TARANTO. Simone Spada dona a Mons. Filippo Santoro il suo nuovo lavoro musicale di musica sacra

TARANTO. Simone Spada dona a Mons. Filippo Santoro il suo nuovo lavoro musicale di musica sacra

Ogni canto riprende una figura di misericordia del Vangelo

In un giorno indimenticabile, come dice lui, Simone Spada, giovane docente e pianista di Taranto, “abbiamo incontrato il Papa da sposi novelli e oltre ad una lettera, gli abbiamo donato l’opera su Santa Rita che ho composto due anni fa”.

“L’anno Giubilare della Misericordia, che il Santo Padre Francesco ha donato alla Chiesa tutta –  aveva affermato Simone nella Presentazione alla sua nuova opera ‘Il tuo sguardo Signore io cerco’ – è, secondo me, una buona occasione per rinvigorirci, partendo dal punto in cui ci siamo incagliati: una sorta di ritorno all’origine, una modalità per gustare la bellezza dell’umano.”

La mattina del 29 agosto, Simone Spada è stato ricevuto anche da S.E. Mons. Filippo Santoro, Arcivescovo Metropolita di Taranto a cui ha donato il suo nuovo lavoro musicale di musica sacra, edito dalla Casa Musicale Eco di Monza, per voce solista, coro ed organo.

Con gioia e ammirazione questa opera sulla Misericordia è stata subito abbracciata da Sua Eccellenza già sul nascere, infatti il fascicolo si apre proprio con il commento che Mons. Santoro ha voluto scrivere dando il suo contributo umano e spirituale, all’opera meritoria di Simone Spada.

In questo cammino alla santità, in cui ciascuno di noi, nessuno escluso, è immesso, risuonano le parole dell’Arcivescovo, il quale, sempre attento alle necessità di ognuno, e alle sue passioni, ha accolto, con paterno affetto, il fascicolo, persuaso che esso “potrà aiutare le comunità ad una più viva partecipazione al Mistero Eucaristico.”

D’altronde, le parrocchie sarebbero un vero e proprio faro, l’oasi da cui ripartire e in cui ricercare quello Sguardo di cui siamo assetati, che si moltiplica nel dono di sé agli altri che incontriamo.

L’attenzione alla Bellezza, quella che fa vibrare il cuore e che rende l’uomo pieno di stupore, è propria di Dio. La Bellezza, l’essere generati e il dipendere dalla volontà di colui che è il Datore della Vita, Cristo stesso è ciò che questa opera vuole riconoscere.

“Il tuo sguardo Signore io cerco”, rappresenta l’anelito dell’uomo alla ricerca dell’Infinito, quell’Infinito, nel quale, solo si appaga e si compiace l’animo umano, in cui ogni contraddizione del reale trova la sua perfetta sintesi.

“Con umiltà e desiderio di conversione quotidiana, dedico quest’opera, incentrata su alcune figure di misericordia evangeliche, a tutti coloro che salgono sul sicomoro come me, per guardarLo”  ha riferito il giovane autore.

Il Fascicolo “Il tuo sguardo Signore io cerco” si compone di sei canti, adatti alla Messa e all’Adorazione eucaristica, i quali, traendo spunto dai Salmi e dalle pagine neotestamentarie, si propongono come utile sostegno al popolo di Dio, che vuol rendere Gloria a Cristo.

Ogni canto riprende una figura di misericordia del Vangelo.

L’ultimo canto è dedicato alla figura di don Giussani e prende il nome dall’esclamazione della mamma del sacerdote, in un mattino mentre andava a messa portando per mano il piccolo Luigi: “Com’è bello il mondo e come è grande Dio”.

Il tema della debolezza umana accompagna, come un sottile filo rosso tutti i canti, proprio perché in essa ogni uomo sperimenta la capacità di peccare e, soprattutto, di redimersi.

Il canto che dà il titolo al fascicolo trae ispirazione dall’umanità di Zaccheo, attraverso le parole dell’evangelista Luca. Zaccheo, nel suo dichiararsi “astemio” all’ebbrezza della Grazia che ci raggiunge, viene vinto dalla fragranza del Bene.

Gli altri canti che formano il fascicolo sono: Inno alla misericordia (riguardante il Figliol prodigo), Kyrie eleison (riguardante l’adultera), Salmo 26 (La fiducia nel Signore), Il tuo sguardo Signore io cerco (riguardante la figura di Zaccheo), Misericordia io voglio (riguardante la figura di Matteo), Com’è bello il mondo e come è grande Dio (riguardante la figura di don Luigi Giussani).

Altrettanto centrale nell’economia dell’opera è la parabola del figliol prodigo, musicata nell’Inno alla Misericordia che riguarda il ritorno di quel figlio, il più giovane, che tutti tacceremmo di incoscienza e immaturità, visto che va via di casa, in modo ignobile. Nel  suo gesto si manifesta tutta la libertà dell’uomo e tutta la sua fragilità.

Il Kyrie eleison, Christe Eleison è la supplica fiduciosa per la nostra ricaduta, per il nostro inciampare, certi che Cristo ha vinto la morte. Non è casuale la scelta della pagina evangelica di Giovanni al capitolo otto. In quella donna sorpresa in adulterio, possiamo riguardarci, come in uno specchio, tutti noi.

Se la legge del mondo decreta la sua e nostra condanna a morte per il suo e il nostro peccare costantemente, la legge di Dio ammaestra senza giudicare, perché sonda nel profondo del nostro cuore. Peraltro, non poteva certamente mancare la figura di Matteo, un pubblicano fra tanti, ridestato nel suo essere curvo sul suo interesse, su ciò che determina solo un piacere momentaneo e caduco. Dio sceglie proprio lui come testimone della sua Misericordia, quasi che la grandezza del peccato fosse commisurata e proporzionale all’amore di Dio.

Il Salmo 26, tipico salmo penitenziale, raffigura la fiducia incondizionata dell’uomo in Dio. In ogni circostanza della sua vita, sia che è assalito dai nemici, sia che contro di lui divampi la battaglia, il Signore ne è sempre luce e salvezza, oltre che difesa.

Come abbiamo già detto, chiude la raccolta l’inno alla figura del Servo di Dio, Luigi Giussani.

 “Non è inutile vivere – riferisce Alberto Savorana nella Vita di don Giussani – non è inutile fare, lavorare, soffrire; non è negativo morire, perché c’è un destino! Com’è grande Dio! Il grande a ciò a cui tutto finisce, il Destino.”

Vito Piepoli

viv@voce

Lascia un commento