“Il Nord Italia e la scuola: quando l’invidia la fa da padrona”
Da Antonio Giangrande, riceviamo e volentieri pubblichiamo
Prove Invalsi – Ocse ed Esame di Maturità con lode: c’è chi fa, volutamente, confusione per instillare, ancora una volta, malsane stille di razzismo. Si fa confondere l’oggettivo con il soggettivo.
“Quando il nord vuol sempre primeggiare e quando i dati vengono analizzati dalle opinioni risibili e partigiane degli opinionisti settentrionali.
Il presidente della Regione Veneto Luca Zaia, alla luce dei risultati scolastici degli studenti italiani diffusi l’11 agosto 2016 dal ministero dell’Istruzione, solleva il problema delle modalità di valutazione degli studenti nelle scuole italiane, scrive “L’Ansa” il 12 agosto 2016.
«E’ evidente che c’è qualcosa che non funziona nella scuola italiana e nei suoi sistemi di valutazione – accusa – se i ragazzi del Nordest, in testa alle classifiche Ocse e Invalsi per preparazione, poi risultano all’ottavo posto nelle statistiche dei “cento e lode” alla maturità».
Da qui l’appello al ministro: «convochi al più presto una commissione ministeriale di esperti, riattivi sistemi di verifica su campioni omogenei di scuole e di studenti». E’ un leghista e per tale va trattato.
L’invidia è un moto dell’anima tanto velenoso quanto inconfessabile: è la stretta che si prova quando si esce perdenti da un confronto sociale. L’invidia è un meccanismo che mettiamo in atto quando ci sentiamo sminuiti dal confronto con qualcuno, con quanto ha, con quanto è riuscito a fare. Diciamo che è un tentativo alquanto maldestro di recuperare la fiducia, la stima in noi stessi svalutando l’altro. Si tratta quindi di un processo: c’è il confronto, l’impressione devastante di impoverimento, di impotenza e poi la reazione aggressiva.
Essere un’eccellenza appaga mente, cuore e portafoglio. Ma senza esagerare, scrive TGCom 24. Perché se da un lato sono tante le università che, per esempio, prevedono alcune agevolazioni per chi si diploma con 100 e lode, dall’altro nel corso degli anni il premio previsto per gli stessi dal Ministero dell’Istruzione ha subito sforbiciate evidenti. Troppe lodi? Dati alla mano non si direbbe, anche se la polemica sulla generosità delle commissioni al Sud si ripete costantemente.
Il Corriere anche quest’anno rilancia la polemica sui “diplomifici”, sostenendo che le scuole del sud Italia sgancino più facilmente votoni agli studenti, con la conseguenza che i maturandi meridionali ad aver preso 100 sono stati il doppio di quelli del Nord. Verità o bugia?
Gli opinionisti “po’ lentoni” (lenti di comprendonio, anche se oggi l’epiteto equivalente a “Terrone” da rivolgere al settentrionale è “Coglione”) su tutti i media la menano sulla solita tiritera: ogni qualvolta che il meridione d’Italia eccelle, lì c’è la truffa.
“Il Sud trabocca di 100 e lode ma i dati internazionali dipingono un panorama del tutto diverso: che i prof meridionali siano di manica più larga?”, asserisce Gian Antonio Stella, opinionista del nordico “Il Corriere della Sera”.
Lui, il buon veneto Gian Antonio Stella, spiega che: «Allora, come la mettiamo? Come possono i monitoraggi nazionali e internazionali sui ragazzi fino a quindici anni segnalare nel Mezzogiorno una scuola in grave affanno e i voti alla maturità una scuola ricca di spropositate eccellenze?
Assurdo. Un caso per tutti: la Calabria, ultima nei test Invalsi, prima per fuoriclasse. Sinceramente: è possibile un ribaltamento del genere? O è più probabile la tesi che i professori del Sud, per una sorta di solidarietà meridionale basata sul comune sentimento di emarginazione e di abbandono, abbiano verso gli studenti la manica un po’ più larga?
Un punto, comunque, appare fuori discussione. Non solo esistono due Italie e due scuole italiane, due universi di studenti e due di professori. Ma il divario, anziché ridursi, si va sempre più allargando. E ciò meriterebbe da parte di tutti, non solo del governo, un po’ di allarmata attenzione in più.»
Come si fa da un dato (i monitoraggi nazionali ed internazionali sui ragazzi fino a quindici anni) estrapolare l’assunto del broglio riguardanti i voti della maturità data ai ragazzi di tre o quattro anni più vecchi? E cosa ancora più grave, in considerazione della stima che si ha per un bravo giornalista, come si può mettere sullo stesso piano il dato oggettivo dei monitoraggi nazionali ed internazionali riguardanti il totale del corpo studenti di una data zona rispetto al voto soggettivo di eccellenza profuso in capo al singolo studente meritevole? E se fossero stati premiati apposta per il fatto che si siano elevati rispetto alla massa di mediocrità?
«I più danneggiati da questa fiera diplomistica sono i bravi studenti di quelle regioni troppo generose messi alla pari di loro compagni, bravini forse, ma promossi generali sul campo con rito sommario – rincara Mario Margiocco nato a Genova nel 1945, giornalista dal ’71.- Un preside di Brindisi sembra non rendersene conto e, come altri in passato, taglia corto: “I nostri studenti sono davvero bravi”. Anzi bravissimi, eccezionali. Tutti 100 e lode strameritati? Troppa grazia.». Chiosa in chiusura con evidente sarcasmo il ligure.
Cari signori dal giudizio (razzista) facile. Vi rammento una cosa.
Io, Antonio Giangrande, uno che si è laureato a 36 anni, sì, ma come?
A 31 anni avevo ancora la terza media. Capita a chi non ha la fortuna di nascere nella famiglia giusta.
A 32 anni mi diplomo ragioniere e perito commerciale presso una scuola pubblica, 5 anni in uno (non gliene frega a nessuno dell’eccezionalità), presentandomi da deriso privatista alla maturità statale (non privata) assieme ai giovincelli.
A Milano mi iscrivo all’Università Statale alla Facoltà di Giurisprudenza. Da quelle parti son convinti che al Sud Italia i diplomi si comprano. E nel mio caso appariva a loro ancora più evidente. Bene!
A Milano presso l’Università Statale, lavorando di notte perché padre di due bimbi, affronto tutti gli esami in meno di 2 anni (non gliene frega a nessuno dell’eccezionalità), laureandomi in Giurisprudenza, dopo sosta forzata per attendere il termine legale previsto per gli studenti ordinari.
Un genio, no, uno sfigato, sì, perché ho fatto sacrifici per nulla: fuori dall’università ti scontri con una cultura socio mafiosa che ti impedisce di lavorare.
Mio figlio Mirko a 25 anni ha due lauree ed è l’avvocato più giovane d’Italia (non gliene frega a nessuno dell’eccezionalità).
Primina a 5 anni; maturità commerciale pubblica al 4° anno e non al 5°, perché aveva in tutte le materie 10; 2 lauree nei termini; praticantato; abilitazione al primo anno di esame forense con compiti corretti in altra sede. Così come volle il leghista Roberto Castelli. Perché anche lui convinto degli esami farsa al sud.
Un genio, no, uno sfigato, sì, perché ha fatto sacrifici per nulla: fuori dall’università, o dalle sedi di esame di abilitazione o nei concorsi pubblici ti scontri con una cultura socio mafiosa che ti impedisce di lavorare. Una cultura socio mafiosa agevolata anche da quel tipo di stampa omologata e partigiana che guarda sempre la pagliuzza e mai la trave. Che guarda il dito che indica la luna e non guarda mai la luna.
Alla fine si è sfigati comunque e sempre, a prescindere se hai talento o dote, se sei predisposto o con intelligenza superiore alla media. Essere del nord o del sud di questa Italia. Sfigati sempre, perché basta essere italiani nati in famiglie sbagliate, e forse, anche perché in Italia nessuno può dirsi immacolato. Per una volta, però, cari giornalisti abilitati (ergo: omologati) guardiamo la luna e non sto cazzo di dito”.