Metalli pesanti nella dieta dei bambini
Uno studio senza precedenti dell’Agenzia alimentare francese rivela la presenza di nove sostanze inquinanti nel cibo per i più piccoli (latte in polvere, omogeneizzati, biscotti) in dosaggi preoccupanti per gli infanti
I risultati sono preoccupanti. Un importante studio dell’Anses (acronimo di Agence nationale de sécurité sanitaire de l’alimentation, de l’environnement et du travail), l’ente pubblico francese per la sicurezza alimentare che ha riguardato l’alimentazione dei bambini, ha rilevato che sono ben nove gli inquinanti, tra cui i metalli pesanti e PCB, presenti nelle diete dei bambini che possono rappresentare un rischio nei dosaggi assunti normalmente.
L’ente pubblico ha analizzato per sei anni quasi 670 sostanze in molti prodotti consumati dai bambini sotto i tre anni d’età, così come nel latte materno. Il 97% di sostanze valutate non preoccupano, rassicura l’Agenzia nazionale della sicurezza sanitaria del cibo, ambiente e lavoro.
Ma per nove sostanze, trovate nel latte in polvere, omogeneizzati e biscotti, “un numero significativo di bambini presenta un’esposizione superiore ai valori tossicologici di riferimento”, conclude l’Agenzia.
Data questa situazione, si è “obbligatoriamente” chiamati a continuare gli sforzi per “comprendere meglio l’origine della presenza di queste sostanze chimiche nella dieta” e ad adottare misure per controllare le emissioni nell’ambiente e regolamentazione delle soglie di esposizione. Lo stesso ente ricorda anche che la diversificazione alimentare non dovrebbe intervenire prima del sesto mese.
Le osservazioni dimostrano che l’esposizione dei bambini agli inquinanti aumenta a seguito dell’introduzione di altro cibo oltre il latte materno.
Fra i nove composti per i quali la situazione è considerata “critica” sono tre i metalli pesanti, considerati tossici per la salute: arsenico, presente soprattutto in omogeneizzati di verdure e pesce, riso e cereali, nichel, in “prodotti a base di cioccolato” e il piombo, nelle verdure ed acqua. Anses incrimina anche la diossina, Furano e i prodotti chimici dei circuiti stampati (PCB) utilizzati come lubrificanti o rivestimenti impermeabili, difficilmente degradabili nell’ambiente e che si accumulano nei tessuti delle persone che li ingeriscono, soprattutto nel pesce.
Altri inquinanti si trovano nei piatti dei bambini: tossine da stampe, acrilamide, una sostanza che si forma durante la cottura a temperature elevate di alcuni alimenti, classificato come possibile cancerogeno e Furano, anch’esso etichettato come possibile cancerogeno.
Per sette altre sostanze, tra cui alluminio e cobalto, Anses ritiene inoltre che “il rischio non può essere eluso”. Per valutare meglio l’effettiva esposizione dei bambini di meno di tre anni a queste sostanze, Anses ha utilizzato uno studio del 2005 che aveva raccolto per tre giorni cibo e quantità ingerita da un campione rappresentativo di infanti.
Certamente l’agenzia non ha voluto destare facili allarmismi, rileva Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, ma ha voluto segnalare la necessità di sforzi comuni tra produttori ed enti affinché si risolva il problema della permanenza di tracce di questi elementi che a lungo termine possono comportare problemi, anche gravi, per la salute dei più piccoli.
Analogamente, sarebbe necessario che sia le istituzioni europee cui compete la salvaguardia dei cittadini dell’Unione, che quelle nazionali dovrebbero attuare analoghe politiche come quelle sollecitate dall’Anses.