TARANTO. “Un posto sicuro”, il film di Francesco Ghiaccio
Lunedì 14 marzo 2016, alle ore 21 al TaTÀ
Una storia che parla di rinascita, di vite che si rimettono in moto e danno un senso al proprio esistere, sullo sfondo di una città che cerca giustizia.
Per la rassegna “Periferie e non solo”, lunedì 14 marzo 2016, alle ore 21 al TaTÀ di Taranto, in via Grazia Deledda ai Tamburi, verrà proiettato il film “Un posto sicuro” di Francesco Ghiaccio (2015, drammatico, Italia, 102′), con Marco D’Amore, Giorgio Colangeli, Matilde Gioli, produzione Indiana Production, La Piccola Società e Rai Cinema, in collaborazione con Sky, distribuito da Parthénos.
Biglietto 5 euro. A seguire incontro con il regista Francesco Ghiaccio e l’attore Marco D’Amore. Info: 099.4707948.
Casale Monferrato, 2011. Eduardo e Luca sono padre e figlio, ma si sono persi da tempo. Una telefonata improvvisa li rimetterà drammaticamente l’uno davanti all’altro, e questa volta, entrambi lo sanno, non avranno una seconda occasione. Intorno a loro si agita l’intera città, in cerca di riscatto alla vigilia della prima grande sentenza sull’amianto.
Il bisogno di dar voce a chi non l’ha mai avuta e l’amore per una ragazza daranno a Luca la forza per rinascere, lottare, raccontare una storia fatta di dolori e gioie quotidiane, di ricordi che tornano per farti del male o salvarti per sempre.
Dalle note di regia: «Appena impari a riconoscere l’amianto ti accorgi che è ovunque, in provincia come nelle grandi città. Era considerato un materiale eccezionale, isolante e indistruttibile, per questo l’hanno chiamato “Eternit”. Invece non è affatto eterno, si sfibra e rilascia nell’aria dei filamenti che respiriamo.
A Casale Monferrato lo sanno bene: tutto era cominciato agli inizi del ’900 quando la fabbrica aveva aperto i battenti e il sogno di un posto sicuro, ben pagato, aveva travolto tutti.
Verso gli inizi degli anni ’70 però tutte quelle morti tra gli operai iniziarono a non sembrare più naturali, poi il disastro iniziò a colpire le mogli degli operai, che lavavano a mano le tute da lavoro sporche d’amianto, e infine i cittadini vittime della polvere liberata dallo stabilimento così a ridosso del centro città. In tutto quasi duemila morti, uno sterminio in una città così piccola: e non è ancora finita, il picco di vittime è drammaticamente previsto per il 2020».
«Quella di “Un posto sicuro” è una storia analoga a tante altre sparse sul nostro territorio, da nord a sud: da Porto Marghera a Gela a Taranto, ci sono tanti luoghi in cui la definizione di “posto sicuro” è una contraddizione in termini: gli operai avevano tutto, dal lavoro al doposcuola per i figli, il cibo gratis, le vacanze e addirittura gli scarti di lavorazione per tirare su muri e cortili.
Il problema è che quel “posto sicuro” lavorativo ha distrutto il posto in cui sono cresciuti loro e i loro figli.
La domanda è: vale la vita o vale il lavoro? È possibile far coincidere le due cose o bisogna soggiacere al ricatto per cui io ti faccio lavorare ma tu devi stare zitto perché tutto quello che succede è inevitabile?
È esattamente ciò che succede a Taranto, c’è stato un compromesso ed è stato quello di accettare il lavoro comunque, nonostante i rischi gravissimi per la salute», annota l’attore Marco D’Amore (il Ciro della serie tv “Gomorra” tratta dal libro di Roberto Saviano).