Confagricoltura Taranto, Lazzàro: «Senza data massima di scadenza, l’olio d’oliva sarà meno ‘trasparente’: beffa per produttori e consumatori»
Nota stampa
«L’olio d’oliva non è come il vino: col tempo, infatti, può solo peggiorare». Il recente via libera del Parlamento alla norma, parecchio controversa, che azzera la scadenza dell’olio di oliva per recepire la legge europea 2015-2016, secondo Confagricoltura Taranto va in direzione opposta anche rispetto al buon senso.
E paradossalmente la nuova norma, che in teoria riguarderebbe anche la qualità e la trasparenza della filiera degli oli vergini d’oliva, di fatto pare orientata a penalizzare proprio queste caratteristiche del prodotto made in Italy divenute pietre angolari della cosiddetta legge salva-olio.
«In realtà – sostiene Luca Lazzàro, presidente di Confagricoltura Taranto – cancellare la data massima di scadenza dall’etichetta, significa consentire la vendita di olio d’oliva vecchio e di qualità non eccelsa, giacché le caratteristiche organolettiche tendono a degradarsi proprio col trascorrere del tempo. L’esatto contrario del lavoro fatto in questi anni per tutelare le aziende sane dalla concorrenza sleale e fraudolenta ad opera di veri e propri “pirati” della contraffazione.
Danno e beffa che, naturalmente, investono in pieno anche i consumatori, ormai abituati a leggere in etichetta la scadenza massima dei 18 mesi dalla produzione e imbottigliamento, ora trasformata in un limite fluttuante a piacimento di chi imbottiglia, oltre che a vedere messa bene in evidenza l’origine nazionale dell’olio, protetta dai subdoli attacchi di chi spregiudicatamente fa uso dell’italian sounding per spacciare per italiano un prodotto che non lo è. Tutto questo, con la nuova normativa, viene cancellato e indebolito, rendendo l’olio meno “trasparente”».
Insomma, la legge appena approvata rappresenta per Confagricoltura Taranto un deciso arretramento rispetto alla normativa faticosamente costruita negli ultimi tempi, compreso l’inasprimento delle pene contro frodi e contraffazioni.
«Siamo di fronte – chiarisce Lazzàro – ad una politica di settore a dir poco contraddittoria, se non schizofrenica. Nel 2016, ad esempio, è stato varato il primo Piano Olivicolo Nazionale, dotato di 32 milioni, per sostenere l’olivicoltura nazionale in difficoltà, ma inspiegabilmente ne sono stati stanziati altri 20 per quella del Pakistan e, per giunta, l’Ue ha tolto i dazi all’olio tunisino che arriva sui nostri mercati. Sul versante della tutela, invece, da un lato ci si dota di sanzioni e strumenti, anche sofisticati, per radiografare l’olio d’oliva extravergine ed evitare truffe e trucchi, dall’altro si consente a chi ha grandi magazzini, e non sono certo i piccoli e medi produttori, di smaltire le scorte a piacimento.
In tal modo – conclude Lazzàro – si tutela forse l’interesse di qualche lobby dell’olio, di sicuro non quello di produttori e consumatori».