Basta la minaccia di farle restare senza lavoro affinché accettino di essere sottopagate.
Le braccianti escono da casa in piena notte, con thermos di caffè e panini, pronte a radunarsi in determinati punti di incontro per esser poi trasportate con camioncini o pullman nelle campagne indicate dai caporali. Sono più ricattabili degli uomini e delle straniere, le quali, pare, che denuncino di più.
Preferite per la raccolta di uva, ciliegie o fragole in serre che raggiungono, talvolta, elevate temperature (attorno ai 40° circa), le lavoratrici delle province di Taranto, Bari e Brindisi, secondo testimonianze, pare che non vengano pagate più di 27 euro a giornata (fatta di 7-10 ore).
Ricatto occupazionale diffuso su tutto il territorio italiano ma specialmente al Sud. In merito all’argomento, è delle ultime ore la notizia di alcuni controlli da parte dei Carabinieri di Castellaneta e di Ginosa Marina, atti a contrastare il fenomeno del caporalato e dell’intermediazione illecita di manodopera, che hanno portato alla denuncia di un 55enne di Ginosa che trasportava braccianti, per lo più di nazionalità romena, senza regolare contribuzione.
Altri mezzi sono stati fermati con a bordo un numero superiore di passeggeri rispetto a quello previsto ed un uno di essi era, inoltre, privo di copertura assicurativa. Occorrerebbero più controlli, perché i lavoratori non siano privati della loro dignità.
Gabriella Miglietta