PEDOFILIA, I NUOVI DOCUMENTI CHE FANNO TREMARE LA CHIESA

PEDOFILIA, I NUOVI DOCUMENTI CHE FANNO TREMARE LA CHIESA

Una giudice negli Usa intima al vescovo di Los Angeles di pubblicare un archivio che contiene, tra l’altro, i carteggi tra Vaticano e sacerdoti accusati o colpevoli di abusi

In questa nota del 1996 spedita al vicario dell’arcidiocesi per il clero si parla della preoccupazione per Michael Baker, definito dalle autorità uno dei più pericolosi sacerdoti molestatori di bambini. In questa versione del documento è redatto solo il nome della vittima. Molto più che una gogna mediatica. Il giudice Emilie Elias della Corte suprema di Los Angeles ha ordinato alla Arcidiocesi cattolica della megalopoli californiana di rendere pubbliche le 30mila pagine di documenti che raccontano, nomi, luoghi, date, e orrori dei casi di pedofilia e abusi a carico di sacerdoti e prelati suoi dipendenti. La sentenza, emessa lunedì scorso, rovescia un verdetto del 2011, in cui si dava ragione alla richiesta di 20 sacerdoti, concedendo al vescovo José Horacio Gomez di cancellare dai file i nomi degli ecclesiastici coinvolti. Il giudice Elias ha motivato la decisione affermando che il diritto del pubblico di conoscere la verità su come l’arcidiocesi ha trattato migliaia di casi di molestie supera ogni preoccupazione per il possibile imbarazzo che la sentenza provocherà ai vescovi locali.

Affermare che la Chiesa californiana si è comportata con leggerezza è un eufemismo. Le migliaia di pagine di denunce, confessioni, atti giudiziari e referti psichiatrici contengono tra l’altro, oltre ai nomi di 200 pedofili o presunti tali, «documenti interni» alla Chiesa statunitense che rivelerebbero corrispondenze scritte tra il Vaticano e preti accusati o colpevoli di violenze su bambini. Quella di Los Angeles, senza voler fare delle classifiche sulla pelle delle vittime, è stata una delle più scioccanti vicende che hanno oltrepassato le spesse mura della Chiesa cattolica americana. Nel 2007, un mega-rimborso alle vittime di 660 milioni di dollari chiuse in via extragiudiziale un capitolo dolorosissimo nella storia democratica del Paese. Nonostante l’accordo, l’identità dei sacerdoti coinvolti è sempre stata protetta dall’anonimato: ora, però, su appello dell’associazione delle vittime e di alcune organizzazioni di media Usa, il giudice della Corte suprema della California ne ha ordinato la pubblicazione.

Questa decisione è solo l’ultima di una serie di procedimenti giudiziari che di recente hanno ripreso a coinvolgere le diocesi statunitensi per casi di pedofilia. Nel mese di agosto 2012 un giudice dell’Oregon, Michael Mosman, si è pronunciato a favore del Vaticano, stabilendo che i preti non sono dipendenti della Santa Sede. Mosman ha così bloccato una richiesta di risarcimento milionario, unica nel suo genere, avanzata nei confronti dei principali gerarchi di Roma, papa compreso, «per la responsabilità diretta» dei crimini compiuti da suoi dipendenti, vale a dire sacerdoti e suore pedofili e i porporati colpevoli di averne coperto gli abusi. Il giudice ha stabilito che nel caso in esame non si configurava un rapporto di lavoro, nonostante portasse la sua firma una sentenza del 2006 in cui affermava il contrario. Questa volta però era un sacerdote a richiedere che venisse riconosciuto il rapporto di lavoro subordinato.

Nel mese di giugno mons William Lynn, segretario per il clero dell’Arcidiocesi di Philadelphia, è finito in carcere accusato d’aver consentito a un sacerdote sospettato di abusi su minori, di continuare ad avere contatti con dei bambini. L’incarico di Lynn, ricoperto dal 1992 al 2004, era quello di assegnare i preti alle parrocchie e indagare sulle denunce di abusi sessuali. Si trattò del primo caso negli Stati Uniti in cui un’autorità cattolica veniva ritenuta colpevole di un crimine legato alla pedofilia di parte di altri prelati. Secondo il giudice, Lynn ha consentito a dei «mostri di distruggere la psiche dei bambini». Solo tre mesi dopo, un’altra clamorosa notizia intaccava nuovamente la credibilità delle autorità ecclesiastiche d’oltreoceano. Presiedeva infatti la diocesi di Kansas City-St. Joseph (Missouri) il primo vescovo della Chiesa cattolica e apostolica romana condannato per aver “coperto” un sacerdote pedofilo. Secondo i giudici il vescovo Robert W. Finn tenne nascoste per cinque anni accuse fondate di pedofilia contro il sacerdote Shawn Rattigan, reo confesso in un altro processo.

Il vescovo Finn, che era venuto a conoscenza delle foto raccapriccianti custodite del sacerdote, non ha mai presentato denuncia alla polizia ma non ha neanche adottato alcuna misura per salvaguardare i bambini che frequentavano la parrocchia del prete. Gli investigatori accertarono che nel tempo trascorso fino a quando non è stato denunciato, il sacerdote pedofilo ha continuato a collezionare altri “cimeli” raffiguranti bambini nel suo portatile.

Il Los Angeles Times ha pubblicato sul proprio sito alcuni dei documenti sul cui contenuto il Vaticano voleva mantenere il segreto.

Federico Tulli

FONTE

cronachelaiche.globalist.it

viv@voce

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